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Repubblica/Torino: Mussi: quell´ateneo non s´ha da fare

Nel piano dell´università privata attacco al sistema pubblico: è marcio

09/02/2007
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la Repubblica

I DOCUMENTI

Il tono dello stop è duro e forse il motivo è contenuto proprio nel dossier del comitato promotore
Ecco la lettera con la quale il ministro respinge il progetto della Compagnia di San Paolo
PAOLO GRISERI

«Caro San Paolo quell´università non s´ha da fare». Annunciata, sussurrata, autorevolmente smentita, ecco finalmente la lettera con cui il ministro dell´università, Fabio Mussi, ha respinto al mittente il progetto di ateneo privato avanzato dalla Compagnia presieduta da Franzo Grande Stevens. Il documento del ministro è datato 30 gennaio 2007 ed è stato protocollato il 5 febbraio (n. 93) dalla Compagnia di San Paolo. «In risposta alla sua lettera relativa alla richiesta di istituzione di una università non statale legalmente riconosciuta - scrive il ministro a Grande Stevens - spiace doverle far presente che la stessa non può, al momento, essere presa in considerazione.... Nel restituire la documentazione trasmessa devo farle presente che la richiesta andrà formulata secondo le modalità e i termini previsti dalle linee generali di indirizzo della programmazione universitaria in corso di predisposizione».
Il tono della lettera è abbastanza duro. Il ministro aveva già dichiarato che «le sedi universitarie in Italia sono 360 su 105 provincie. Prima di aprire nuovi atenei è necessario razionalizzare quelli esistenti». Ma nella missiva indirizzata a Torino si dice di più: la Compagnia di San Paolo, prima di veder presa in esame la sua richiesta, deve attendere il nuovo piano universitario che il ministro sta predisponendo. Nel frattempo Mussi ha rispedito il dossier al punto di partenza.
La spiegazione di tanta determinazione e durezza è forse nelle 57 pagine inviate a Roma il 22 dicembre scorso. Firmato dal «Comitato amici del Collegio universitario di Torino» (così si doveva chiamare l´ateneo privato) il documento dipinge uno scenario non precisamente lusinghiero dell´università pubblica. Fondamentale è il passaggio a pagina 9 dove si spiega che l´obiettivo del nuovo ateneo privato torinese sarebbe quello di «offrire alla diaspora accademica e intellettuale italiana, spesso prodotta dal prevalere di logiche di selezione fortemente corrotte e scarsamente meritocratiche, un luogo di approdo capace di non far rimpiangere i lidi stranieri abbandonati per rientrare». In sostanza il Collegio internazionale torinese si presenta come un´oasi di serietà per i cervelli italiani che rientrano dall´estero e che faticano a inserirsi nella suburra di un´università pubblica corrotta fin dalla selezione dei suoi docenti, al punto da meditare di rifare le valigie per tornare oltralpe. Era abbastanza difficile che di fronte a queste affermazioni il ministro responsabile dell´università italiana accettasse di buon grado di autorizzare un ateneo che si pone in alternativa al sistema pubblico definendolo «fortemente corrotto».
Dunque il progetto della Compagnia di San Paolo è destinato a rimanere nei cassetti in attesa di tempi migliori. Al di là della clamorosa gaffe diplomatica, il documento illustra nei dettagli il piano di lavoro. La nuova università doveva comprendere tre corsi: una laurea magistrale in scienze giuridiche, una laurea specialistica biennale in scienze della finanza e due master (uno biennale e uno di secondo livello) in diritto e finanza. Aveva già stretto legami con prestigiosi atenei stranieri e si proponeva di selezionare un numero ristretto di studenti italiani e stranieri da ammettere ai corsi tenuti esclusivamente in inglese. Tra le curiosità la scelta di creare uno studio legale per fornire assistenza gratuita agli imputati meno abbienti, un modo per ribadire la funzione sociale dell´ateneo privato e per consentire agli studenti di fare esperienza sul campo. Nel comitato scientifico della nuova università siedono Amartya Sen, Guido Calabresi, Duncan Kennedy e Gustavo Zagrebelsky.


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