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Repubblica-Torino-UNA STRATEGIA PER IMPOVERIRE IL SISTEMA DELLA SCUOLA

UNA STRATEGIA PER IMPOVERIRE IL SISTEMA DELLA SCUOLA GIULIO CESARE RATTAZZI La smania di passare alla storia facendo qualcosa subito e purchessia, ha assalito prima il ministro Berlinguer e o...

19/06/2002
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la Repubblica

UNA STRATEGIA PER IMPOVERIRE IL SISTEMA DELLA SCUOLA

GIULIO CESARE RATTAZZI

La smania di passare alla storia facendo qualcosa subito e purchessia, ha assalito prima il ministro Berlinguer e ora la Moratti; cambiare l'esame di maturità. Tanto allora che adesso si tratta di un tappo nuovo su di una bottiglia vecchia, rappresentata da una scuola media superiore non riformata. Ma adesso l'operazione fa convergere i due più gravi difetti già emergenti in minore misura nelle precedenti edizioni con l'unico effetto di penalizzare le scuole serie. L'applicazione anche all'esame finale del percorso scolastico superiore delle esigenze di risparmio (il vero ministro all'Istruzione è oggi Tremonti) per cui 300 miliardi in meno di spesa (su 65mila miliardi del bilancio della Pubblica Istruzione dove in ben più diverse direzioni si possono individuare fonti di contenimento) valgono più di una volontà di mantenimento e sviluppo del livello di cultura e di civiltà di una nazione che passa dall'efficienza del sistema scolastico. Sono le stesse esigenze che portano in queste settimane ad interventi distruttivi come la compressione a 18 ore frontali delle cattedre di insegnamento creando scompensi e difficoltà di gestione organizzativa e percorribilità didattica.
Tutto ciò è riferibile ad una ormai evidente strategia di impoverimento globale del servizio scolastico pubblicostatale e non statale da banalizzare e parzialmente liquidare su uno sfondo di una delegittimazione del pubblico impiego: non privo di corresponsabilità ma neppure di significati. Con questa ispirazione appaiono scorrette le dosi non lievi di ipocrisia diffusa dagli spot governativi e dai libretti ufficiali che definiscono "sereno" un esame domestico ed autoreferenziale, cioè un non esame, al quale non è applicabile nessuna aggettivazione. E' vero che verifiche nella società civile e nel mondo produttivo avvengono più in ingresso che in uscita. Ma, mantenendo il valore legale del titolo di studio che ancora oggetto di rilevanza costituzionale, le scuole serie che danno le valutazioni finali con un'operazioneverità rischiano di penalizzare i propri alunni rispetto ad altri ambiti scolastici dove i ragazzi sapendo meno "prendono" di più. Il punteggio ottenuto conta; è un momento di discernimento, soprattutto nei concorsi e assunzioni nelle amministrazioni pubbliche e le persone sono così oggetto di improprie discriminazioni aprioristiche secondo la provenienza scolastica. Il paese è così anche avviato a rischi di dequalificazione nelle presenze operative nella pubblica amministrazione, dove approderanno personaggi con punteggi irreali di scuole frivole. D'altra parte abolire il valore legale del titolo di studio apre gli spazi ad altre discussioni e controversie per ora neppure chiaramente ipotizzate nel dibattito inseribile a tal proposito.
L'interrogazione finale da parte dei propri insegnanti che sanno già come giudicare ragazzi conosciuti da anni, impedisce infine un impatto salutare e un'esperienza preoccupata, ma comunque positiva come prima prova di inserimento sociale con esaminatori esterni.
preside dell'Istituto Avogadro


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