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Repubblica/Bari: Investire nell´istruzione per rilanciare il Sud

L´ammodernamento di impianti e macchinari lo fanno le imprese, ma è lo Stato che invece deve puntare sul capitale fisso sociale

16/03/2007
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la Repubblica

GIOVANNI ANCONA
Il ministro dell´Economia Tommaso Padoa-Schioppa, il presidente del Consiglio Romano Prodi ed io apparteniamo ad una generazione doppiamente fortunata, che ha avuto tempi d´attesa spesso brevissimi prima di trovare collocazione professionale e che inoltre ha avuto il privilegio, oggi negato ai più, di poter scegliere tra alternative differenti. Padoa Schioppa ha esplicitamente e pubblicamente riconosciuto d´aver fatto parte di quella generazione che lui stesso ha definito «eccezionalmente fortunata, forse la più fortunata del secolo passato», come disse parlando ai giovani bocconiani il non lontano 28 ottobre 2005 quando non era ancora il nostro ministro dell´Economia.
Anche Romano Prodi, nel libro scritto insieme alla moglie Flavia, riconosce d´aver goduto del medesimo privilegio, un privilegio che all´inizio degli anni Sessanta fu diffuso, perché il Paese, in quegli anni, era caratterizzato da sviluppo accelerato, molto più accelerato di quel 2 per cento annuo che oggi i più giudicano pienamente soddisfacente.
Il bonus fiscale, del quale da qualche tempo si parla, è un possibile effetto della migliorata situazione economica generale: ed è stato infatti uno dei temi, insieme ad altre cose, affrontati dal ministro Padoa-Schioppa, ieri a Bari ospite di un incontro promosso dalla Confindustria.
Il bonus fiscale del quale da qualche tempo si parla, ove esso sia realizzato e comunque lo si realizzi, contribuirà a mantenere spedito il passo dell´economia poiché rappresenta una misura di sostegno della domanda aggregata e degli investimenti.
Tuttavia, sebbene il bonus fiscale possa esser giudicato "cosa buona e giusta", credo non dovremmo accontentarci di così poco.
La disoccupazione, in particolare nella Puglia e nel Mezzogiorno, è troppo alta: i giovani meridionali non scelgono più la loro occupazione, ma devono nella grande maggioranza dei casi limitarsi a raccogliere quel che capita; i livelli del precariato sono stabilmente crescenti; i migliori sono spesso costretti ad allontanarsi e le migrazioni interne (che per noi sono sinonimo di emigrazione) sono riapparse. Solo il calo demografico ed il sistema sella solidarietà familiare rendono apparentemente non drammatica la situazione che si registra nel mercato del lavoro delle regioni meridionali.
Il punto è che dovremmo riprendere a correre, così come si correva quando la generazione del ministro Padoa-Schioppa, di Romano Prodi e mia si affacciava nel mercato del lavoro e per farlo dovremmo anche incominciare a guardare molto più lontano del breve-medio periodo.
Per correre occorrono buone gambe e, in materia di sviluppo, le buone gambe sono gli investimenti, anche in istruzione, e la ricerca. Gli investimenti in impianti e macchinari li fanno le imprese, ma è lo Stato che governa l´investimento in capitale fisso sociale: lo stato delle infrastrutture è sotto gli occhi di tutti ed il divario di dotazione infrastrutturale tra Nord e Sud va colmato, non allargato ulteriormente.
Quanto all´investimento in istruzione, esso dipende solo in piccola misura dalla decisioni delle famiglie, poiché in larga misura esso è condizionato dalla struttura dell´offerta di servizi formativi e quindi dalla mano pubblica, cioè dall´entità delle risorse e della attenzione che lo Stato riserva alla scuola.
Infine la ricerca: essa è sicuramente compito non delegabile in maniera esclusiva alle grandi imprese, che in Italia sono molto poche: come il ministro ben sa, in tutto il mondo tutta la ricerca pura si svolge nelle università ed in centri pubblici di ricerca, che spesso contribuiscono anche a sviluppare la ricerca applicata.
Con l´agenda di Lisbona ci eravamo impegnati a raggiungere uno sforzo di ricerca pari al 3% del Pil entro il 2010. Siamo a poco più dell´ 1% e molti giudicherebbero un buon risultato riuscire ad arrivare semplicemente al 2%. Anche questo obiettivo, apparentemente semplice, è difficilissimo da raggiungere poiché, nonostante il ridimensionamento delle ambizioni, occorrerebbe che gli stanziamenti per la ricerca crescessero al ritmo del 13% l´anno (oltre il 25% per mantenere l´impegno sottoscritto a Lisbona).
Quel che occorre è semplice: è strettamente necessario che le prossime finanziarie siano finanziarie per i giovani, cioè finanziarie di sviluppo e crescita, di sviluppo vero, con qualche professore non precario in più e con tanta, tanta ricerca, ricerca fatta dai giovani che sono quelli dotati di maggiore energia e maggiore creatività e con un occhio al Sud, che nella spesa per la ricerca è fortemente penalizzata.
Nel frattempo è anche opportuno che i costi della politica cessino di aumentare, così come hanno documentato, da sinistra, Salvi e Villone.


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