Repubblica-Bari-La rabbia dei ricercatori "Ora vogliamo il posto"
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Pagina II - Bari
Cresce il malcontento dei giovani insegnanti in attesa di un intervento finanziario
La rabbia dei ricercatori "Ora vogliamo il posto"
Domani assemblea per evitare la paralisi
Professori e dottorandi hanno un unico obiettivo: impedire che il mondo dello studio si blocchi
Non bastano i 20 milioni di euro per assumere in deroga al blocco: ne servirebbero almeno 180
MICAELA ABBINANTE
L'appuntamento è per domani, alle 16 in punto. Nell'orto botanico del Politecnico di Bari, per scongiurare il rischio di paralisi della ricerca. Professori associati, ordinari, ricercatori e dottorandi avranno un unico obiettivo: impedire che il mondo dello studio accademico, a Bari come in tutte le altre città italiane, si dissolva di fronte ai cavilli burocratici. Quelli della riforma del sistema universitario, delle Finanziarie 2003 e 2004 (hanno stabilito il blocco delle assunzioni nella pubblica amministrazione) e quelli del provvedimento approvato dalla Corte dei Conti e firmato dal Presidente della Repubblica lo scorso 25 agosto. Il dpr prevede che saranno stanziati 20 milioni di euro per tutte le Università per assumere in deroga al blocco mentre, assicurano le associazioni, "per regolarizzare tutte le assunzioni ne servirebbero 180". In base a quale criterio, poi, dovrebbero essere distribuiti i fondi nessuno lo ha stabilito. A rischio, in queste ore, è soprattutto la posizione dei ricercatori, di fatto disoccupati: solo a Bari in 39 hanno regolarmente vinto un concorso ma, ad oggi, non hanno ancora preso servizio. Le loro storie hanno in comune anni di studio, viaggi all'estero, sacrifici e speranze. Antonella (il nome è di fantasia) si è laureata nel 1987. Il suo sogno nel cassetto era sempre stato quello di fare la ricercatrice: un dottorato, anni di studio all'estero e tanta gavetta. Qualche impiego da libero professionista e un concorso vinto all'inizio dell'anno: ora lavora all'interno del sistema universitario, "grazie a contratti a termine", ma si chiede perché le viene negato un diritto che si è conquistata con la fatica. Come lei, Marta (la chiameremo così) che, a pochi mesi dal concorso vinto dopo la specializzazione, il dottorato e un viaggio-studio all'estero, oggi rivendica un posto che le spetta. "Il blocco delle assunzioni ci penalizza sotto molti punti di vista - spiega - pone innanzitutto un freno alla nostra carriera accademica poiché la nostra posizione viene riconfermata solo dopo tre anni di ricerca. Questo determina dei ritardi dal punto di vista anche pensionistico". E non solo. "Le difficoltà legate alle possibilità di intraprendere la carriera accademica spinge molti giovani a spendere le proprie intelligenze all'estero": ne è convinto Giuseppe Ferrara, 33enne vincitore di concorso per ricercatore in Arboricoltura a dicembre 2003. Giuseppe si è laureato nel 1995, ha vinto un dottorato in chimica agraria, ha studiato negli Stati Uniti e poi ha lavorato per anni con contratti annuali. L'anno scorso si è sposato, racconta di studiare da sempre per passione e amore della scienza, ma oggi pretende, per sé e per il mondo della ricerca, "sicurezza e concretezza". "Le istituzioni non garantiscono stabilità al mondo dello studio - aggiunge Annamaria Sebastiani, 27enne dottoranda - tagliando i fondi non fanno che incentivare la fuga di cervelli". Una soluzione, nell'immediato, in realtà ci sarebbe. Stefano Bronzioni, docente in attesa di avanzamento di carriera, ricorda che nel 2001 "i rettori di tutte le università italiane si dimisero contestando la riduzione degli investimenti nel settore della ricerca, oggi lo devono fare per garantire i diritti dei ricercatori vincitori di concorso, dei docenti idonei già chiamati dalle Facoltà e del personale tecnico-amministrativo, e ancor più degli stessi studenti e delle loro famiglie".
Per Bronzini, inoltre, il rettore Girone deve ammettere che il blocco delle assunzioni nasce da un problema di soldi e non solo da un'esigenza di "contenimento della spesa pubblica": tutti i concorsi, nonostante non ci siano i fondi per procedere con l'assegnazione dei ruoli, continuano a essere espletati regolarmente. "Siamo al paradosso", dice Maya Calamita, tra i fondatori dell'Adi, la neonata associazione dei dottorandi. "Il mondo della ricerca è bistrattato - continua Maya - chiediamo tutela e annunciamo un autunno bollente. L'8 novembre ci riuniremo per eleggere i dirigenti dell'Adi: in quell'occasione presenteremo la nostra piattaforma di rivendicazione e faremo sentire ancora una volta la nostra voce". Sono passati solo pochi mesi, in effetti, da quando le piazze italiane hanno accolto il "no" alla riforma dello statuto giuridico dei professori. "E come allora nessuna delle categorie dell'Università è soddisfatta delle risposte che abbiamo ottenuto dalle istituzioni, anche se in molti hanno protestato al nostro fianco", aggiunge Domenico Viola, ricercatore e consigliere di amministrazione. Ieri Domenico Viola ha viaggiato in pullman da Bari verso Roma: insieme con una delegazione di consiglieri di amministrazione e senatori accademici ha partecipato all'incontro annuale organizzato dal Crui (Conferenza dei rettori delle università italiane) sullo stato delle università. "Questa battaglia possiamo vincerla solo con il sostegno degli organi di governo dell'Università".