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Repubblica-Palermo-Se una preside distribuisce crocifissi

L'ASSESSORE Alessandro Pagano che ha recentemente dotato di Crocifissi gli uffici del suo assessorato è in buona...

22/05/2005
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la Repubblica


L'ASSESSORE Alessandro Pagano che ha recentemente dotato di Crocifissi gli uffici del suo assessorato è in buona compagnia. Qualche giorno fa una preside di un istituto superiore della nostra città, ha mandato in giro per la scuola un bidello con scatolone e Crocifissi nuovi di zecca da appendere nelle aule. Alla richiesta di chiarimenti ci ha risposto citando il Concordato e dei non ben identificati Regi Decreti. Del Concordato posso dire che con i simboli religiosi non c'entra nulla. È l'accordo del 1984 semmai aprì una breccia ulteriore nel principio della laicità dello Stato.
Invece, mi ha incuriosito la questione del Regio Decreto. E in effetti, dopo una breve ricerca, mi sono reso conto che la giurisprudenza vigente sul Crocifisso nelle scuole italiana poggia su alcuni decreti emananti dall'autorità regia nel 1914, nel 1924 e nel 1928.
Già qui si potrebbe obiettare che distribuire a tutte le aule di una scuola il Crocifisso, in forza di leggi emanate da un'altra forma di sovranità (la monarchia), addirittura al riparo di leggi fondative (lo Statuto albertino), in molte parti opposte a quelle della Costituzione della Repubblica, specie nel riconoscimento del peso della religione cattolica (che per lo Statuto albertino era religione di Stato), non è valida argomentazione. In più aggiungiamo che se non nel 1924, nel 1928 l'Italia vive il periodo più buio della sua storia recente, sottoposta alla dittatura fascista. Ma il punto non è nemmeno questo: il fatto è che questa giurisprudenza e chi la chiama in causa come avvenne per molte associazioni cattoliche nel 2001 al tempo della polemica innescata da Adel Smith considera l'affissione del Crocifisso nelle aule in quanto arredo scolastico, cioè un manufatto di alto valore simbolico, ma pur sempre un pezzo dell'arredamento della scuola. Altre argomentazioni a favore dell'affissione del Crocifisso tendono a considerarlo un simbolo di una cultura condivisa, di una comunità di valori di pace e di fraternità di portata universale. Già portare il discorso su di un piano culturale e non meramente prescrittivo può aiutare almeno a riconsiderare le modalità di scelta che ogni istituzione scolastica deve fare in merito a tale questione; scelta che democraticamente e collegialmente dovrebbe essere affidata agli organi di autogoverno della scuola e non ad un motu proprio di qualche dirigente zelante.
Ma questo approccio così sbrigativo mostra, soprattutto, tutti i suoi limiti se teniamo conto di una prospettiva ormai prossima che è quella che vede l'accrescimento esponenziale della dimensione multiculturale della scuola pubblica italiana. Come si può leggere nell'Indagine sugli esiti degli Alunni con Cittadinanza Non Italiana, anno scolastico 2003/2004, MIUR 2004: "Sono più di 280.000 gli alunni stranieri a scuola nel 2003/2004, una percentuale del 3,5% sul totale della popolazione scolastica. Erano poco più di 30.000 nel 1992/93".
La scuola di un futuro ormai prossimo dovrà rimodularsi sulla lunghezza d'onda del confronto di civiltà, di religioni, di culture e di identità, che non si può affrontare ricorrendo alla legislazione del ventennio fascista. Ha fatto scalpore, quest'estate, la decisione di un preside di una scuola superiore di Milano, di concedere ad alcune famiglie di fede musulmana di iscrivere i propri figli in una classe di soli islamici. L'aula occupata da questi ragazzi, evidentemente, non è stata dotata di alcun simbolo religioso cristiano ( e di nessun altro tipo, visto che la religione islamica vieta la raffigurazione di Dio), ciò in evidente contrasto con la legislazione vigente. Questo tipo di soluzione, diciamolo subito, è stata una delle più nefaste che si potesse mettere in atto da parte di una scuola pubblica, ma dà la misura del tipo di problemi che fra qualche anno ci troveremo ad affrontare.
Per tacitare gli Adel Smith di tutti i fondamentalismi serve costruire una scuola che divenga luogo di libero confronto delle coscienze, nella quale nessuno debba sentirsi a disagio o in minoranza, dove cioè ognuno sia messo nelle condizione di stare con tutti senza alibi e senza pregiudizi. Una scuola dove liberamente si possano proiettare - se lo si ritiene opportuno - il "Submission" di Theo Van Gogh come il "Magdalene" di Peter Mullan.
Giorgio Cavadi


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