Repubblica/Torino: Gite scolastiche, l´anno della crisi
Crollo del 45 per cento: "Non servono e gli studenti sono indisciplinati"
Il caso di un professionale: 80 partecipanti per New York, ma la metà sono "ospiti"
TIZIANA CATENAZZO
E´ l´addio delle gite scolastiche? Dall´anno scorso ad oggi a Torino scuole medie e superiori denunciano una diminuzione di viaggi di istruzione del 45%. Le motivazioni principali: gli studenti non si comportano bene, creano problemi ai docenti che li accompagnano che, da parte loro, si sentono poco gratificati economicamente (i compensi, se previsti, sono minimi) e carichi di troppe responsabilità. I presidi, infine, bocciano sempre più le iniziative e le proposte di gita perché prive di ricaduta didattica e legami con la programmazione didattica. «I docenti disponibili a partire sono sempre meno, in pochissimi danno la loro disponibilità. In più le classi, al ritorno, non mostrano di aver capito granché di quanto hanno visto e visitato» spiega Giovanna Farina, preside del Santorre di Santarosa. E così ecco il cambio di rotta: «Abbiamo proposto solo mete vicine - spiega la dirigente - e fortemente legate ai programmi: il problema è che a tali pacchetti di viaggio, i ragazzi meno motivati non vogliono partecipare, e i pullman si svuotano. Del resto un tempo per i ragazzi era più complicato partire, viaggiare, e la gita rappresentava una vera esperienza di viaggio: ora molti possono tranquillamente permettersi un viaggio a Venezia con la famiglia, ad esempio. I nostri studenti si organizzano spesso fra loro, in piccoli gruppi». Nei licei le gite si organizzano ancora volentieri, e i ragazzi vi partecipano, nonostante sempre più spesso si riservino le uscite solo alle ultime classi. Per tecnici e professionali, invece, il calo dei viaggi di istruzione è drastico: «Noi insistiamo - commenta Tommaso De Luca, dirigente del Plana - proponendo la gita come momento di condivisione, dell´imparare a gestirsi e a sapersi arrangiare da soli, dell´imparare a rispettare le esigenze degli altri. Anche per i docenti è un´occasione utile per conoscere meglio gli studenti». Sempre di più invece rinunciano perché mancano i soldi. La gita non è una spesa non necessaria: quasi un terzo degli studenti chiede il sostegno della scuola. «Anche 50 euro diventano tanti per le famiglie, aggiunge il preside. I genitori vengono a chiedermi un pagamento dilazionato, oppure di non pagare il contribuito scolastico».
Le gite sono un discorso ancora felice per quegli istituti che si sono gemellati con altri, magari all´estero: «Abbiamo un´impresa formativa simulata - racconta la preside del Beccari, istituto per l´arte bianca -. I nostri ragazzi sono andati in viaggio a Praga ospiti in grandi alberghi, e il tutto è stato organizzato per loro da una scuola alberghiera ceca. L´anno scorso, in Grecia, hanno lavorato allo start-up di un villaggio turistico ad aprile, e alcuni studenti sono poi tornati in estate a lavorarci». In questo caso, visite di istruzione legate alla programmazione scolastica e al lavoro.. Per il resto, i docenti detestano affrontare anche solo l´argomento: «Ho portato i ragazzi in gita per anni, ma ora sono proprio stanco, spiega Franco Bucci, 55 anni, docente di matematica, perché ogni anno me ne combinavano una. Bisogna fare un´enorme attenzione, anche di notte, perché non combinino qualche guaio». Anna Maria Castella, professoressa di scienze alle medie: «Io sono supplente, cambio spesso istituto. Certo ci andrei volentieri in gita se venissi retribuita».
In un professionale, forte imbarazzo a causa di un´organizzazione delle gite non proprio trasparente: alcuni docenti hanno scritto al dirigente denunciando l´assenza di una qualsiasi utilità didattica, per le gite proposte, e soprattutto la partecipazione di gruppi costituiti da pochissimi studenti interni e da un numero esorbitante di ospiti esterni. Per un viaggio a New York, ad esempio, c´erano circa ottanta partecipanti di cui la metà erano "aggregati" esterni. Ma del resto tutti hanno diritto all´istruzione.