Resto del CArlino/Bologna: «La scuola deve rilanciare la sua missione Ora è un supermarket, prendi ciò che ti pare»
GUERRA, PRESIDE DI SCIENZA DELLA FORMAZIONE
IL PROFESSOR Luigi Guerra, preside della facoltà di Scienza della Formazione, concorda con Vittorio D’Oria Lodolo, il medico dell’Inpdap che firma ‘Scuola di follia’, un libro in cui dati alla mano si dimostra che gli insegnanti sono da sempre la categoria sociale più colpita da patologie psichiatriche.
Professor Guerra, il fenomeno del prof nell’angolo, intimorito da alunni e genitori, è o no nuovo?
«No, però è in grande crescita. Ha radici lontane, perché da molti anni i docenti sono a rischio stress, ma adesso la cosa sta diventando particolarmente pesante e visibile anche dall’esterno».
Perché?
«Ci sono molte motivazioni. Intanto è aumentato il livello culturale e anche il numero dei titoli di studio dei genitori dei ragazzi, il che porta a un atteggiamento delle famiglie, verso chi sta in cattedra, molto più paritario, e quasi aggressivo rispetto ad alcuni decenni fa. Poi è enormemente cambiato il rapporto fra genitori e figli: padri e madri, diventati tali in età abbastanza matura, sono praticamente abbarbicati ai figli; li considerano un bene-rifugio da proteggere e difendere. Se ai miei tempi io tornava a casa con una nota, mi beccavo anche un ceffone; oggi sono i professori che rischiano, se fanno la nota, di beccarsi una denuncia».
C’è altro?
«Sì. C’è stata una crisi di autorevolezza della scuola, che oggi il genitore tende a vedere come un luogo dove il figlio si procura un diploma, non dove riceve un’educazione. Quindi s’è verificato uno svuotamento, in questi anni, della dimensione educativa della scuola. Che non manda più un messaggio chiaro sulla sua mission, ma sembra ormai un supermercato dove ognuno prende ciò che gli pare. E non è finita qui. Secondo me anche la recente riforma Moratti ha congiurato molto: dire che le cose più importanti sono internet e l’inglese, significa dire che in classe si va per acquisire competenze tecniche».
Analisi interessante la sua, ma agghiacciante.
«Lo so, ma è quello che abbiamo sotto gli occhi: enormi cambiamenti nei rapporti in famiglia, che si ripercuotono su quelli con la scuola. Basti pensare che prima dei 35-40, soprattutto i maschi, non lasciano la casa d’origine».
Qualche suggerimento per uscire dal tunnel?
«La scuola deve chiarire il suo messaggio, deve fare un nuovo contratto educativo con la famiglia degli allievi: sono d’accordo con Marcheselli».
Il quale però auspica una formazione per i docenti che tenga conto di nuove competenze. Lei concorda?
«Sì e no. Certo, serve la Scienza dell’educazione, più didattica e un addestramento a gestire la classe. Ma sarebbe riduttivo fare di tutto il problema un nodo relazionale. E’ la chiarezza della missione della scuola che manca. E’ il suo messaggio educativo che la scuola deve rilanciare».
Renata Ortolani