Repubblica/Palermo: Studenti somari alla ricerca del posto
E oggi è vero che i circa 62 mila studenti dell´Università di Palermo sarebbero i più «somari» d´Italia?
Vincenzo Provenzano
La Sicilia è diventata più moderna non tanto per l´apporto dei tanti scolarizzati, ma grazie al dinamismo degli analfabeti e dei loro processi migratori. Migliaia di persone, molte delle quali prive di istruzione, andavano a lavorare al Nord o all´estero e da lì importavano poi nei paesi d´origine nuovi strumenti e tecniche di lavoro: così ha scritto Tano Gullo su queste pagine la scorsa estate, in riferimento all´analisi antropologica di Harrison e Callari Galli. E oggi è vero che i circa 62 mila studenti dell´Università di Palermo sarebbero i più «somari» d´Italia?
Facciamo un passo indietro. Mesi fa avevo scritto a proposito dell´università che il nuovo dualismo Nord-Sud si sarebbe incentivato se le già scarse risorse dei fondi ministeriali fossero state suddivise sulla qualità determinata da alcuni parametri «oggettivi». Lo stesso decreto Gelmini appena approvato ha riaperto il dibattito sulle funzioni dell´università, dopo che per mesi le pagine dei giornali (a cominciare da "Repubblica") hanno posto in luce alcune questioni importanti come l´autoreferenzialità dei professori. È stato però tralasciato quello che potrebbe definirsi il principale «convitato di pietra»: lo studente. I dati diffusi dal Comitato nazionale di valutazione del sistema universitario italiano (Cnvsu) sembrerebbero inequivocabili. E il fatto che la media pro-capite di 22 crediti formativi - corrispondente, in rapporto alle materie superate, a due-tre esami contro i 26 pro-capite medi nazionali - ci fa pensare alle statistiche del pollo di Trilussa: chi mangia due polli e chi è digiuno fa sì che la media sia di uno a persona.
Il problema in realtà non è il numero di crediti, perché a questo punto le Università «più facili», presenti su tutto il territorio nazionale, dovrebbero mostrare una produttività studentesca più alta. Per la verità - e questi sono i veri fatti scandalosi - fino a non molto tempo fa lo stesso ministero dava più risorse agli atenei con maggior numero di laureati, secondo il principio - non di Trilussa - dei polli in batteria, quale misuratore premiante di produzione universitaria.
E la qualità? Quante sottigliezze, quando alla fine quello che conta è il pezzo di carta. E ci ricordiamo ancora, negli anni ruggenti della riforma dei crediti, di quei Corpi dello Stato che in alcune facoltà di Palermo mercanteggiavano titoli legali a fior di remunerative convenzioni, a cui diverse e blasonate università del Nord, senza andare troppo per il sottile, hanno immediatamente detto di sì, con lauree praticamente regalate senza neanche un esame, per le ampie esperienze lavorative maturate. A Palermo, come in qualsiasi università italiana e del mondo, esistono sia ottimi studenti sia allievi meno bravi e quindi risulta molto complesso fare delle generalizzazioni, anche se suffragate da dati statistici, che sappiamo bene ognuno interpreta a suo uso e consumo. L´Università di Palermo ha un bacino di utenza molto variegato e con moltissimi studenti fuori sede che provengono da realtà territoriali molto differenziate. Per molti di essi l´impatto con l´università e in generale con una grande città può in qualche modo disorientare: contribuendo a quell´alto tasso di abbandono, dopo il primo anno, pari al 20 per cento.
Non dimentichiamo inoltre la natura pubblica dell´università. Che ha dunque il compito non solo di curare l´istruzione dei migliori, delle eccellenze, ma anche di alzare il livello medio delle conoscenze della collettività in cui l´istituzione è inserita, e che tutti finanziano con le imposte e le tasse universitarie. Un altro elemento è che l´istruzione di universitaria risente anche della domanda di lavoro proveniente dal settore privato e pubblico. Si studia più anni poiché si spera che con competenze più specifiche si hanno migliori opportunità di lavoro. Ma anche questo è un concetto relativo. Poiché, riprendendo anche il caso degli analfabeti siciliani che fino a qualche decennio fa erano centinaia di migliaia, spesso il lavoro lo si trova in modo diverso. A esempio il passavoce - concetto diverso della raccomandazione - è elemento essenziale. Per le imprese uno degli elementi richiesti a un dipendente è l´affidabilità: e quindi cosa c´è di meglio di una presentazione da parte di un familiare che già lavora in quella impresa o da qualcuno del quale si è già verificato il rapporto fiduciario? Se è vero che le imprese preferiscono personale già formato, la presentazione informale è probabilmente il miglior requisito per chi cerca il primo lavoro. In una realtà economica complessa come quella siciliana il fenomeno dei fuori corso (tasso maggiore di 7 punti percentuali rispetto alla media nazionale del 37 per cento) si spiega non solo con le carenze dell´università - sicuramente poco snella nei servizi e nell´assistenza agli studenti - ma anche perché lo studio avviene contemporaneamente allo svolgimento di lavori e lavoretti che alla fine portano a ritardare la conclusione degli studi. La sfida vera dell´Ateneo palermitano è oggi capire quali siano le reali necessità professionali di un territorio così differenziato come quello della Sicilia Occidentale, e più in genere del bacino del Mediterraneo. Puntando anche su saperi professionali non immediatamente tangibili, che magari oggi il mercato non recepisce, ma che quando saranno necessari richiederà immediatamente.