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Repubblica/Bologna: Università, la rabbia dei nuovi ricercatori

I ricercatori dell´Alma Mater sono sul piede di guerra dopo che non hanno ottenuto il voto per eleggere il rettore.

28/01/2009
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la Repubblica

di Ilaria Venturi

La prima mail di reazione è arrivata in poche ore: «Sono indignata. Ci trattano come se fossimo l´ultima ruota del carro». E´ di Lucia Maini, ricercatrice a Chimica. Uno sfogo a caldo, ma condiviso. I ricercatori dell´Alma Mater sono sul piede di guerra dopo che non hanno ottenuto il voto per eleggere il rettore. E non è solo per quello: «Non possiamo votare nemmeno per il preside della nostra Facoltà, nei consigli non possiamo essere più di un quarto dei professori, per non rompere i loro equilibri, quando va bene possiamo partecipare tutti, ma solo per ascoltare. Non abbiamo voce. Anche se, invece di fare solo ricerca, teniamo corsi e facciamo lezione come i docenti», la sintesi del malessere.
I ricercatori più anziani possono già andare alle urne per scegliere il rettore, ma i più giovani, che hanno preso servizio da meno di tre anni (tecnicamente «non confermati»), rimangono fuori dai seggi. E non sono pochi: 474. Rimasti senza diritto di voto, dopo che l´ultimo tentativo, sostenuto dallo stesso rettore, ma anche da docenti e presidi come Bruna Zani e Giliberto Capano, è naufragato. Di qui il documento di fuoco, inviato ieri a tutti i ricercatori dai loro rappresentanti negli organi accademici, Loris Giorgini, Daniele Bigi e Alessandra Locatelli. E l´annuncio di nuove battaglie: una raccolta di firme, un´assemblea di Ateneo. «Ha vinto l´università vecchia, l´immobilismo», tuona Giorgini. Nel documento, inviato ieri via mail, i tre rappresentanti scrivono: «La presenza massiccia dei ricercatori nei consigli di Facoltà, così come per l´elezione del rettore, viene vista con timore. Si preferisce non considerare e non dare piena dignità ai circa 1300 ricercatori che ogni giorno contribuiscono a mantenere alta la qualità della ricerca e della didattica nel nostro Ateneo.

Siamo più di un terzo del corpo docente, circa 1300, ma negli organi di governo, troppo autoreferenziali, abbiamo un peso modesto. Facciamoci sentire». Lucia Maini, che dovrebbe fare solo ricerca ma fa anche 110 ore di lezione, «e pure con passione», scrive: «Hanno più peso i vecchi professori fuori ruolo di noi». «La nostra condizione è quella di professori di serie b: nessuno di noi si è tirato indietro nelle Facoltà quando c´è stato bisogno di fare i corsi, ora chiediamo rappresentanza per tutti», dice Paolo Tinti ricercatore a Italianistica. «Il nostro malessere è più grande, va oltre questa esclusione dal voto per il rettore», sintetizza gli umori Federico Condello, ricercatore a Filologia classica. «E´ che non siamo riconosciuti». «Contrasteremo questa tendenza alla conservazione», promette Daniele Bigi ricordando che in altri Atenei come Padova, il politecnico di Milano, Venezia i ricercatori votano in Facoltà. Solidali nella battaglia, inutile dirlo, i precari, ancora più invisibili dei senza voce.


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