Qualche giorno fa il dirigente di un liceo scientifico statale del centro di Milano, durante la presentazione della scuola a genitori e studenti, ha dichiarato che il prossimo anno garantirà la stessa offerta formativa di quest’anno anche a costo di chiedere alle famiglie un ulteriore contributo “volontario” di 100 euro, tanto l’utenza della sua scuola se lo può permettere.
Il messaggio è chiarissimo: se i genitori vorranno una “buona” scuola per i loro figli e lo Stato non sarà in grado di garantirla, allora se la dovranno pagare.
Siamo giunti alla privatizzazione della scuola statale.
Da più di dieci anni tutti i governi che si sono alternati alla guida del Paese, dichiarando di voler far fronte ai debiti dello Stato attraverso il risparmio sulla spesa pubblica, hanno perseguito l’obiettivo di privatizzare l’istruzione trasformandola da diritto in servizio a domanda. Privatizzazione dell’istruzione non vuol dire che potranno esserci solo scuole private, ma che le scuole statali, per produrre risparmi, offriranno solo un servizio minimo, di livello inferiore a quello offerto oggi, mentre tutto il resto sarà a pagamento.
Chi deciderà allora nelle scuole superiori quale sarà l’offerta a pagamento, facoltativa e opzionale? Il comitato tecnico scientifico.
Il riordino delle scuole superiori prevede, senza oneri per lo Stato, la costituzione in ogni scuola, sia essa un liceo, un tecnico o un professionale, di un comitato tecnico scientifico formato in modo paritetico da docenti e da esperti esterni proveniente dal mondo dell’università, della ricerca, del lavoro e delle professioni. Il comitato ha il compito di dare al collegio dei docenti l’indirizzo dal punto di vista didattico e inoltre di fissare le regole per l’assunzione di esperti esterni per l’insegnamento delle materie facoltative opzionali.
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