Repubblica-Bari-Mediatori culturali e siti web ecco la scuola multietnica
caso di Aisha, l'italiana che da sposata s'è convertita Viaggio nelle paure e nelle speranze della comunità barese Mediatori culturali e siti web ecco la scuola multietnica L'I...
caso di Aisha, l'italiana che da sposata s'è convertita
Viaggio nelle paure e nelle speranze della comunità barese
Mediatori culturali e siti web ecco la scuola multietnica
L'Islam della porta accanto: il caso della Mazzini
CRISTINA ZAGARIA
"Ciao, mi chiamo Chafic, questo è il paese in cui sono nato: il Marocco. Questa è la strada dove giocavo, c'è la mia casa, il negozio delle spezie, il negozio dei tappeti, l'hammam che voi conoscete come bagno turco, la nostra moschea". A Bari c'è una città virtuale di bambini under 12 che si incontra in Internet, sul sito della scuola elementare "Mazzini". Sono bambini musulmani, cattolici, ortodossi, ebrei, testimoni di Geova. Sono bambini del mondo. L'indirizzo è www. scuolamazzini-bari. it. Basta collegarsi, cercare il villaggio virtuale di "Ethnictown" e si trovano le storie di piccoli alunni cinesi, albanesi, marocchini, iracheni, storie come quella di Chafic, che racconta il suo Marocco e cerca di spiegare ai coetanei cos'è una moschea, cosa significa pregare in ginocchio sulle mattonelle colorate e quali sono i cinque pilastri del Corano. On line i bambini scrivono, si raccontano, si confrontano. Un dialogo a distanza guidato dalla scuola. Insomma, per arrivare al villaggio virtuale e al forum inter-religioso a misura di bambino, il percorso è stato lungo. "Su 840 alunni tra materna ed elementare, nella mia scuola ci sono 65 bambini stranieri, di questi una ventina sono musulmani e certo non ci siamo mai scandalizzati per una mamma con il velo. Ne abbiamo viste tante a capo coperto: mamme, baby-sitter, sorelle maggiori. La nostra è una scuola di frontiera" dice la dirigente scolastica, Giuseppina Boccasile.
E dopo il caso di Aisha, barese e musulmana, mamma col velo di un bambino di prima elementare delle scuola "Garibaldi" nel quartiere Libertà, il viaggio nella scuola multietnica barese comincia proprio dalla "Mazzini", la scuola elementare barese dove è più forte la presenza di stranieri. Nelle altre scuole elementari della città i bambini non italiani e, soprattutto, non cattolici sono una percentuale così piccola da non costituire né un problema né uno stimolo. Alla scuola "San Filippo Neri", in via Salandra, "gli alunni sono tutti cattolici - dice il dirigente scolastico Raffaele Decollanz - Ne abbiamo solo quattro, forse cinque, che hanno scelto di non seguire l'ora di religione. Ma sono davvero una minoranza". E così il compito di spiegare ai bambini le "altre religioni", più che agli insegnanti di religione è affidata ai maestri di italiano e storia. "I bambini che non sono cattolici non frequentano l'ora di religione - dice Angela Di Palma, dirigente scolastica della scuola "Perrone", in via Brigata Regina - sarebbe inutile parlare a degli assenti, perciò ho affidato alle insegnati di italiano il compito di parlare ai bambini delle diverse culture religiose". Stesse percentuali e scelte simili nelle altre scuole, come il 26esimo circolo "Monte San Michele, in via Alcide de De Gasperi, dove su 750 alunni solo un bambino non segue l'ora di religione o alla "Bonghi", in via Lucca, dove su 600 alunni, solo due non sono cattolici.
Parlano i numeri. Ecco perché, alla scuola "Garibaldi", Aisha che accompagna il bambino a scuola con il velo sulla testa e lo zainetto in spalla, ha creato scompiglio ed ecco perché, invece, in una scuola come la "Mazzini", dove la presenza straniera è forte, esiste un giornalino multietnico e un gruppo di mediatori culturali, che affiancano gli insegnanti tradizionali. "Anche noi all'inizio abbiamo fatto i nostri errori - spiega la Boccassile - avevamo cominciato un percorso per conoscere l'"altro", ma non bastava, perché i bambini di etnia e soprattutto di religione diverse da quella italiana-cattolica rimanevano distanti, quasi un fenomeno da studiare. Abbiamo capito i nostri limiti, ci siamo rimboccati le maniche e abbiamo cambiato strada".
