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Repubblica-Bari-La scuola e la sfida del futuro il sapere non può essere privato

La scuola e la sfida del futuro il sapere non può essere privato Confronto al liceo Scacchi sui problemi degli insegnanti costretti con pochi mezzi a formare le classi dirigenti: in...

18/10/2003
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la Repubblica

La scuola e la sfida del futuro il sapere non può essere privato
Confronto al liceo Scacchi sui problemi degli insegnanti costretti con pochi mezzi a formare le classi dirigenti: in Italia la tendenza all'appiattimento
GIUSEPPE SOLFATO


La scuola, quella pubblica in particolare, sta attraversando una fase cruciale. Attorno ai problemi, sollevati e taciuti, non si può fare a meno di riflettere sull'ardire di un manipolo di docenti che, pur se sottoposti a incessanti mortificazioni da una classe politica ottusa e ignara delle problematiche dell'istruzione, continua a battersi per una scuola di significati.
Ad onor del vero, da altre parti in Europa non è che si stia molto meglio. È quanto è emerso dalla relazione tenuta del professor Teodor Sander, ordinario di Sociologia a Osnabrucke, al liceo Scacchi di Bari. Infatti in Germania, all'indomani dell'unificazione, il sistema scolastico della parte orientale è stato spazzato via nel giro di una notte. Rimossi i presidi, i docenti hanno dovuto assumere mentalità, usi, vizi e didattica del sistema occidentale imposto come unico modello valido. La professione docente, già di per sé svalutata da modelli sociali e comportamentali sempre più identificati con la cosiddetta civiltà (?) dei consumi, ha ulteriormente perso in credibilità. Sander ha inoltre riferito statistiche che individuano in circa un terzo degli studenti universitari coloro che mancano dei saperi minimi; insomma, ignorano tutto di storia, geografia, matematica.
Come ricostruire le cause di tanto degrado è materia complessa. Il professore insiste nell'indicare una forte e consolidata tradizione del privato solo in Gran Bretagna e in second'ordine in Francia e Italia. In Germania il fenomeno è pressocché irrilevante. Dunque, non resta che percorrere la strada assai tortuosa delle riforme. Con felice similitudine, la docente di filosofia, Rosina Basso, segnalava che la scuola va sempre riformata "come la Chiesa". Ma il nodo centrale, quello che aiuta a capire anche la storia del percorso compiuto dalla scuola in Europa dal dopoguerra ad oggi, come ha sintetizzato la professoressa Occhiogrosso, resta: quale scuola? Scuola dei saperi e dunque delle competenze o scuola che privilegi lo sviluppo della personalità del discente secondo l'indicazione prevalente degli ultimi decenni? A nostro avviso, tutto ciò pone l'accento sulle due polarità dell'espressione "scuola ": il docente e il discente. Qualsiasi tipo di riforma deve partire e ritornare a questo dato di base. Si può intendere la scuola come un "noi" e un "loro " dove "noi" sono i docenti e "loro " i discenti. Due entità dello stesso concetto che restano divisi da uno steccato. Noi passiamo il nostro sapere a loro. È la vecchia concezione della scuola ottocentesca e autoritaria che resiste ancora oggi con buona pace di tutti i riformatori. Si può - e si deve - intendere la scuola come un "noi" che comprende docenti e discenti. Quando sarà chiaro che siamo tutti dalla stessa parte dello steccato, il nostro punto di vista su cos'è scuola e cosa farne sarà conseguente. Convincersi che depositari di un sapere non sono solo i prof ma anche gli studenti, sarà il primo passo in questa direzione.


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