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LE IDEE
Gli studenti che crescono nella scuola che resiste
Dietro i liceali impegnati a Bari nel confronto sulla filosofia ci sono insegnanti bravi che hanno dimostrato come sia possibile fare bene anche con poco
Se la scuola è ancora una maestra per la vita
Ragazzi preparati e l'esempio dello "Scacchi"
STEFANO COSTANTINI
Può succedere, anzi è successo, di ritrovarsi per caso in mezzo a tanti studenti e scoprire con grande piacere quanto siano bravi, quanto siano distanti dai pregiudizi che spesso agitano il mondo degli adulti. A vederli possono sembrare usciti da una qualunque trasmissione televisiva, vestiti alla moda e con i segni di riconoscimento propri della loro età. Ma a sentirli parlare no, si capisce che la tv, questi, la guarderanno pure, ma con distacco e spirito critico. Ragazzi di 17-18 anni che disquisiscono agevolmente di filosofia davanti a un pubblico di coetanei attenti e competenti, che usano il computer e hanno confidenza con manuali e bibliografie. Citano Hobbes e Bobbio, e pure Jovanotti.
A me è capitato tutto questo giovedì pomeriggio, essendo finito, appunto per caso, in una giuria che doveva giudicare una decina di lavori che altrettante scuole del centro sud avevano realizzato nell'ambito di un forum di filosofia riservato alla scuole. Si tratta di una specie di girone a eliminazione che consente solo - purtroppo - ai due migliori lavori di accedere alle finali nazionali, che si svolgeranno prossimamente a Faenza. In giuria c'era un vero esperto, il professor Mauro Digiandomenico, ordinario di filosofia a Bari e un altro giornalista, Onofrio Pagone capocronista della Gazzetta del Mezzogiorno. E a essere sorpresi non sono stati soltanto i due giornalisti, come del resto poteva essere prevedibile, ma anche il professore universitario, certo più abituato a trovarsi di fronte dei ragazzi di quanto non lo siano due cronisti che vivono chiusi in redazione.
È stato proprio il professor Digiandomenico alla fine che ha fatto pubblici complimenti agli studenti e ha invitato alcuni di loro a iscriversi alla facoltà di filosofia, dove - ha detto il docente - certo non avrebbero sfigurato nel confronto con i loro colleghi universitari.
Per la cronaca, il concorso lo ha vinto la "squadra" di casa, i ragazzi del liceo scientifico Scacchi, ex aequo con uno scientifico di Reggio Calabria. Degno di nota anche il lavoro di una scuola di Priverno, Latina, come pure ottima è stata la prova di quasi tutti i gruppi.
Diciamo la verità, temevamo di trovarci di fronte a impacciati ragazzini che mandano a memoria il lavoretto confezionato da zelanti professori e invece abbiamo visto filosofi in erbe impegnati sul tema dato. E sì, perché il lavoro aveva un argomento uguale per tutti. E che tema! Dovevano affrontare la questione della giustizia mondiale ai tempi della globalizzazione. Insomma, non un'esercitazione teorica, uno sfoggio di nozionismo, ma l'applicazione di un metodo, quello filosofico appunto, alla realtà del nostro mondo: hanno discusso di Iraq, di tirannia, di guerra preventiva, di Onu.
Hanno parlato senza imbarazzi del mondo dei grandi. Ingenui nelle soluzioni proposte, se vogliamo; troppo ottimisti nel pensare che il dialogo sia la ricetta per ogni conflitto, d'accordo. La maggioranza ha però individuato le questioni di fondo, primo fra tutti la fragilità degli organismi sovranazionali: nell'Onu tutti i Paesi sono rappresentati, ma nel Consiglio di sicurezza solo pochi decidono. Quindi chi è l'arbitro delle controversie? Si può stabilire la democrazia con la forza? Ecco, questo ed altro si sono chiesti i ragazzi.
Ed è stato un piacere aver avuto l'occasione di immergersi in questa realtà. Perché è vero che la media degli studenti italiani è forse un'altra. È ovvio, qui si sono dati appuntamento i migliori talenti di ciascuna scuola. E non nascondiamoci neppure che i licei rimangono l'élite del nostro sistema d'istruzione. Ma resta comunque la soddisfazione di sapere che questi giovani esistono. E che dietro questi giovani ci sono degli insegnanti bravi, sugli occhi dei quali ieri si leggeva la gioia di aver partecipato a un progetto che nessuna riforma della scuola, la peggiore che si possa immaginare, può impedirti di realizzare. Certe cose i docenti le fanno perché le sentono, perché sono convinti di fare la propria parte nella società.
Passa da qui il riscatto della scuola, degli insegnanti bravi che fanno la differenza. Ma aggiungerei che è la rivincita di una scuola pubblica dove è così dimostrato che è possibile fare bene anche con poco, con ciò che resta.