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22/06/2004
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la Repubblica

Bonfante: "Ho ancora una speranza la riscossa della scuola pubblica"
le priorità Nessun percorso duro: ho sempre avvisato prima le famiglie che il classico ha delle regole


Una signora elegante e gentile, che sa sorridere amabilmente mantenendo sempre un certo distacco. La preside del Cavour, Ida Bonfante, va in pensione dopo 36 anni di servizio. E in questi giorni è presidente di commissione per gli esami di maturità all'Alfieri, il liceo che ha frequentato da ragazza.
Preside, ci racconti un po' di lei?
"Ho cominciato nel '68 insegnando in una scuola media, la Giacosa: erano anni tumultuosi, con una forte migrazione dal Sud e ragazzi difficili. Dopo il concorso per le superiori, ho insegnato per 16 anni al Segré, e quindi nell'89 ho vinto (ma è stato un caso, mi sono lasciata convincere) il concorso da dirigente. Sono stata anche preside del Leonardo Da Vinci e, per un anno, del Volta".
E una volta giunta al Cavour?
"Ho cercato di correggere gli errori commessi durante la mia carriera da insegnante. Primi fra tutti l'isolamento. Un problema grave per le scuole è la mancanza di coordinamento, nei consigli di classe come nelle aree disciplinari: manca l'umiltà di convenire su programmi comuni, sulla definizione di saperi essenziali, sui criteri di valutazione. Ma al Cavour ho avuto un ottimo collegio docenti".
Ma del suo liceo i ragazzi dicono ancora che è "duro, difficile".
"La serietà di uno studio strutturato, pur nell'accettazione delle specificità di ciascuno, è alla base della preparazione "classica". Le famiglie devono sapere che esistono delle regole, delle priorità".
Cosa le rimane?
"Al Cavour arrivano anche ragazzi dalle classi sociali più umili. Da famiglie che per la prima volta fanno affrontare ai loro figli studi diversi, complessi. Li ho seguiti nel loro percorso di crescita cercando il dialogo, pur senza divenire accondiscendente. E' grazie a loro, e ai loro successi, che ho maturato la fiducia nel futuro".
Ci sono cose che ancora la mettono a disagio, nella scuola?
"L'idea di una scuola pubblica che non fa fronte comune. Che ha alterato il concetto dell'autonomia in relazione al numero degli studenti. Io detesto concepire gli studenti come degli "utenti"". (t.c.)


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