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Repubblica/Torino: Quando la riforma è un balzo indietro

«Perdona loro perché non sanno quello che fanno»: questo è il drammatico passo del Vangelo che mi viene in mente quando penso al ministro Gelmini e a chi si è intruppato al suo seguito

14/10/2008
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la Repubblica

L´intervento
FIORENZO ALFIERI *

«Perdona loro perché non sanno quello che fanno»: questo è il drammatico passo del Vangelo che mi viene in mente quando penso al ministro Gelmini e a chi si è intruppato al suo seguito. La risposta che la sua "riforma" fornisce ai problemi della scuola elementare e alla necessità di limitarne i costi è di rimettere indietro l´orologio a cinquant´anni fa. Sarebbe concepibile una cosa del genere se parlassimo di sanità, di trasporti, di telecomunicazioni?

Siccome però si tratta di scuola, ci si sente dire da uno come Vittorio Feltri (qualche sera fa a Porta a Porta): «Abbiamo tutti avuto una sola maestra nella scuola elementare: non siamo venuti su poi così male!». Nessuno dei presenti ha saputo rispondere: «In Italia si porta al diploma il 50% degli aventi diritto a fronte del 95 della Germania, si legge il minor numero di libri e giornali di tutta Europa, si ha il maggior numero di analfabeti di ritorno: in che senso non siamo venuti male?».
A parte il tempo pieno, che almeno a parole sembrerebbe potersela cavare, non ho letto in queste settimane un solo intervento che cercasse di spiegare perché la riforma del 1990 aveva previsto per tutto il resto della scuola elementare un tempo un po´ più lungo delle quattro ore giornaliere e una piccola équipe di tre insegnanti su due classi. Lo fece perché i programmi dell´85 svolgevano un ragionamento di questo tipo. La società in cui viviamo è molto complessa e quindi i cittadini devono essere ben attrezzati per capirla. Il compito della scuola elementare è di provvedere all´alfabetizzazione culturale di tutti i cittadini. Siccome la psicologia più recente (la cosiddetta "scienza della mente") ci dice che in ognuno di noi non opera un´intelligenza sola ma ce ne sono un certo numero (quella logico-matematica, quella linguistica, quella storica, quella musicale ecc.), è necessario che l´insegnante conosca bene quali sono i fondamenti di ciascuna di queste intelligenze per garantire l´acquisizione da parte degli alunni del suo alfabeto. Poiché una conoscenza professionale di questo tipo è difficile e delicata, è necessario che anche l´insegnante elementare sia laureato, come avviene in tutto il mondo e come in Italia all´epoca ancora non avveniva, ed è opportuno che non sia un tuttologo. Quindi senza arrivare all´alternarsi dei sette-otto insegnanti della scuola media, diamo la possibilità anche agli insegnanti elementari di concentrare la loro preparazione su di un gruppo di discipline affini tra di loro. Forse che oggi questo ragionamento non è più attuale?
Ciò che è offensivo della "riforma" Gelmini non è tanto la riduzione del numero degli insegnanti, quanto il parlare di "maestro unico". Se mancano i soldi per pagare tre insegnanti su due classi, lo si dica: «D´ora innanzi potremo pagare tre insegnanti ogni tre classi». Si sta tagliando su tutto, si taglierà anche sulla scuola elementare. Ogni scuola, peraltro teoricamente autonoma, cerchi però di funzionare bene lo stesso (ad esempio: l´insegnante formato in matematica e scienze lavorerà nelle tre classi e così via), tenendo conto dei risultati della ricerca e della sperimentazione più aggiornate. Invece no: di già che si tagliano i costi profittiamo per tornare alla scuola del tempo che fu con il grembiule uguale per tutti, con lo scattare sull´attenti quando entra l´insegnante, con i giudizi numerici, con lo stesso docente per tutte le "intelligenze". Un prospettiva come quella che ho citato susciterebbe comunque reazioni di natura sindacale, più che comprensibili, ma almeno riconoscerebbe dal punto di vista culturale e professionale la fondamentale importanza della scuola elementare. Così invece passa il principio feltriano che «per quello che la scuola elementare è e cioè poco o niente, l´insegnante unico basta e avanza».
(* assessore comunale alla Cultura)

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