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Repubblica/Bologna: Più precari e peggio pagati Strada in salita per i neo-dottori

Il convegno di AlmaLaurea presenta il rapporto sull´occupazione: ecco i dati bolognesi

03/03/2007
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la Repubblica

A un anno dalla laurea solo 56 su cento hanno già un posto

Scende anche il valore del primo stipendio Solo dopo cinque anni le cose vanno meglio
Chi esce dal nostro ateneo trova lavoro più facilmente della media ma solo 1 su 3 è stabile

MICHELE SMARGIASSI

San Precario abita qui. I neolaureati dell´Università di Bologna trovano lavoro più facilmente di quelli del resto d´Italia, ma è un lavoro più instabile. Per chi ritiene che la mobilità sia un segno di modernità, il nono Rapporto sulla condizione occupazionale dei laureati italiani pubblicato ieri da Alma Laurea (consorzio a base bolognese a cui aderiscono 49 atenei), presentato stamani a un convegno in Santa Lucia alla presenza dei ministri Mussi e Damiano, assegna alla nostra città un marchio d´avanguardia. Un po´ meno convinti saranno i laureati medesimi (8707 quelli che hanno risposto all´indagine), per i quali l´aumento dell´instabilità s´accompagna a una diminuzione dello stipendio reale.
Guardando alla metà piena del bicchiere, i neodottori bolognesi possono godersi la loro posizione di favore nell´ingresso al mercato del lavoro. Se a livello nazionale dopo un anno dalla laurea ha un lavoro il 53,6 per cento, a Bologna chi ha un diploma datato 2005 era già occupato al 56,5% nell´ottobre 2006. E un altro 23 per cento non cerca ancora lavoro perché si sta specializzando. Dunque i veri disoccupati post-laurea sono qui sono il 20 per cento, percentuale che sembra essersi stabilizzata. Il sistema produttivo bolognese ed emiliano insomma sembra essere un po´ più bisognoso di personale altamente qualificato di quello nazionale. Ma il vantaggio non è del tutto rassicurante, visto che la tendenza al ribasso è stabile e assolutamente in linea con quella nazionale: negli ultimi cinque anni la probabilità che un neolaureato bolognese trovi un lavoro nel giro di un anno è calata del 7,5 per cento.
In più, scavando meglio si scopre che la qualità di quei primi contratti di lavoro non è esaltante: appena un terzo esatto degli occupati (33%) ha un lavoro stabile (ma il dato comprende anche il lavoro autonomo, e si sa che la partita Iva spesso copre una precarietà anche più precaria dei co.co.co), con un calo di 4 punti in due anni, mentre cresce specularmente il lavoro precario (tempo determinato e collaborazioni), dal 48% dei neolaureati 2002 al 56% dei neolaureati 2005. E c´è perfino una quota non trascurabile (4,5%) di lavoro nero. Lo stipendio risente della precarizzazione: se i neolaureati 2003 trovavano nella prima busta paga 1004 euro, quelli targati 2005 ne trovano 1025, che scontando l´inflazione fa un impoverimento reale dell´1,2 per cento.
C´è da dire che le cose si mettono rapidamente meglio col passare del tempo. La virtù dei fedeli di san Precario è la pazienza, e a tre anni dalla laurea già il 56 per cento ha trovato un lavoro stabile, quota che sale al 70 per cento dopo cinque anni (ma anche questa scalata va più lenta del passato). Sul piano generale, dopo tre anni dalla laurea ha un lavoro purchessia il 79 per cento dei neo-dottori, mentre dopo cinque anni siamo all´88 per cento «e considerando un altro 5,3 per cento che è ancora nel percorso di specializzazione», spiega Andrea Cammalli, il direttore di Alma Laurea, «possiamo tranquillamente parlare di piena occupazione» per gli "sfornati" dell´ateneo bolognese e più in generale da quelli della regione: chi si è laureato in Emilia Romagna nel 2001, ad esempio, nell´89,7% dei casi ha già un lavoro, e un altro 6,8 per cento non lo cerca perché sta ancora studiando.
Per la prima volta, invece, finiscono sotto osservazione i «laureati brevi», i primi prodotti delle «lauree di primo livello» previste dalla riforma universitaria del 2005. Il loro percorso sembra più faticoso: ha trovato un lavoro meno della metà (48%); ma anche più fruttuoso: il 42% dichiara di avere un lavoro stabile. Ma i dati sono ancora inquinati dalla fase di transizione tra vecchio e nuovo ordinamento (sono ancora molte le "retromarce" di iscritti alle vecchie lauree che passano alle triennali per chiudere in fratta il loro percorso di studio) e dalla confusa situazione di chi prosegue dopo la laurea triennale con una specializzazione: il 17% degli occupati, ad esempio, ha accettato un lavoro, probabilmente dequalificato, mentre continua a studiare. Del resto, la prima busta paga dei mini-laureati è addirittura più ricca di quella dei fratelli maggiori: 1039, con alcune impennate significative, ad esempio tra gli economisti (anche oltre i 1300 euro).


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