Repubblica/Bologna: L'Università renda note le valutazioni sui professori
Gianfranco Pasquino
SONO iniziate le lezioni all´università di Bologna. Sembrerebbe il momento opportuno per recuperare il senso dello scambio, poi diplomatizzato, di opinioni piuttosto divergenti fra l´ex-rettore, Fabio Alberto Roversi Monaco, e l´attuale rettore Pier Ugo Calzolari. Entrambi debbono essere, come si dice in linguaggio giudiziario, persone informate dei fatti. Secondo il primo, ci sono professori che non fanno il loro dovere, anche all´Università di Bologna. Invece, il rettore in carica è molto fiducioso sull´espletamento dei doveri accademici da parte dei suoi colleghi professori. Non dispongo, naturalmente, di prove circostanziate su quello che fanno e non fanno i miei (suscettibili) colleghi, se quelle raccolte con il metodo, noto ai sociologi, dell´osservazione partecipante. D´altronde, tranne alcuni basilari compiti è difficile dire fino a dove si estendano i "doveri" dei docenti universitari. Penso, però, che qualche riflessione in materia sia molto utile e qualche suggerimento relativo alle modalità di verifica e di valutazione dell´adempimento dei doveri possa risultare opportuno e, eccezionalmente, fecondo.
E´ ovvio che il professore ha statutariamente almeno quattro doveri didattici principali: fare tutte le lezioni del suo corso negli orari previsti; tenere e rispettare un adeguato orario di ricevimento per gli studenti; svolgere gli esami nelle date fissate per le sessioni degli appelli; "dare" un numero decente di tesi e seguirne la elaborazione; e un dovere amministrativo: partecipare all´attività dei diversi consigli, di Dipartimento, di Indirizzo, di Facoltà ed altri, ad esempio, al Senato accademico, se ha acquisito le cariche necessarie.
Qualcuno potrebbe sostenere che i professori hanno un altro importante dovere da osservare: fare ricerca, poiché la ricerca produce aggiornamento culturale e migliora la qualità dell´insegnamento. Chi non fa ricerca finisce rapidamente per cadere in modalità e contenuti di insegnamento ripetitivi e superati. A questo punto, chi concorda con questo elementare elenco di doveri, può legittimamente chiedersi se non siano, non soltanto possibili, ma anche auspicabili verifiche e valutazioni di quanto avviene nella realtà.
Da qualche tempo, alla fine di ciascun corso agli studenti dell´Università di Bologna viene data la possibilità di valutare corso e insegnante con questionari rigorosamente anonimi. Alcuni dati sono inoppugnabili perché quantitativi: quelli relativi alle lezioni fatte personalmente dal docente, da altri o addirittura non fatte, e con quale puntualità nonché quelli concernenti il numero di lezioni frequentante dallo studente rispondente e l´andamento della presenza in aula degli studenti. Altri sono dati qualitativi che consentono allo studente di esprimersi relativamente alla coerenza del corso con il programma e con i testi d´esame e soprattutto a valutare l´interesse del corso e le capacità del docente. Fin qui tutto bene, o quasi. Infatti, vorrei sapere, ad esempio, chi sono quei tre o quattro studenti che alla fine del corso che avevo tenuto personalmente senza "saltare" nessuna lezione, hanno risposto che il docente aveva tenuto il 95 per cento delle lezioni! Dopodiché, però, i risultati accuratamente tabulati, con i commenti liberi degli studenti vengono comunicati al docente, in forma del tutto riservata. In nessuno dei vari consigli si discute di quanto emerso dai questionari, della qualità della didattica e delle valutazioni degli studenti.
Contrariamente a quanto avviene nelle università americane (ricordo che a Bologna c´è un programma di Master in Relazioni Internazionali della Johns Hopkins e un programma di scienze politiche del Dickinson College), le valutazioni non sono messe a disposizione degli studenti che subentrano e che potranno anche regolarsi in base a quei dati se scegliere o no un certo corso e un certo professore. I dati aggregati, per Facoltà o per tutto l´Ateneo, potrebbero servire anche a stabilire chi fra Roversi Monaco e Calzolari si avvicina di più alla realtà effettuale. Solo una postilla per la ricerca che, naturalmente, ha caratteristiche molto diverse da facoltà a facoltà e dagli studi umanistici agli studi scientifici. Tuttavia, la pubblicizzazione dei dati raccolti dall´apposito Nucleo di Valutazione, accompagnati da adeguate istruzioni di lettura e, eventualmente, come è già perfettamente possibile fare, da comparazioni nazionali e internazionali, direbbe molto (e molto meglio delle spesso bizzarre pagelle del Censis basate su non si sa che cosa) sulla qualità della ricerca nell´Università di Bologna e su quanti docenti sono anche davvero dei ricercatori, e quanto bravi.
GIANFRANCO PASQUINO