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Repubblica/Roma: Orietta, maestra anti Gelmini "Docente unico, rischio per i bambini"

Insegna alla Leopardi "Col tempo lento curiamo il modo di ragionare dei bimbi" "Ci giochiamo la faccia, mettendoci totalmente in discussione"

25/09/2008
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la Repubblica

Il confronto

Insegna alla Leopardi "Col tempo lento curiamo il modo di ragionare dei bimbi"

"Ci giochiamo la faccia, mettendoci totalmente in discussione"

BEPPE SEBASTE

Ho appuntamento con la maestra Orietta, che tiene un corso pomeridiano di aggiornamento presso una scuola materna vicino a Santa Maria delle Fornaci. Entro nella scuola II Ottobre percorrendo il corridoio silenzioso, che pure risuona visivamente delle voci dei bambini - gli armadietti coi nomi, i pannelli di disegni, le casette, e un box colmo di palline colorate che a stento mi trattengo dal toccarle e giocarci. Trovo la sala in cui Orietta conduce un laboratorio che impegna una dozzina di maestre. Mi aspettavo delle persone sedute ad ascoltare e prendere appunti, e un´altra che parla e spiega, trovo invece un affaccendarsi creativo su dei tavoli, corpi adulti che mimano il lavorio giocoso di una classe di bambini. Stanno disegnando la sintesi di un lavoro didattico sul tema delle "origini", che ha toccato argomenti quali i miti greci, il big bang, la filosofia presocratica (quando i filosofi erano anche chimici, geologi, scienziati). Il mito proposto da Orietta è quello "orfico", e sbirciando i disegni a colori in lavorazione vedo che in molti appare il motivo dell´uovo che si spacca, irradiando così un fascio luminoso, una luce gialla che fuoriesce, a suggerire l´uscita dall´uno, dall´autosufficienza. Immagine fondativa, primordiale, di ogni relazionalità, l´apertura all´altro. Non c´è io senza l´altro, senza il tu. Anche nell´insegnamento.

"E´ proprio così - mi dice Orietta alla fine del laboratorio - l´uscita dall´uovo contro la presunzione dell´autonomia. E´ una grande questione, ma con i bambini si fa proprio filosofia, e questo l´insegnante elementare lo sa. Sono i bambini a porsi le grandi domande di senso, sulla vita, da dove siamo arrivati, che cosa è la morte. Il maestro è abituato ad affrontarle. Sono domande legittime, quelle che tutti gli uomini si sono posti - poeti, filosofi, matematici - e le cui voci dobbiamo continuare ad ascoltare. I bambini ascoltano, sanno ascoltare. Ma è importante sottolineare il tempo lungo che la maestra, il maestro, hanno e devono avere con i bambini: non per restare nelle ?competenze´ banali, ma per indagare insieme, pazientemente, le ?grandi questioni´".

La maestra Orietta insegna con passione ai bambini da trentasei anni, portati benissimo. In realtà si chiama Teodora Tomassetti, insegna con la maestra Simona nella scuola Leopardi, quella del parco di Montemario. E´ una di quelle scuole fatte un tempo per i bambini con problemi respiratori, oggi quasi tutte scomparse, inglobate dalla città. Scuole fatte a casette di una o due classi l´una, padiglioni sparsi nella pineta, verande, e senza una struttura centrale. Orietta è anche impegnata nel Movimento di Cooperazione Educativa (MCE), che con altre associazioni professionali del mondo della scuola, molte delle quali cattoliche, chiede il ritiro del decreto Gelmini sul ritorno del maestro unico, del "maestro tuttologo e dei voti decimali". "Non rubiamo il tempo ai bambini", recita un loro documento.

