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Un tagliando per il tempo pieno

Alla fine il Comune di Milano, sollecitato dal Provveditore Petralia, di ritorno da Roma con un pugno di mosche in mano, ha promesso d’intervenire con un piano anti-tagli sul tempo pieno

25/08/2011
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ScuolaOggi

Pippo Frisone

Alla fine il Comune di Milano , sollecitato dal Provveditore Petralia , di ritorno da Roma con un pugno di mosche in mano, ha promesso d’intervenire con un piano anti-tagli sul tempo pieno.
“A tutela delle donne che lavorano”, afferma la vice-sindaco Guida che ha dato l’ok.
Il piano altro non è che un’invasione di campo da parte del Comune sul tempo mensa della scuola statale..
Non solo pasti ma anche vigilanza dei bambini nei refettori per 10 ore settimanali..
Obiettivo recuperare una parte dei 455 posti tagliati sul tempo pieno !!
10 ore settimanali per classe mediante l’utilizzo di educatori reclutati dalle cooperative convenzionate col Comune.

L’utilizzo delle ore dedicate alla mensa non è una novità.
Già altri comuni della provincia, in modo surrettizio fornivano tale servizio, soprattutto nelle realtà scolastiche a tempo misto (classi a tempo pieno+classi a tempo normale) sotto il naso e/o col tacito accordo del provveditorato che faceva finta di non accorgersi o di non vedere.
Si, perché per legge, per ultimo quella voluta da Fioroni nel 2006, la mensa nel tempo pieno è obbligatoria e deve rientrare a tutti gli effetti, essendo attività didattica, nelle 40 ore destinate alla singola classe. Tempo pieno di 40 ore, tutte a carico dello Stato.
Se, invece, lo Stato garantisce un tempo scuola solo di 30 ore, possiamo ancora chiamarlo Tempo Pieno?
Per fare un’operazione del genere è sufficiente un protocollo d’Intesa Comune-Provveditorato per aggirare , pur con le più buone intenzioni, una legge dello Stato?
E poi che dire degli altri Comuni della provincia  che non sono in grado di sostenere finanziariamente un tale sforzo? Ci saranno come sempre figli e figliastri.
Petralia dice che l’idea è di partire con Milano per poi estendere il progetto all’intera provincia.
Ma chi pagherà per quei Comuni che già adesso fanno i salti mortali col taglio dei trasferimenti statali ?  Non si sa, non lo dice Petralia né lo dice la Gelmini.
Basteranno le risorse al Comune di Milano per garantire oltre alla vigilanza alla mensa anche il diritto allo studio,l’integrazione dei diversamente abili, l’integrazione degli alunni stranieri nelle scuole milanesi?
Mille sono i dubbi e mille le perplessità su di un’operazione del genere.
Qualche mese fa si gridò allo scandalo per quelle scuole che, pur di garantire il tempo pieno, volevano privatizzare il tempo mensa, affidandolo alle cooperative e facendolo pagare €250 a famiglia. In quella occasione anche il Provveditorato fece sentire la sua contrarietà.
Certo se l’intero pacchetto mensa è affidato al Comune, non si grava economicamente  sulle famiglie ma la sostanza non cambia.
Ma si può ancora parlare di Tempo Pieno?
Sono passati 40 anni da quando il Tempo Pieno venne istituito con la legge L.820/71 .
Dopo i primi ritocchi, il blocco con la legge 148/90, passando per la riforma Moratti prima e quella della Gelmini poi, crediamo che sia giunto il momento di fare il tagliando al Tempo Pieno.      
Come sollecitavano Niccoli e Gandola su questo stesso giornale già nel 2008.
Fare il tagliando sì ma per salvare quale Tempo Pieno?
Quello “ fondato sul Progetto Educativo, sulla programmazione collegiale unitaria delle attività da realizzare, sulle compresenze, sul team docente,sulle classi aperte, sulle attività laboratoriali.”
Dove anche il tempo mensa è momento altamente educativo da affidare alle maestre..
Un modello di scuola del fare e non soltanto del dire, dei tempi distesi e non dell’affanno!
Per fare bene tutto ciò occorre però garantire due docenti per classe.
L’Amministrazione verifichi scuola per scuola come funziona attualmente il tempo pieno.
Si faccia un bilancio serio di ciò che è stato e di ciò che è oggi il tempo pieno.
Se necessario si fissi un tetto come nel 90. Allora il tempo pieno rimase bloccato per anni a 4500 classi.
Oggi a Milano ci sono 7mila classi a tempo pieno.. Se questo è il fabbisogno ed eliminato il tempo pieno fasullo, lo Stato garantisca , come dice la legge, il doppio organico, con le compresenze ma solo a quelle scuole che hanno un modello fondato su di un serio e verificabile  Progetto Educativo.
I Comuni intervengano se ne han voglia sugli altri modelli orari per garantir la vigilanza sulla mensa ove richiesta, sul tempo scuola a 30 ore o a 27 ore, su quei casi limitati di classi a 40 ore avviate dalle scuole l’anno scorso, tempo pieno non riconosciuto e con organico statale insufficiente.
Un intervento circoscritto, lasciando fuori il tempo pieno!
Perché una cosa è certa. Se i Comuni si riappropriano delle 10 ore sulla mensa, fanno si un favore “alle donne che lavorano” come afferma il vice-sindaco di Milano ma levano le castagne dal fuoco alla Gelmini e a Petralia.
Il rischio, tuttavia, è di dare un ulteriore colpo al tempo pieno e visti i tempi cupi, di aprire la strada al suo graduale smantellamento o peggio ad un ritorno alle attività integrative comunali.
A volte la toppa può diventare peggio del buco.
Facciamo di tutto finchè siamo in tempo perché ciò non accada né a Milano né altrove.


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