Non solo il governo sbaglia sulla scuola
Una proposta sulla scuola per la giunta De Magistris
Franco Buccino
L’assessore D’Angelo ci ha invitato a non criticare soltanto ma a partecipare al rinnovamento della città, e l’assessore Palmieri, parlando dei problemi della nostra scuola, ha elogiato la collega regionale Miraglia, di opposta parte politica, per una posizione coraggiosa e autonoma assunta sul diritto allo studio. Sono segnali importanti, da non sottovalutare, della voglia di cambiare che anima la nuova giunta cittadina. Continuiamo pure, come richiede una naturale dialettica politica, a discutere sui presunti conflitti di D’Angelo, sulle troppe poltrone della Miraglia o sul suo immobilismo, sulla “mediocrità” della giunta De Magistris, ma non dimentichiamo la sua apertura al contributo di tutti e alla partecipazione dei cittadini nei processi decisionali. Occorre accettare la sfida ed elaborare proposte.
La scuola merita un’uscita allo scoperto. Per due motivi: uno fin troppo noto riguarda il suo stato pietoso per i tagli di offerta formativa e di personale, e per le politiche disastrose del governo sull’istruzione; l’altro poco sottolineato riguarda tutto quello che possono fare, e non hanno fatto, per la scuola gli enti locali e il governo regionale. Soprattutto in tempi così difficili.
Cominciamo dalle classi “pollaio”, evocate recentemente dalla Palmieri, che è meglio chiamare, a scanso di equivoci, classi sovraffollate. Il fenomeno è conseguenza di discutibili scelte governative per ridurre le spese, e da noi è ancora più aggravato dalla furbizia con cui in numerose scuole si tengono in piedi, già dalle prime, tante mini-classi, di dodici, dieci, sette alunni, contribuendo a far scoppiare classi altrove. In tal modo l’organico provinciale, già striminzito per i tagli, viene distribuito pure in modo iniquo, perché esso è rapportato al numero delle classi e non degli alunni. Da una parte c’è abbondanza, dall’altra miseria. Rendere le classi omogenee è un gran lavoro a cui possono metter mano le scuole, gli organi collegiali, gli enti locali, cioè comuni e province.
Questa operazione è preliminare al piano di dimensionamento, al quale ci obbliga la recente manovra finanziaria. Essa prevede che la scuola dell’obbligo sia formata da soli istituti comprensivi, cioè con scuola dell’infanzia, primaria e media. Mentre le scuole secondarie, investite dalla cosiddetta riforma, ancora in fase di assestamento, devono anch’esse adeguarsi ai nuovi parametri numerici, mille alunni. Ricominciare daccapo, in altre regioni dove già avevano fatto dimensionamenti seri, è un dramma; paradossalmente per la nostra regione è una grande opportunità.
I nostri piani di dimensionamento sono stati risibili, espressioni di piccoli interessi. C’è stato da noi l’intento esplicito di salvare e difendere l’esistente: anche scuole fantasma e plessi sottoutilizzati. Di correre ad accaparrarsi indirizzi senza tener conto dell’identità della scuola e delle condizioni strutturali. Come se non si sapesse da tempo che il numero di scuole, di sezioni, di classi, non fa lievitare di una unità l’organico provinciale.
Mettersi al lavoro, con spirito costruttivo e di partecipazione, per raggiungere l’obiettivo di avere scuole meglio dimensionate, classi omogenee, indirizzi distribuiti con criterio; utilizzare in modo più razionale gli edifici che ci sono e metterli a norma; allestire anche in forma consortile mense, trasporti ed altri servizi: sarebbe il modo più intelligente per rispondere ai tagli e alle ristrettezze in cui versa la scuola. Un’intesa tra Napoli e la Regione Campania potrebbe trascinare tutti i nostri comuni e i nostri territori.
Ma, sicuramente la giunta De Magistris non si accontenterà di modificare l’organizzazione delle scuole e i servizi connessi, vorrà entrare nel merito dell’efficacia dell’azione educativa e del successo formativo degli alunni, i suoi cittadini più giovani. Anche qui ci sono tante proposte da fare. Partendo sempre dal presupposto di una profonda sinergia di comune, provincia, regione.
Innanzitutto c’è l’importante partita dei progetti: progetti finanziati da fondi europei, da leggi nazionali e regionali, da fondazioni e organismi vari. I progetti in tempi di crisi sono come la manna nel deserto. Guai a sprecare e polverizzare le risorse. Affidiamo in esclusiva la gestione delle risorse alle scuole con gli unici vincoli del potenziamento delle attività esistenti e l’allargamento del tempo scuola. Ridiamo alle scuole parte di ciò che il governo centrale con miopia toglie. Attuiamo finalmente il principio che le risorse non sono per progetti aggiuntivi alle attività delle scuole, ma sono per enfatizzare la progettualità delle scuole nell’attività ordinaria.
Poi c’è l’integrazione tra scuole e attività culturali in capo agli enti locali: musei, biblioteche, teatri, mostre, grandi eventi. Pensiamo solo, come esempio, al Forum delle culture del 2013 e al ruolo che devono avere le scuole e gli studenti. E ancora, ci possono essere studenti che, arrivati a diciott’anni, non siano mai stati al San Carlo? Ciò che un ente locale fa per la promozione dei cittadini, lo fa soprattutto per i più giovani: ebbene dire i più giovani è dire scuole.
Infine le scuole sono il luogo nel quale le istituzioni, in primis il comune, si fanno conoscere dai ragazzi, in cui lanciano le loro campagne educative e tutti i loro messaggi di utilità sociale. Perfino il luogo in cui incontrare i cittadini nella loro veste di genitori. Non si dica per favore che tutte queste proposte, oltre gli interventi organizzativi, sono secondarie; né tantomeno che queste cose già si fanno. Le scuole napoletane e campane meritano un’attenzione continua e costante, meritano di essere servite e sostenute. Soprattutto in tempo di crisi.