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Repubblica/Napoli: Un Politecnico per la Campania

Guido Trombetti

20/04/2008
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la Repubblica

Le idee

GUIDO TROMBETTI
Nell´era del mondo globale le formule di successo si consumano presto. Chi si attarda sugli allori è destinato alla marginalità. I territori competono tra loro. Devono valorizzare al massimo i propri punti di forza. Questo vale anche per il Mezzogiorno. E quindi anche per la Campania. Da queste considerazioni nasce l´idea di un Politecnico a scala regionale. Il ragionamento è semplice. In Campania vi sono cinque facoltà di Ingegneria. Presso cinque Università. Sono realtà nate dal comune ceppo della Federico II. Cresciute, poi, secondo proprie dinamiche. Vi è una fattiva collaborazione tra loro. Investe sia la didattica che la ricerca. Con i Centri di Competenza il dialogo in alcune aree negli ultimi anni è diventato ancora più serrato. Si tratta di una rete di competenze che investe centinaia di ricercatori e migliaia di studenti distribuiti nei vari livelli di formazione. Una risorsa di enorme valore. Che già produce effetti positivi per l´economia campana e per la formazione dei giovani. Ragionando con la vecchia logica, potremmo anche limitarci ad una accorta manutenzione della realtà presente. Ma oggi non si può ragionare così. Se si possiede una risorsa di valore e non la si utilizza al meglio, in prospettiva questa risorsa perderà efficacia.
Già oggi si avvertono i sintomi. La capacità attrattiva è bassa. Diminuiscono gli studenti provenienti da altre regioni. Hanno la facoltà sotto casa. Sono motivati a spostarsi solo se vi sono seri incentivi relativi alla qualità degli studi e ai servizi di ospitalità. Anche la capacità di attrarre iniziative imprenditoriali legate ai settori ad alta tecnologia è nettamente inferiore alle potenzialità. Le imprese sono interessate non solo alle competenze, ma anche alla rapidità e alla semplicità del rapporto. C´è bisogno insomma di un modello organizzativo nuovo. Che sia estremamente snello ed efficiente. Come già accade in Lombardia e in Piemonte. Come pare si avvii a fare il Veneto. Ancora, l´attuale sistema con cinque facoltà di Ingegneria indipendenti dà facilmente luogo alla duplicazione di corsi di studi. Con conseguenti diseconomie. In un moderno Politecnico andrebbe fortemente sviluppato il raccordo tra discipline ingegneristiche e discipline economico-manageriali. Utilizzando, ad esempio, come strumento formativo l´agilità del master. La stessa necessità di maggiore raccordo vale per le discipline ingegneristiche e discipline scientifiche di base. Quali la matematica, la fisica, la chimica, le biotecnologie eccetera.
Insomma, ciò che manca è un modello organizzativo, entro cui le attuali risorse possano essere adeguatamente evidenziate, razionalizzate e valorizzate. Un Politecnico a scala regionale può essere la risposta più immediata e meno costosa a tale esigenza. Una rete multipolare, con nodi che svolgono attività di formazione e di ricerca molto focalizzate. Una rete omogenea che abbia la capacità di riconfigurare le proprie attività con snellezza e velocità. Una rete che abbia la capacità di agganciarsi ad altri nodi extra-regionali. Che abbia la massa critica capace di sviluppare rapporti di collaborazione nel bacino del Mediterraneo ed in Europa. Con le più grandi istituzioni di ricerca e di formazione. Che sappia sviluppare i propri laboratori insieme al mondo della produzione. Che sappia attrarre imprese sul territorio. Non si tratta insomma di fare solo una scuola di prestigio che produca bravi laureati che vadano a lavorare in altre regioni ed in altri paesi. Questo già lo si fa. Una iniziativa del genere, infine, sarebbe un valore aggiunto a quanto si fa già anche in aree culturali diverse. E penso alle riflessioni contenute nell´intervento, davvero bello, di Paolo Frascani apparso ieri su questo giornale.


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