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Repubblica/Palermo: Iscrizioni alle superiori il dilemma delle famiglie

una vera e propria forca caudina all´insegna di un disorientamento collettivo

09/01/2007
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la Repubblica

MAURIZIO MURAGLIA

Dall´indagine pubblicata domenica su questo giornale si constata come questi siano tempi davvero duri per le famiglie con figli che frequentano la terza media. La scadenza del 27 gennaio, entro la quale i genitori dovranno prevedere la collocazione della propria figlia o del proprio figlio in un istituto superiore, rappresenta una vera e propria forca caudina all´insegna di un disorientamento collettivo

Disorientamento che non è dovuto semplicemente all´incompiutezza delle riforme scolastiche, ma anche e soprattutto alla strutturale difficoltà della scelta a un età in cui la provvisorietà è la regola e non l´eccezione.
Le scuole medie, con l´aiuto di altri enti e strutture a ciò preposte, hanno il compito istituzionale di orientare le famiglie. Gruppi di docenti delle scuole superiori intrattengono scolaresche della scuola media per presentare l´offerta formativa dell´istituto da cui provengono. Vengono allestiti stand e mostre di vario genere per agevolare la scelta dei ragazzini delle medie. Alla fine dell´anno scolastico, ma anche in vista della scadenza di gennaio, gli insegnanti delle medie formulano un giudizio orientativo sulla base del rendimento dell´allievo. Non si può dire, insomma, che le famiglie siano lasciate sole. Però è veramente raro imbattersi in famiglie che abbiano le idee chiare sul futuro dei propri figli, e l´incertezza sembra aumentare ormai per tutti.
È difficile capire, a esempio, cosa fare per quegli studenti che vanno male in tutto e per quelli che vanno bene in tutto. Le scuole medie, nel primo caso «orientano» verso la formazione professionale. Nel secondo, dirottano genericamente verso i licei, dando per scontato che i licei debbano essere il luogo frequentato dagli alunni bravi. Quando alcune doti emergono con chiarezza (nelle materie letterarie, a esempio, o in matematica), è più facile indicare il Classico oppure lo Scientifico, benché a chiamarsi licei non siano solo questi.
Non si capisce bene invece in quale area del sapere bisognerebbe eccellere per essere orientati verso l´ancora inspiegabilmente femminilizzato liceo sociopsicopedagogico, che a quanto pare registra un vero e proprio boom di iscrizioni. Un ragazzino, di recente, è stato orientato verso la cosiddetta «istruzione umanistica». Gli orientatori si sono guardati bene dal profanare la parola «liceo», ma non se la sono sentiti neppure di evocare l´istruzione tecnica o professionale. A quanto abbiamo appurato, i docenti in via informale avrebbero inteso indirizzare l´alunno verso il liceo sociopsicopedagogico, che ormai si candida a raccogliere gli studenti né troppo bravi né troppo asini all´ombra della parola liceo. Ma chiamarlo liceo sarebbe stato troppo, perché avrebbe significato equipararlo empiamente agli altri due maggiori, che passano per generalisti (benché siano anch´essi, soprattutto il Classico, abbastanza specialistici), e, soprattutto, raccolgono l´utenza cosiddetta «migliore».
L´equivoco riguardante il ragazzino di cui sopra è l´equivoco di fondo della nostra scuola superiore, che la riforma Moratti aveva ben compreso e, a suo modo, risolto, tranciando di netto la popolazione scolastica in bravi (licei) e asini (istruzione e formazione professionale), presumendo una inesistente pari dignità tra i due settori. Ora che la riforma Moratti è andata in stand-by, l´equivoco rimane perché si rivela abbastanza complicato orientare quella maggioranza delle ragazzine e i ragazzini che, attestandosi su uno standard di livello medio, chiedono legittimamente istruzione di qualità. In altri termini, se i figli sono molto bravi, cosa che solitamente avviene ai piani alti della società, l´alternativa Classico o Scientifico può bastare. Se i figli sono molto «asini», cosa che solitamente avviene ai piani bassi della società, le famiglie tenteranno la formazione professionale. Se invece si verifica la terza e ormai più comune opzione, e cioè che i figli sono così così, sembra che le famiglie comunque vogliano tentare una prosecuzione degli studi licealizzata per potersi giocare la carta della laurea.
Se si considera a questo punto lo scadimento qualitativo lamentato dalle nostre facoltà, vien da chiedersi: per quanto tempo può reggere un sistema che prevede eserciti di ragazzi licealizzati e genericamente acculturati che si avviano a ingrossare il precariato dei laureati (e degli emigranti)? E qual è ormai il senso dell´istruzione tecnica e professionale, che continua a perdere iscritti perché non intercetta più il mercato del lavoro? Quale tipologia di alunni deve frequentarla? E con quali prospettive, soprattutto in Sicilia?
Tocchiamo con mano l´impotenza sostanziale di qualsiasi azione orientativa prodotta all´interno di un sistema che non si esita a definire impazzito. Sarebbe molto interessante, qui in Sicilia, compiere un´indagine tra le famiglie con figli in prima e seconda classe della scuola superiore per cercare di comprendere cosa sta avvenendo in ogni settore di studi e quali eventuali correttivi possano essere apportati ad azioni orientative che peraltro troppo spesso poggiano su stereotipi difficili da estirpare.


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