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Repubblica-Palermo-LA SCUOLA E I DOCENTI CRISTIANI

Pagina XV - Palermo LA SCUOLA E I DOCENTI CRISTIANI Peraltro, è notevole che, nella congerie dei progetti che pullula nelle nostre scuole, abbiano scarso diritto di cittadinanza inter...

15/10/2004
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la Repubblica

Pagina XV - Palermo
LA SCUOLA E I DOCENTI CRISTIANI
Peraltro, è notevole che, nella congerie dei progetti che pullula nelle nostre scuole, abbiano scarso diritto di cittadinanza interventi extracurricolari che abbiano a tema, per esempio, la cultura biblica, i grandi monoteismi o, comunque, qualcosa che abbia a che fare con le religioni. Persino la religione cattolica rischia, come scrivevano Barbato e Torcivia, di non incontrare mai gli studenti al livello culturale, cioè a livello delle sue intersezioni con le culture e con i saperi di ogni tempo, proprio perché ogni insegnante avverte più o meno oscuramente che questo è un livello che probabilmente non gli compete, in quanto concordatariamente assegnato ad un altro docente. Con tutto il rispetto per i colleghi docenti di religione cattolica, è da anni che si fa sempre più viva la sensazione che proprio l'insegnamento della religione cattolica stia giocando un brutto scherzo al cristianesimo e, ancor più, alla sua variante cattolica. Intendo al cristianesimo delle fonti, al cristianesimo che favorisce i processi interpretativi sui testi della tradizione, al cristianesimo - inteso nelle tre sue confessioni, cattolica, ortodossa e protestante - che conversa non solo con le altre religioni ma anche con la filosofia, con l'arte, con la scienza, con la letteratura, con la musica.
Di questo cristianesimo, così come delle altre religioni, è intessuto tutto il sapere della scuola, e la titolarità di questa conversazione, che, appunto, è conversazione di cultura religiosa, appartiene a tutti i docenti della scuola, credenti o meno, che, con onestà intellettuale e finezza pedagogica, siano disposti a riconoscere che la cultura religiosa non può essere assente dalla formazione dei nostri studenti. Ogni insegnante, quale che sia la sua disposizione religiosa, è arrivato sulla cattedra dopo un percorso di studi costellato da elementi di cultura religiosa. Chi ha conseguito una laurea in filosofia o in lettere ha potuto conseguirla in virtù della completezza della sua preparazione. Com'è possibile pensare ad una laurea in filosofia senza la conoscenza di Agostino e della Scolastica o in lettere senza la conoscenza di Dante o Manzoni? Dunque com'è pensabile che il solo fornire agli studenti le conoscenze dottrinali (ad es. per il cristianesimo nozioni quali incarnazione o risurrezione) indispensabili per comprendere questi snodi del pensiero europeo possa essere confuso con un atteggiamento confessionale?
Che poi il docente che si professa cristiano non abbia motivo per doversi nascondere come un ladro nella scuola pubblica e laica e debba anche lui portare il proprio contributo intellettualmente onesto alla costruzione di tali conoscenze, magari con un surplus di competenza che gli deriva dalla sua confessione religiosa, non mi pare che debba sorprendere più di quanto sorprenda la competenza sociologica di un insegnante che fa anche il giornalista o la competenza giuridico-istituzionale di un docente che fa politica.
Occorrerebbe, dunque, che si aprisse un dibattito franco e senza preclusioni tra i docenti delle nostre scuole sul ruolo della cultura religiosa nel curricolo scolastico dai 3 ai 18 anni; un dibattito tutto laico proprio perché non si preclude ad alcun contributo; un dibattito in cui chi crede (meglio, chi pensa di credere) e chi non crede possano ragionare insieme sulla questione in termini pedagogici e didattici, che costituiscono lo specifico di tutti i docenti. Occorre, in altri termini, proprio da parte della scuola laica e non confessionale, un grosso sforzo di laicità che sappia riappropriarsi di ciò che le compete, senza confinare, suo malgrado, nell'insegnamento della religione cattolica l'enorme ricchezza culturale che la cultura religiosa può assicurare a docenti e studenti.
Maurizio Muraglia


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