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Repubblica-Torino-La scommessa di formare un cuoco o un tornitore

La scommessa di formare un cuoco o un tornitore SAVERIO VERTONE BASTA sopravvivere alla gio...

13/02/2005
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la Repubblica

La scommessa di formare un cuoco o un tornitore
SAVERIO VERTONE


BASTA sopravvivere alla giovinezza per essere costretti ad attraversare (con Penati al seguito) tre o quattro epoche. E non è strano che la scuola arranchi in permanente stato di choc. Ieri si considerava obbligatoria l'istruzione e facoltativa la cultura; oggi obbligatoria la cultura, e facoltativa l'istruzione. Forse confondiamo tra l'obbligo di acquisire gli strumenti della conoscenza (istruzione) e il diritto a usarli liberamente (cultura).
Non chiaramente percepito, il ribaltamento produce disordine nei metodi di insegnamento e caos nelle scelte professionali; come dimostra il Salone dei mestieri allestito negli stand del Lingotto. Visitarlo è un'esperienza, non so se culturale o istruttiva, certo utile. Altra cosa, naturalmente, sarebbe risalire alle cause del malessere e soprattutto escogitare i rimedi. Ma non bisogna disperare. Qualche giorno fa, alla Convention torinese della Margherita, Andrea Bairati ha spazzato via alcuni dogmi sociologici e didattici sulla Formazione professionale, con un ragionamento di scandalosa semplicità


Sentendolo, mi sono ricordato di uno strano giudizio emesso sul comprendonio umano da un drammaturgo ottocentesco. Secondo Grillparzer," l'uomo può capire tutto, meno ciò che è assolutamente semplice". In altre parole: la realtà è inattingibile, perché il pensiero le gira attorno e, ingarbugliandosi, se ne allontana. Il giudizio non è del tutto vero. Infatti, sebbene semplice, il ragionamento di Bairati è stato capito senza difficoltà da me e dal pubblico, a dispetto della comprovata appartenenza alla specie umana.
Ma che cosa ha detto Bairati? Ha detto che la Formazione deve smetterla di inseguire le ondate e le risacche del mercato offrendo tornitori quando si cercano informatici, informatici quando occorrerebbero disegnatori, disegnatori quando mancano cuochi, e così via. Ed ha precisato: "Senza un piano nazionale di sviluppo, la Formazione sarà sempre in ritardo e non centrerà mai il bersaglio". Insomma, per adeguare l'offerta alla domanda di lavoro bisogna sapere verso quali produzioni si orienta il Paese, ma per prevedere l'orientamento del Paese bisogna guidarlo. A parziale consolazione di Grillparzer si deve riconoscere che questa intuizione, semplicissima, crea complicazioni quasi insormontabili nel sistema politico italiano. In primo luogo perché ci fa toccare con mano le nostre miserie; visto che per produrre un piano di sviluppo nazionale ci vuole uno Stato e non un moncherino. In secondo luogo perché bisogna tener conto delle convinzioni dominanti , che spesso sono tanto più ritardatarie quanto più si ritengono d'avanguardia.
Certo ogni generazione apre gli occhi su orizzonti diversi e con diverse infatuazioni. Una vede il mondo bloccato dal Sim delle Multinazionali, e inventa lì per lì le Br; l'altra si convince che contano solo i soldi, il successo, il Rolex, e diventa yuppy; la terza si accorge che "la carriera non vale una vita", e rispolvera la joie de vivre; la quarta infine si sveglia precaria e si butta sulla Formazione, e cioè proprio su quel marchingegno che sforna balene quando si cercano triglie. La verità è che il futuro è abbastanza indipendente dalle illazioni sull'avvenire. E per una ragione elementare. Gli uomini non sono scomponibili in dipartimenti , come le Ferrovie, che per privatizzarsi si dividono in Intercity e Eurostar. Ma la pedagogia va oltre le Ferrovie e, usando spesso la motosega, privatizza e divide anche le leve scolastiche, trasformandole in convogli lanciati verso destinazioni dove si arriva sempre in ritardo. Come sui treni.
La semplificazione di Bairati ha spalato qualche metro cubo di complessità. Adesso però spetta ai benemeriti semplificatori evitare che la breccia aperta a Torino sui problemi della scuola venga nuovamente ostruita da un deposito di forfora gergale a base di "debiti formativi", o "riposizionamenti internazionali delle competenze e delle maturità creative" eccetera. Queste formule poggiano su riflessioni complicate. Dunque ( stando a Grillparzer) sono facilmente capite da chi va a cercare la verità il più lontano possibile dalla realtà. Proprio per questo sarebbe meglio non capirle.


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