Oggi alla "Mazzini" ogni mattina, quando si entra in classe, ci sono trenta minuti dedicati al dialogo. "Sono minuti dedicati al bambino, alle sue esigenze, le sue paure, le sue domande - dice la dirigente - e sempre di più queste domande vertono sull'Islam, la guerra, il terrorismo". Trenta minuti di confronto senza rete per lavorare "contro i pregiudizi". E ad aiutare i docenti, in questa scuola nel cuore del murattiano, ci sono persone come Mimosa Uruci, mamma, albanese, musulmana e mediatrice culturale. "Vivo a Bari da nove anni. Ho tre bambini. I primi due sono arrivati qui che erano ancora in fasce, il terzo è nato in Italia - racconta la signora Uruci - ricordo ancora la paura, l'impatto con la città, il terrore per una lingua sconosciuta. Ora voglio aiutare la gente del mio popolo". Mimosa Uruci a Durazzo era insegnate, qui a Bari è diventata, grazie a un corso di formazione della Regione e a uno stage alla scuola Mazzini, mediatrice culturale. Una differenza tra l'Italia e l'Albania è proprio il rapporto tra scuola e religione: "In Albania esistono tre religioni, il 70 per cento degli albanesi è di religione musulmane, il restante trenta sono cattolici e ortodossi, ma la scuola è laica". I figli di Uruci, però, in Italia non hanno chiesto l'esonero dall'ora di religione. "Io e mio marito siamo musulmani, ma credo che i mie i figli, se da un lato devono coltivare e custodire la lingua albanese, le nostre tradizioni e il nostro spirito, devono anche convivere con la società italiana. E né io né mio marito possiamo scegliere per loro. Così ora seguono l'ora di religione e festeggiano il Natale, proprio come i loro coetanei, quando saranno grandi sceglieranno da soli se seguire Dio o Allah".
Le storie di integrazione alla "Mazzini" sono tante. "I bambini sono addirittura più bravi di noi adulti - ride la signora Uruci - Ormai per loro l'approccio inter culturale è naturale. Hanno un giornalino che si chiama Alltogethernow. E se arriva un compagno straniero in classe sono bravissimi a scaricare da Internet i vocabolarietti albanese-italiano o iracheno-italiano, per comunicare con i nuovi arrivati". E così è nata anche la città virtuale dei piccoli alunni della "Mazzini", in cui il suk marocchino è vicino a un villaggio cinese. "Per i bambini stranieri è importante trovare in classe un mediatore culturale - dice la Boccasile - : una persona che parla la loro lingua, che capisce le loro abitudini. Ma non mi piace creare delle classi ghetto e così i bambini stessi diventano mediatori culturali". E così sul sito Internet e sulle pagine del giornalino della scuola multietnica sono i bambini i protagonisti dell'integrazione, bambini come Chafic, che parla ai suoi compagni di una terra lontana come il Marocco, con i disegni, i colori e le favole del suo Paese. "Nella religione musulmana il matrimonio non é un sacramento - spiega Chacif, disegnando e mettendo on line due sposi in costume tipico marocchino - non si celebra nella moschea, è il sacerdote che va a casa. Durante la cerimonia la sposa non può farsi vedere dallo sposo né dagli altri uomini: viene sostituita dal padre o da un parente. Terminata la cerimonia iniziano i festeggiamenti, separati tra uomini e donne. Prima del matrimonio alla donna dipingono il dito mignolo con l'henné. Fino al 1950 gli sposi non si conoscevano, tutto era organizzato dalle famiglie; oggi, invece, con l'influenza occidentale, i giovani si incontrano e si conoscono prima. L'uomo può sposare fino a quattro donne contemporaneamente, può separarsi e sposare un'altra donna. La separazione avviene da parte dell'uomo che ripete, per tre volte, la frase: "Tu sei separata"". E il sito diventa anche un diario di bordo, con domande e risposte degli alunni stessi. "Non è un lavoro facile - conclude la Boccassile - E i problemi sono tanti e sempre diversi, ma abbiamo imparato a non perderci d'animo e credo che i risultati si possano vedere. Nella nostra scuola un alunno musulmano non diventerà mai un caso, anzi diventa l'autore di un "blog"".