Repubblica/Torino: Atenei, un docente su due ha un contratto da precario
i sindacati, e in particolare Flc Cgil che ha censito per la prima volta tutti i precari delle diverse realtà universitarie e scientifiche, hanno presentato alla Regione la proposta di aprire un tavolo di discussione
Atenei, un docente su due ha un contratto da precario |
Bairati: deve cambiare. Ma i rettori non trattano |
OTTAVIA GIUSTETTI |
Le università torinesi sono in mano ai precari della ricerca. La metà del personale docente, sia all´Università che al Politecnico, è fatta di giovani e meno giovani ricercatori che sopravvivono per anni solo grazie a una moltitudine di contratti di lavoro atipici come borse di studio, assegni di ricerca, contratti cococo. Parliamo di persone con una retribuzione che si aggira intorno ai mille euro al mese, che non ha diritto a ferie, a periodi di astensione dal lavoro pagati per malattia (eccetto i cococo), percepisce un´indennità di maternità inferiore allo stipendio, non ha alcun diritto di rappresentanza né sindacale. Per questa ragione i sindacati, e in particolare Flc Cgil che ha censito per la prima volta tutti i precari delle diverse realtà universitarie e scientifiche, hanno presentato alla Regione la proposta di aprire un tavolo di discussione. L´obiettivo è di disegnare un nuovo profilo di ricercatore che sostituisca tutti i contratti atipici e restituisca dignità al lavoro d´ingegno. E la Regione è d´accordo a discuterne. «Ci troviamo di fronte a numeri davvero scioccanti che non sospettavamo - ha detto l´assessore Andrea Bairati - le condizioni di disagio di tutte queste persone vertono almeno su tre fronti quello economico, quello dei diritti e quello del tempo. Ed è francamente disumano. Abbiamo l´obbligo di trovare un sistema per cancellare almeno una di queste tre condizioni introducendo al tempo stesso una selezione molto più accurata e basata sul merito». Più difficile invece aprire un confronto direttamente con gli atenei e in particolare con l´Università di Torino che, a quanto riferiscono i ricercatori, sta rifiutando qualsiasi tavolo di discussione sulla situazione dei precari. «Abbiamo chiesto più volte di essere ricevuti, abbiamo organizzato presìdi per protestare contro questa chiusura ma, per ora, nulla è servito» dice Valentina Barrera, assegnista di ricerca a medicina. Ed è proprio in Università che i numeri raccontano una maggiore degenerazione del sistema. Qui infatti, non solo i precari sono moltissimi ma continuano a crescere vertiginosamente (+ 30 per cento dal 2006 al 2008) mentre i contratti dei dipendenti sono rimasti praticamente invariati. Parliamo di oltre duemila persone. Duemila precari contro i duemila con contratto a tempo indeterminato. I primi vivono la propria condizione di instabilità molto a lungo, circa sei anni in media, prima di essere assunte o di cambiare settore. Hanno ritmi e orari di lavoro identici a quelli dei colleghi docenti e hanno un peso uguale a quello di un ordinario o di un associato o di un ricercatore, all´interno del gruppo di ricerca nel quale sono inseriti. Come testimonia una tabella che lo stesso nucleo di valutazione dell´ateneo di Torino riporta nella relazione 2006. Leggermente più equilibrata (due punti percentuali) è la situazione del Politecnico. Mentre invece sembra meno selvaggio lo sfruttamento dei precari nell´ambito degli enti di ricerca torinesi dove il personale scientifico non dipendente rappresenta il 30 per cento circa dei lavoratori. |