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Piemonte: Sì ai test antialcol per maestri e prof La scuola in rivolta
I presidi : “Non possiamo permetterci la spesa”
17/01/2013
La Stampa
MARIA TERESA MARTINENGO
Quando hanno letta la delibera regionale 21-4814 del 22 ottobre scorso, i presidi non ci volevano credere. Con tutti i tagli, i guai, i problemi, la povertà propria e quella sempre più manifesta di una parte dell’utenza a cui eventualmente assicurare supporto, la normativa regionale che in fatto di assunzione di alcolici e relativi controlli equipara gli insegnanti ai piloti d’aereo, ai conducenti di treno e metrò, ai responsabili di impianti nucleari, agli addetti alle fabbriche di fuochi d’artificio e ai chirurghi, è apparsa subito «fuori dalla realtà». Eppure è concreta, nero su bianco, in attesa di applicazione, dai nidi alle università.
I soldi che non ci sono «Le norme parlano di personale docente e non. Un salasso, un’incombenza che le scuole non possono permettersi», dice Gianni Oliva, preside dei licei classici Cavour e D’Azeglio, tra i primi ad indignarsi. «Io chiedo che se i controlli devono essere fatti, allora siano anche coperti con risorse. Se un insegnante dà segni di essere alcolista - prosegue Oliva - da sempre esiste la possibilità di richiedere la visita medico collegiale per destinarlo ad altra attività, il test non serve. Questo mi pare un modo per confondere la sostanza con l’apparenza. La qualità dell’insegnamento, il fatto che la scuola funzioni non la misuri con il test alcolimetrico, ma con la manutenzione degli edifici, per esempio.».
La reazione
Gianni La Rosa, preside del Liceo artistico e musicale Passoni ha fatto i conti. E li ha inviati all’Ufficio Scolastico Regionale e alla Regione medesima: «Ho calcolato che per pagare il “medico competente”, i test in istituto e poi le eventuali analisi del sangue, sui tre anni - perché la “sorveglianza sanitaria” è prevista in un arco temporale triennale - mi occorrerebbero dodicimila euro: quattromila ogni annualità per controllare un terzo dei lavoratori ogni volta. Io ho fatto richiesta di finanziamento alla Regione, dal momento che questa faccenda è una interpretazione locale di un’intesa Stato-Regioni». Il dirigente La Rosa, come la maggior parte dei colleghi, della sorveglianza sull’abuso di alcol con i docenti non ne ha ancora parlato. «Mi pare un po’ ridicolo...».
Il discredito e l’utilità La professoressa Cristina Bracchi del liceo scientifico Gobetti non si stupisce più di tanto: «Che si pensi di andare a vedere quanto bevono gli insegnanti è in linea con il discredito che da anni piove sulla categoria. È una richiesta “fuori centro”, la scuola meriterebbe ben altre attenzioni. Noi avremmo bisogno di formazione, di poter dimostrare cosa facciamo. Questa dell’alcol è una falsa questione». Per la preside del Gobetti, Lucia Iannuzzi , «piuttosto ci si dovrebbe occupare della Tbc che sta tornando nelle scuole, si dovrebbe riflettere sull’abolizione del certificato per il rientro dopo un’assenza. In questo senso non si tutela la salute. Sull’alcol, se il problema c’è lo si rileva e si interviene. Le scuole non hanno fondi, quei pochi sarebbe bello dedicarli agli studenti».
La scuola di base
Se per le superiori i test alcolimetrici sono un problema irrisolvibile, nella scuola di base, mediamente sul lastrico, appaiono come «una cosa spaventosa», dice Lorenza Patriarca, coordinatrice dei dirigenti Uil. «Poi, perché dovrei sottoporre a test una maestra che non beve neanche birra? Se la salute è fondamentale, allora torniamo alla schermografia e al test di Wasserman all’Ufficio d’Igiene. A carico del Servizio Sanitario, come una volta».