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Repubblica-Bologna-Più stranieri, meno docenti

Nelle scuole della città sono cresciuti di quasi 1500 unità allo scorso anno. Cancellato il sostegno alle Zappa Più stranieri, meno docenti Boom di iscritti ma nessuno insegna loro l'...

22/09/2004
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la Repubblica

Nelle scuole della città sono cresciuti di quasi 1500 unità allo scorso anno. Cancellato il sostegno alle Zappa
Più stranieri, meno docenti
Boom di iscritti ma nessuno insegna loro l'italiano
Incremento di studenti immigrati del 30% alle superiori e del 25% alle materne ma calano gli organici per l'integrazione
ILARIA VENTURI


CRESCONO gli alunni stranieri tra i banchi delle scuole bolognesi: quasi 1500 in più rispetto allo scorso anno. E non ci sono più docenti "fuori cattedra" per insegnare l'italiano ai figli degli immigrati. L'ultimo, il professor Baldi, è stato "trasferito" quest'anno tra le proteste della scuola media Zappa e dell'istituto comprensivo 15 dove il 22 per cento dei bambini è cinese, albanese, filippino, rumeno. Anche alle scuole De Amicis sono state dimezzate le ore per l'alfabetizzazione. Da una parte il boom. Gli alunni stranieri sono passati da 7.422 a 8.905, con punte alle superiori (più 30 per cento) e alle materne (più 25 per cento) e la quota maggiore alle elementari (3.359 alunni). Dall'altra il calo degli organici che mette in crisi le scuole sul fronte dell'integrazione. "L'unico progetto che aveva resistito negli anni era quello alle medie Zappa. Spero di trovare il modo per ripristinarlo, non ho ancora rinunciato all'idea", interviene il direttore del centro servizi amministrativi Paolo Marcheselli. "Negli altri casi, dove ci sono difficoltà le scuole possono presentare dei progetti, in questo modo possiamo trovare dei finanziamenti ad hoc, è l'unica strada, capisco il problema, ci stiamo attrezzando anche con un cd rom sull'integrazione che presto distribuiremo nelle scuole".
Di insegnanti, dunque, manco a parlarne. I tagli della Finanziaria sulla scuola colpiscono gli alunni più in difficoltà. Le scuole si arrangiano come possono, pagando con i fondi di istituti gli straordinari ai loro docenti. Oppure ci sono gli operatori del servizio immigrazione del Comune che corrono di istituto in istituto. C'è il laboratorio di intercultura Cd Lei che sostiene la formazione degli insegnanti. "Se un bambino arriva durante l'anno a volte passano anche dieci giorni prima che riusciamo a organizzare un sostegno adeguato sulla lingua italiana", spiega Roberta Pizzoli, dirigente dell'Istituto comprensivo 10. Alle medie dell'istituto, le scuole Besta, si fa anche la formazione per gli adulti e per gli adolescenti immigrati che devono recuperare la licenza media. "Noi offriamo pacchetti di 20 ore di alfabetizzazione svolti dai nostri insegnanti, ma non solo. Stiamo preparando un protocollo di accoglienza per aiutare sempre di più questi ragazzi e le loro famiglie ad inserirsi", spiega la preside. "A volte mi viene da proporre il modello anglosassone che offre agli stranieri scuole di transizione per l'apprendimento della lingua; solo successivamente i ragazzi vengono inseriti nelle classi. Ma capisco che parlarne qui è un tabù, la paura è che si arrivi a classi ghetto mentre non è questo che ho in mente. Mi rendo conto che anche nel fare della buona accoglienza possiamo essere prevenuti". "Senza i docenti che si occupano di alfabetizzazione la situazione diventa veramente difficile", commenta Marilisa Ursino, referente della commissione intercultura della scuola Zappa. "Da noi il 20 per cento dei bambini è straniero, l'etnia prevalente è quella marocchina", dice Pietro Bertacchi, dirigente dell'istituto comprensivo Lame. "Tra operatrici del Comune e progetti riusciamo ad offrire loro un aiuto, il problema è che arrivano anche a scuola iniziata e ogni volta devi ricominciare". Non c'è solo il problema della mancanza di docenti che insegnano la lingua italiana. C'è anche quello del disorientamento di questi ragazzi, che arrivano in tutti i mesi dell'anno. Il primo giorno di scuola, alle elementari Giordani un bambino Moldavo si è presentato pensando che la sua classe fosse nella stessa scuola dove aveva frequentato i primi corsi di alfabetizzazione, organizzati prima ancora dell'inizio delle lezioni. Non era così, doveva andare alle Don Bosco, scuola dello stesso istituto comprensivo. I docenti ci hanno messo alcune ore a capire la situazione del bambino, che si esprimeva solo a gesti. E che cercava il suo banco, ma non aveva le parole per dirlo.
SEGUE A PAGINA V


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