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Repubblica-Bari-Noi, quelli della notte bianca contro il sonno della Moratti

IL RACCONTO La nostra notte per dire no alla Moratti LELLO PARISE All'1,10 di notte ...

14/10/2005
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la Repubblica

IL RACCONTO
La nostra notte per dire no alla Moratti
LELLO PARISE


All'1,10 di notte il segaligno Francesco Aversa suona al citofono di casa Conenna. "Prendo la prof e l'accompagno a fare lezione". Venti minuti più tardi la docente, per metà assonnata e per metà infreddolita, è dietro la cattedra dell'aula B, al piano terra della facoltà di Lingue: sfoglia, e spiega, i testi della canzone d'autore da Brassens a De Andrè, che considerava come il suo maestro lo chansonnier francese destinato a godere pressappoco della stessa popolarità dei Beatles in Inghilterra.
Benvenuti alla Notte Bianca, dove gli studenti non strepitano, ma ascoltano, i professori non girano la testa dall'altra parte e guadagnano velocemente l'uscita, ma insegnano all'ombra del buio pesto...
Dove i dottorandi che pure avrebbero voglia di disperarsi e d'imprecare perché Letizia Brichetto Arnaboldi Moratti, milanese di buona famiglia e ministro dell'Istruzione, Università e Ricerca scientifica, non offre nessuna garanzia ai giovani talenti, chiacchierano amabilmente. "Se il magnifico rettore Giovanni Girone riuscirà a tornare da Roma entro la mezzanotte, ha promesso di fare una capatina da queste parti". E infatti alle 21.45 il magnifico varca la soglia della facoltà per restare qualche ora con i ragazzi. Eleonora Lorusso, Italianistica, ha gli occhi spiritati quando sibila: "Dopo questa giornata di mobilitazione lo capirà, la Moratti, di avere presentato un disegno di legge che riordina le docenze in maniera sbagliata? Ho i miei dubbi". Angela D'Ottavio, Semiotica, allarga le braccia: "Ci preoccupa in particolare, la chiusura al dialogo di questa imprenditrice prestata alla politica".
Dunque, eccoli i "nessun dorma": riuniti al numero 6 di via Garruba - l'indirizzo di Lingue a Bari - "perché l'università sia un'istituzione pubblica aperta a tutti". Anche di notte, appunto. Con tanto di autorizzazione accademica da parte del preside, Bruno Pompili. "Sì, Pompili ci appoggia" sorride, orgogliosa, Giulia Ricci. Con Aversa, Davide D'Ambrosio e Claudia Corriero, tira su il comitato dei "magnifici quattro" che organizza la notte bianca per distribuire spicchi di sapere ad ore insolite e, in questo modo, arrabbiarsi con la compassata Moratti senza essere additati come "ignobili" o "pericolosi per la democrazia".
È una forma di protesta insolita quasi quanto la fascia oraria: nei panni della falange macedone ci sono centinaia di ragazzi che studiano, poi c'è il plotone dei ricercatori travolto dal buco nero di un ministero che terrorizza perfino la Ragioneria dello Stato, e c'è un drappello di prof che impugna l'arma della conoscenza per gridare, garbatamente, cose del tipo "l'università non è morta, può funzionare molto di più e molto meglio di adesso purché sia lasciata libera". A parlare è il professor Pierfranco Moliterni che alle dieci e mezzo intrattiene il gentile pubblico con una dissertazione sulla società e sul teatro inglesi del Settecento e che alla fine, trasuda entusiasmo: "Potremmo riprovarci".
Tutto era cominciato alle nove della sera col professor Cavalluzzi - "Pasolini: dalla letteratura al cinema" - , poi la coppia Trulli-Moliterni e allo scoccare della mezzanotte il professor Scamardì che descrive l'immagine di Londra nel Settecento tedesco. Quando il Tg1 della notte era finito da un bel pezzo e in televisione andavano in onda il "Che tempo fa" seguito dalle estrazioni del lotto, la prof Conenna evocava il cantautore genovese De Andrè. L'audience non s'impenna - né, francamente, potrebbe andare diversamente - mentre alle tre del mattino il professor Bruno ragiona a proposito di leggi elettorali così come la "Visione del lusso contemporaneo" raccontata dalla professoressa Calefato, s'appanna perché sono ormai le quattro e mezza. Alle sei di venerdì ad un'altra professoressa, la Pasculli Ferrara, tocca il compito di fare scendere il sipario sulla notte bianca: "Storia dell'arte in Italia e in Europa".
Dieci ore faticose, che galleggiano sulle onde della simpatia, della curiosità, della voglia di "lanciare un forte messaggio politico" dice un Aversa "stanco, ma felice". E affamato, un po' come tutti quanti gli altri partecipanti a questo raduno che dondola fra l'happening e il seminario. "Con i soldi raccolti nella "cassa sociale" abbiamo racimolato 45 euro per comprare generi di prima necessità: acqua, taralli, biscotti... Cinque euro da solo li ha messi il professor Bruno, cui va il nostro ringraziamento. No, non circolano né bevande alcoliche né spinelli. Non volevamo mica fare baldoria. Piuttosto era importante scrostarci di dosso l'ignoranza di chi pensa all'università come ad uno spaccato della società ben diverso da quello che immaginano certi ministri".
L'alba si materializza all'improvviso davanti ad occhi pesti di sonno. Una voce si leva dalla selva di jeans appiccicati alle cosce dall'umido del primo mattino: "Ragazzi, non abbiamo speso tutto. C'è rimasto qualche spicciolo e potremmo andare a farci i cornetti". Un coro, unanime, si alza verso il cielo: "Sì, è il premio resistenza. In fondo, ce lo meritiamo".


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