In Piemonte ci sono 160 bambini che a settembre potrebbero non avere un posto all’asilo. Meglio, se vorranno frequentare la scuola materna dovranno per forza di cose farlo in un istituto paritario, ché non hanno altra scelta visto che nel pubblico i posti sono tutti occupati (o non ci sono proprio) e resta disponibile solo il «privato».
Non c’è solo Bibiana, insomma. Ci sono altre sei realtà che, come in Val Pellice, stanno facendo i conti con le bizzarrie della Regione. La quale lo scorso anno - governava ancora la giunta Cota - ha stabilito che se un comune vuole aprire una nuova sezione in una scuola materna deve prima chiedere un parere all’istituto paritario, se ce n’è uno presente sul territorio.
I veti dei «privati»
Così è accaduto a Bibiana, dove l’amministrazione avrebbe voluto aprire una nuova scuola materna, costata un milione e mezzo, ma è stata bloccata dal veto del parroco e dell’asilo paritario già esistente. E i 29 bambini che s’erano già iscritti? O vanno nella scuola «privata» o restano a casa. E così succede a Villanova Canavese, Torino, Venaria, Novara, Bagnolo Piemonte, San Damiano d’Asti. Anche qui la scuola paritaria ha detto «no», bloccando quella pubblica. E, in totale, i bambini per ora senza un posto sono appunto 160. Restano poi altri due casi, appesi al filo della trattativa tra la Regione e la Fism, la federazione delle scuole materne cattoliche. All’orizzonte, infine, c’è un’altra potenziale valanga di guai: i pareri chiesti sono in tutto 37.
A Bibiana e Villanova Canavese c’è di più. Un autogol degno di Tafazzi: la Regione prima ha finanziato parte della costruzione della nuova scuola e ora ne impedisce l’apertura. «Secondo la delibera dell’anno scorso il parere della Fism è vincolante», spiega l’assessore all’Istruzione della giunta Chiamparino, Gianna Pentenero. «Se la Fism si dice contraria non possiamo che prenderne atto. Proprio per questo nei prossimi giorni avremo una serie di incontri per trovare spazi di mediazione. Non ne faccio una questione ideologica - si figuri, sono cattolica - ma qui c’è un problema che riguarda il servizio che offriamo a bambini e famiglie». Si proverà a trattare, quindi.
Il sistema
Per la Fism la vicenda di Bibiana serve soprattutto a riportare l’attenzione su un aspetto che le paritarie cattoliche considerano centrale. «Le nostre scuole, con le scuole statali e comunali, costituiscono il sistema pubblico dell’istruzione - afferma Luigi Vico, presidente provinciale della Federazione -, il nostro obiettivo è essere là con un buon servizio dove i bambini hanno effettivamente bisogno. Quando la Regione deve fare l’istruttoria per decidere se concedere le nuove sezioni di scuola dell’infanzia statale richieste, interroga lo Stato, i comuni e anche le paritarie sul numero dei posti e degli iscritti. A Bibiana il parroco ha spiegato di avere 55 iscritti e 85 posti e a queste condizioni di dover chiudere una sezione. La Regione così ha gli elementi per decidere, fa una valutazione “di sistema”».
Caso emblematico
Vico aggiunge che «in realtà, dove le nascite sono in crescita, come nel caso di Leinì, nessun problema è stato sollevato dalla Fism. Ma dove ci sono scuole vuote, perché aprirne altre?». Per il presidente, un caso emblematico è quello di via Thures a Torino. «Perché aprire una nuova sezione statale, quando - osserva - nella nostra vicinissima materna di via Val Lagarina ci sono 40 posti vuoti?». All’obiezione che potrebbe essere la qualità della scuola, insieme al costo, a spingere le famiglie verso la statale, Vico risponde rifacendosi alla storia: «Le nostre scuole sono nate nel 1840, sono istituzioni popolari che funzionano bene e che hanno sempre applicato tariffe basse, andando incontro a ogni necessità. Basti dire che a Bibiana, lo scorso anno, il parroco ha esonerato dal pagamento della retta dieci famiglie su ottanta. I posti nelle nostre scuole costano 500 euro al mese contro i 6.000 della scuola statale, rappresentano un grande risparmio di risorse. Si potrebbero attivare più convenzioni e liberare risorse statali da dirottare sulle superiori per evitare le classi da 40 studenti».
Palazzo Lascaris si muove
Il Consiglio regionale - che non è più lo stesso che votò la delibera all’origine del caso - si sta muovendo per cercare di trovare una via d’uscita. Il capogruppo di Sel Marco Grimaldi e il consigliere del Pd Andrea Appiano hanno promosso un ordine del giorno che verrà depositato oggi con le firme di 13 consiglieri di tutti i gruppi di maggioranza: Pd, Sel, Moderati, Scelta Civica. Si chiede alla giunta di trovare l’escamotage perché un parere negativo delle scuole paritarie non si trasformi automaticamente nell’impossibilità di aprire strutture e sezioni statali, garantendo comunque il coordinamento tra istituti pubblici e privati. E, per il futuro, si invocano nuovi atti d’indirizzo e criteri per programmare e definire il piano regionale delle autonomie scolastiche e programmare l’offerta formativa. Anche il Movimento 5 Stelle chiede un’immediata inversione di marcia: «Occorre intervenire con decisione su una normativa che, di fatto, ha introdotto privilegi dal vago sapore feudale».
Tra gli esperti di normativa scolastica, poi, c’è anche chi ritiene che il parere delle paritarie non sia affatto vincolante e che qualche comune potrebbe impugnare le decisioni prese su quella scorta.