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Repubblica/Palermo: L´aspetto positivo della fuga dai licei

La notizia del netto calo di iscrizioni nei licei classici di Palermo, riportata sabato scorso da Repubblica, non merita di passare inosservata perché intercetta un trend interessante

27/03/2008
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la Repubblica

MAURIZIO MURAGLIA

La notizia del netto calo di iscrizioni nei licei classici di Palermo, riportata sabato scorso da Repubblica, non merita di passare inosservata perché intercetta un trend interessante, legato al possibile riconfigurarsi dell´immaginario sociale sul futuro delle prossime generazioni e sulla scelta dei percorsi formativi più adatti a una cittadinanza nutrita di competenze culturali. Resta tuttavia evidente ancor oggi che le famiglie i cui figli frequentano l´ultimo anno della scuola media non possono contare su una possibilità di scelta realmente tarata sulle inclinazioni dei propri ragazzi, alla faccia della teoria delle intelligenze multiple ormai scientificamente acclarata. Ciò dipende in gran parte dalla debolezza orientativa della scuola media e dalla crisi dell´istruzione tecnica, cui il ministero della Pubblica istruzione sta tentando di porre rimedio. Il documento pubblicato il 3 marzo scorso dalla commissione ministeriale incaricata fa giustizia del vecchio luogo comune che vuole il sapere umanistico intrinsecamente «superiore» al sapere scientifico e tecnico, come se scienza e tecnica non riguardassero l´umano e quest´ultimo non fosse strutturalmente anche tecnica e lavoro, quel lavoro su cui è fondata la Repubblica. La società della conoscenza cui sono destinate le nuove generazioni non tollera più gerarchizzazioni tra saperi, e il nuovo umanesimo che si accampa nella formazione di tutti gli studenti risulta dalla integrazione di tutti i saperi e dalla valorizzazione di tutte le intelligenze, decondizionate sul piano sociale. Sul piano dichiarativo non vi è alcun dubbio che, come recita il testo ministeriale, anche l´Italia ha necessità di rilanciare gli studi tecnici e professionali per poter reggere la sfida dell´innovazione e della competitività.

«T ALE SFIDA - si legge nel testo - non può essere affrontata attraverso un processo di licealizzazione della scuola secondaria, ma attraverso una reale diversificazione dei percorsi e delle opportunità di apprendimento che sappiano catturare l´interesse e la motivazione di tutti i giovani». Ma sul piano operativo rilanciare l´istruzione tecnica vuol dire farla uscire dal ghetto socioculturale in cui viene cacciata, ancor più in Sicilia, dal convincimento collettivo che l´intelligenza vera si costruisca al liceo classico o al liceo scientifico ovvero che la cultura vera sia quella umanistico-filosofica, con qualche concessione alla matematica, i cui insuccessi però scandalizzano di meno. Se consideriamo che il 55 per cento degli studenti di Palermo, frequenta l´istruzione tecnica e professionale e solo il 25 per cento i licei classici e scientifici, non possiamo rassegnarci all´idea che solo un ragazzo su quattro sia destinato a diventare veramente colto.
La scelta sempre più diffusa dei licei non tradizionali (pedagogici, sociali, linguistici, artistici) dimostra che alcune famiglie, forse meno sedotte dai licei tradizionali, da un lato cercano una formazione per i propri figli che abbia un qualche nesso col mondo delle professioni, dall´altro non si fidano della qualità espressa dagli istituti tecnici, sentiti come di basso profilo culturale. Non da ora siamo persuasi che alla scuola media tocchi un orientamento molto più capace di individuare la molteplice specificità delle intelligenze piuttosto che indirizzare genericamente i bravi verso i licei, i sufficienti verso i tecnici e i mediocri verso ormai non si sa cosa perché l´istruzione è obbligatoria fino a sedici anni. Infinite schiere di alunni transitati, dopo il primo anno di frequenza andato male, dai licei classici e scientifici ad altri settori di istruzione hanno vissuto il loro transito non come riorientamento centrato su una fine valutazione dell´intelligenza specifica, ma come fallimento generalizzato, ancor più acuto e mortificante quando tocca una famiglia bene. Col risultato, non raramente, di fallire anche nelle scuole di arrivo per annessa distruzione dell´autostima.
La stessa istruzione tecnica probabilmente necessita di uno sforzo didattico volto, soprattutto per quel che riguarda le materie di base (lingua, matematica, storia, scienze), a non scimmiottare la peggiore licealità, quella che scambia la teoria e l´astrazione (che sono cose serissime e competono anche ai tecnici, in forma induttiva) con l´astrattezza e la pedanteria. Il documento ministeriale ora evocato sembra suggerire delle buone piste perché l´istruzione tecnica, rimanendo tale, diventi luogo della integrazione tra cultura e lavoro, tra teoria e tecnica, ma forse occorrerebbe qualcosa di simile perché anche l´istruzione liceale, rimanendo tale, non ospiti genericamente «i migliori», bensì coloro che mostrano specifiche attitudini verso l´apprendimento di tipo liceale.
Recentemente, in un contesto pubblico, l´insegnante di un liceo classico palermitano, in perfetta buona fede e con zelo sincero, rivendicava il diritto di poter consigliare a un´alunna di cambiare indirizzo di studi per poterle «restituire la felicità». La felicità, aggiungo qui, di non dover essere costretta a inseguire aoristi e piuccheperfetti o a enumerare tutte le figure retoriche, gli spondei e i trochei della metrica virgiliana, per i quali non sarebbe «adatta», e di potersi dedicare a qualcosa di più facile, di più «spendibile». Un buon gruppo di colleghi, quel giorno, evidentemente attento alla felicità degli alunni, ha applaudito


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