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Repubblica/Torino: Scuole sull´orlo della bancarotta

Ogni preside attende tra i 60 e gli 80 mila euro dal governo Stasera all´Avogadro assemblea aperta sui bilanci in rosso Non ci sono soldi per pagare i precari

05/11/2009
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la Repubblica

Disavanzo d´amministrazione. È una condizione che accomuna tante scuole piemontesi. Ma rende meglio l´idea chiamarla con il termine usato per le aziende private: bancarotta. Le casse degli istituti sono sempre più vuote. E molti rischiano di non riuscire ad approvare i bilanci e quindi di essere commissariati. A lanciare l´allarme di un imminente crac della scuola pubblica è l´Asapi, l´associazione di presidi che per questa sera all´Itis Avogadro organizza un´assemblea aperta proprio sul tema delle difficoltà finanziarie. Facile immaginare che ne scaturirà un lungo elenco di bilanci in rosso. Perché gli istituti aspettano soldi dal ministero dell´Istruzione. Quelli per il funzionamento, che mancano o arrivano a singhiozzo dal 2007. E anche quelli per pagare i supplenti, non pervenuti da giugno. Risultato: in media ciascun preside attende tra i 60 e gli 80mila euro, con punte di oltre 300mila euro. «Siamo alla canna del gas», commenta la presidente dell´Asapi, Nunzia Del Vento. La sua elementare Gabelli, per esempio, ha un ammanco di 150mila euro. La collega Gabriella Mortarotto, dell´istituto comprensivo Di Nanni a Grugliasco, ha 70mila euro di crediti scoperti. E racconta: «Ci sono scuole in cui i bidelli puliscono solo con l´acqua perché non possono permettersi i detersivi. Io nella mia ho scelto di far soffrire lo Stato: sto ritardando il versamento all´Inps dei contributi dei docenti per poter pagare la cooperativa che fa le pulizie».

Un espediente come tanti. Togli da una parte, metti dall´altra. Una sorta di distrazione di fondi, ossia l´unico modo per restare a galla e pagare pulizie, fotocopiatrici, bollette Internet. Oppure si taglia dove si può: sui sistemi di sorveglianza notturna degli edifici scolastici, o sui laboratori della terza area, quelli che negli istituti professionali dovrebbero insegnare un mestiere ai ragazzi. O ancora, si mettono le mani nelle tasche di mamme e papà: «Il fatto – dice Elisa Trovò del Coordinamento genitori democratici – è che una volta ce li chiedevano per aumentare l´offerta formativa, ora lo fanno per garantire il funzionamento delle scuole. Il principio di fondo è pesantemente diverso. In più si creano disparità: c´è chi chiede di più perché ha più spese, come i professionali, e chi chiede meno, come i licei».

«Dobbiamo approvare la programmazione annuale entro metà novembre, ma non abbiamo alcuna certezza che un giorno questi soldi arrivino», spiega la presidente Del Vento. In questi giorni il Miur dovrebbe versare qualcosa per i supplenti: «Ma sono briciole, tanto più in un periodo come questo, con tanti docenti a letto con l´influenza», sottolinea Gabriella Mortarotto. Di fare investimenti non si parla: «Sono quattro anni che vorremmo rinnovare i nostri laboratori di informatica, ma non possiamo. Siamo arrivati al punto che i ragazzi si portano il computer da casa, perché dicono che i nostri sono troppo lenti», dice Leonardo Filippone, dirigente amministrativo dell´Itis Avogadro, 360mila euro di crediti inevasi dallo Stato. E aggiunge: «Abbiamo sempre rimborsato le tasse a quel 5 per cento di studenti che usciva con la media dell´"8". Quest´anno non lo faremo».


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