In effetti, la questione del tempo, e il rischio di una formazione abbreviata e semplificata, è centrale nell´educazione. "Il tempo lungo ? spiega Orietta ? che va inteso come tempo lento, è quello in cui tu, maestro, puoi prenderti davvero cura della testa del bambino, del suo modo di ragionare. Non perché egli acquisisca conoscenze quantificabili, ma perché possa riuscire a esprimere le domande che ha dentro di sé. D´altronde l´aspetto cognitivo non si separa mai da quello affettivo. Il tempo lungo è il tempo lento della relazione, di quella comunità e insieme di rapporti che è la classe".

La stessa cosa vale per i corsi di formazione o di aggiornamento, come quello a cui ho assistito oggi. Questo confronto, questa pluralità, segna un cambiamento anche didattico, dice Orietta. "Intanto occorre sapere che l´insegnante delle elementari questi corsi se li paga di tasca propria, di solito in un periodo di vacanza. Come i corsi estivi di una settimana che contribuisco a organizzare. In tutti, comunque, l´insegnante si mette in gioco, non è seduto ad ascoltare uno che parla. Sa che nella relazione col bambino ci si mette in gioco interamente, e non ci sono solo le parole. Il maestro in formazione fa le cose direttamente, non ascoltando come si fa. Nell´insegnare a insegnare, come nell´imparare a imparare, se si parla di pittura si dipinge, se si parla di teatro si fa teatro, e così via. Non sono corsi fatti solo di parole, si impara a convivere e mettersi in gioco. Ecco: così come il bambino è tutto intero di fronte a noi insegnanti, anche i maestri elementari sono interamente di fronte ai bambini. Il maestro si gioca la faccia, si mette totalmente in discussione. E´ questa formazione in servizio che ha fatto della scuola elementare in Italia una scuola di eccellenza."

Qual è il nesso tra questo e il rifiuto del "maestro unico"?

"Il grande cambiamento rispetto al passato è che una volta l´insegnante elementare era un adulto solo, in relazione solo con i piccoli. L´insegnante si gioca la faccia, si mette totalmente in discussione. Ora è un adulto che si connette e confronta con altri adulti e si interroga sul proprio mestiere, interroga se stesso e i colleghi sulla gestione del quotidiano come sulle grandi questioni del fare scuola. Come potrebbe farcela da solo? Quando nasce un bambino, ci si augura che abbia un padre, una madre, e possibilmente dei nonni, degli zii, perché non può nascerne che ricchezza per il bambino, anche se ognuno ha ruoli e tempi diversi per lui. Essere soli con un bambino è duro, e troppo rischioso per il bambino stesso. Lo stesso vale a scuola. In una pluralità di insegnanti, si sceglie insieme la strategia, l´atteggiamento giusto per ogni bambino, il modo di affrontare e risolvere un problema, non solo dei bambini, ma anche delle famiglie. Non è solo una questione psicologica, sia chiaro. Più insegnanti offrono più stili cognitivi. È noto che le intelligenze sono multiple (come titolano testi ormai famosi), ognuno ha la propria, anche ogni allievo ha la sua. Un gruppo di insegnanti offre al bambino la possibilità di trovare la propria intelligenza, di entrare in sintonia".

Alla scuola elementare Leopardi, mi racconta Orietta, i bambini fanno scuola sia dentro che fuori, nel parco. Coltivano un orto. Alle 22 ore di insegnamento settimanali si sommano almeno 2 ore di incontro, confronto, programmazione ecc. con gli altri insegnanti. "Gli insegnanti sono e devono essere una squadra - dice Orietta ? devono incontrarsi, confrontarsi, elaborare strategie, rivolgersi ai diversi esperti, fare riunioni di aree e competenze...".

E io, mentre la ascolto, non posso fare a meno di pensare questo: come è possibile che chi ha il compito di dirigere, come politico o come manager, un mondo come la scuola, non abbia mai insegnato, non si sia impregnato di esso, non si sia messo in gioco lì, interamente, anche solo per un periodo? E´ insensato. Vale tanto più per un ministro, qualunque orientamento politico abbia.


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