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Repubblica/palermo: Ma aiutate anche gli "insufficienti"

le due filiere dell´istruzione, lungi dal corrispondere a diverse vocazioni intellettuali dei ragazzi, costituiscono due distinti contenitori sociali

03/08/2008
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la Repubblica

MAURIZIO MURAGLIA

Dalle colonne di questo giornale non raramente abbiamo posto attenzione alle sorti dei ragazzi palermitani al termine della scuola dell´obbligo, attribuendo al tema una rilevanza civica non indifferente. Palermo, infatti, è una città in cui la popolazione scolastica appare particolarmente dicotomizzata tra istruzione liceale e istruzione tecnico-professionale, ivi compresa in quest´ultima filiera la formazione professionale. Abbiamo sempre ravvisato, in una simile dicotomia, che nel Centro-Nord appare meno accentuata, un grave pericolo per lo sviluppo delle nostre terre. Perché?

Perché le due filiere dell´istruzione, lungi dal corrispondere a diverse vocazioni intellettuali dei ragazzi, costituiscono due distinti contenitori sociali, cui si canalizzano i figli delle famiglie bene da un lato e i figli delle famiglie socialmente più modeste dall´altro. Una simile dicotomia tradisce il principio compensativo che la Costituzione assegna alla Repubblica e alle sue istituzioni formative. Essa infatti mantiene ciascuno nella sua condizione di partenza, ingannando l´opinione pubblica sulla circostanza che alcuni siano "portati" per i licei e altri no. Tra moltissimi insegnanti e dirigenti delle superiori palermitane, anche sedicenti progressisti o democratici, l´opinione diffusa è questa.
La scorsa legislatura varò l´obbligo di istruzione a sedici anni, che fu salutato come una conquista storica da tutti coloro (e non sono la maggioranza) che attribuiscono un alto significato formativo ai primi due anni delle superiori. L´esperienza di insegnante mi dice che costoro avevano e hanno ragione. Al termine della scuola media, infatti, si profilano solitamente tre scenari corrispondenti a tre tipi di studenti. Lo studente delle famiglie bene, pur svogliatissimo, deve andare a uno dei due licei maggiori. Far diversamente sarebbe un disonore per la famiglia. Se poi andrà male, la strada del privato è aperta perché il bilancio familiare lo permette.
Gli studenti delle famiglie socialmente più modeste invece hanno già iniziato, fin dalle elementari, un percorso di emancipazione culturale. Per alcuni un simile percorso è risultato già fallimentare fin dalla più tenera età; per molti altri invece, come si suol dire, il cantiere è aperto. Hanno una preparazione con poche luci e molte ombre ed escono con "sufficiente" dalla scuola media. Nella situazione attuale, questi ultimi difficilmente accedono ai massimi licei, ma le famiglie ambiscono ugualmente a un diploma. Con l´obbligo di istruzione a sedici anni, per queste famiglie non c´è scelta: bisogna continuare. Chi insegna nei bienni sa bene che non rare volte nei primi due anni delle superiori questo tipo di ragazzi matura, acquista senso di responsabilità, consolida competenze.
Con un obbligo fermo a sedici anni e da assolvere a scuola, la nostra elementare e la nostra media sono stimolate a tentare qualcosa in più non solo con questi ragazzi "possibili", ma anche con gli altri ancora più in difficoltà, quelli di cui tutti vogliono liberarsi al termine della terza media. Nel tempo, l´obbligo di star tutti a scuola fino a sedici anni avrebbe portato frutti. Nel tempo, però, quando avrebbe trovato il giusto sedimento la convinzione collettiva che la scuola è meglio della strada (o della finta scuola che è lo stesso). Ma quanto è diffusa questa convinzione?
In Parlamento è stato approvato nei giorni scorsi il decreto legge che consente di assolvere l´obbligo di istruzione anche nella formazione professionale. L´opinione pubblica sonnecchia perché siamo in estate inoltrata (ma non solo per questo) e non è epoca di grandi dibattiti. Però quel che si prepara non è certo un bel menù per la Sicilia, visti gli scenari ora delineati. Un obbligo di istruzione che si può assolvere anche nella formazione professionale - considerando la generale qualità della nostra formazione professionale - è un puro ritorno all´obbligo a 14 anni. Sarà una tentazione fortissima per tutti - ragazzi, famiglie, professori, dirigenti - quella di ritenere senza speranza un ragazzino che alla scuola media presenta insufficienze in molte materie.
L´enfasi sul merito e sulla meritocrazia che dilaga ormai dappertutto armerà di zelo tutti gli insegnanti sinceramente convinti che debbano andare avanti i "capaci e i meritevoli", invocando magari quella Costituzione che chiederebbe di far diventare i ragazzi capaci e meritevoli rimuovendo gli ostacoli della provenienza sociale. È un rischio altissimo per la Sicilia, di cui gli amministratori regionali non possono non tener conto per le loro competenze in materia di istruzione e formazione professionale. La forbice tra ragazzi condannati al parcheggio della formazione professionale e ragazzi che continuano gli studi potrebbe allargarsi ulteriormente affossando ulteriormente tutti i tentativi di rilancio delle nostre terre. A chi gioverebbe?


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