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Nuova Sardegna-La scuola che non spinge a leggere

La scuola che non spinge a leggere Dall'aspetto grigio dei libri al concetto di obbligo privo di piacere VINCENZO MANGIONE ...

26/03/2005
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Nuova Sardegna

La scuola che non spinge a leggere
Dall'aspetto grigio dei libri al concetto di obbligo privo di piacere
VINCENZO MANGIONE


Daniel Pennac nel suo "Come un romanzo" fa notare che esistono alcuni verbi che malsopportano l'imperativo. Ad esempio: "amare","sognare".
Esistono altri verbi "studiare" e "leggere" che rientrano con pieno diritto in questa categoria.
L'amore per una persona, per la lettura, o per lo studio, è sempre egualmente amore. E segue le stesse identiche regole.
Proviamo ora ad immaginare questa scena. Esterno. Pomeriggio. Su una panchina di un parco si trovano seduti un ragazzo ed una ragazza. "Amami!" dice lui. È forse credibile? Possiamo forse imporre un sentimento? Certo che no.
Bisogna invece creare le "condizioni per amarsi". Il ragazzo metterà in atto una serie di azioni e comportamenti affinché la ragazza decida spontaneamente di amarlo.
Lo studio o la lettura richiedono lo stesso meccanismo: stimolare lo studente a leggere quel romanzo, quella poesia. Nelle scuole, i più grandi capolavori della letteratura vengono sottoposti alla tortura più atroce: l'obbligo della lettura. Opere come l'Eneide, l'Odissea, la Divina Commedia, i Promessi Sposi vengono infilate nel tritacarne dei commenti e delle versioni in prosa di studenti che li trasformano in filastrocche degne di una recita di Natale nella scuola materna: "eifusiccomeimmobiledatoilmortalsospirostettelaspogliaimmemoreorbaditantospiro".
Proviamo - invece - a chiedere allo studente di capire cosa volesse dire il Manzoni con quelle parole. O cosa dicono loro quelle parole.
Ovvio che per fare questo, c'è bisogno di un'educazione all'amore per il sapere.
"Interrogato sulla poesia". Un vero ossimoro! Così si uccide la poesia.
C'è poi un altro neo: l'aspetto dei libri. Se entro in una libreria, girando fra gli scaffali, verrò attratto dalle copertine o dal titolo di qualche volume. Ed ecco che ancora si ripresenta un parallelo con l'amore tra due persone: se vedo una bella ragazza, rimarrò attratto dall'aspetto fisico prima di sapere se è intelligente, simpatica, oca, svampita...
Ecco allora un'altra domanda: pensate alla copertina o al titolo di un libro di testo scolastico. Provate a ricordare qualche titolo? "Lezioni di...", "Manuale di....".
E le copertine? Non si va oltre il grigio, marron, e talvolta bianco con al centro il titolo. Volete un esempio: un classico della letteratura destinato alla libreria avrà una veste grafica accattivante, lo stesso libro in versione "scolastica", invece, avrà una copertina spartana, austera, triste. La prima regola è che lo studente non deve divertirsi.
Vi siete mai chiesti come mai nessun libro di testo entra nelle classifiche di vendita? Eppure con tanti studenti che li acquistano, dovrebbero balzare in cima a tali classifiche. Perché? Semplicissimo. Quei libri sono ideati col solo ed unico scopo di essere studiati (non letti) dallo studente. "Molti libri sono stati scritti non tanto perché leggendoli venga trasmesso il sapere dell'autore, bensì per far sapere quanto grande fosse il sapere dell'autore". Ora sto esagerando direte voi? Questa frase non è mia bensì di un certo Wolfgang Johannes Goethe.
Un libro regala sempre la patente di fantasia al lettore. Leggendo, immagina quella scena, integra la descrizione di quel paesaggio, dei lineamenti di quel personaggio, con particolari differenti per ogni lettore.
E le copertine grigie, i titoli glaciali, asettici e distanti servono come "agenti di polizia" per sequestrare agli studenti questa patente di fantasia
Se gli insegnanti fossero animati dalla passione per la materia, parlerebbero con trasporto e con fervore scatenando interesse negli studenti. Le lezioni sarebbero coinvolgenti e quell'ora (sia composta da 60 o 45 minuti) volerebbe. E qui il cane si morde la coda.
A questo punto non posso che concludere con un'altra frase di Wolfgang Johannes Goethe: "Tutto quello che so, non l'ho imparato a scuola."


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