Noi dirigenti scolastici dell'Emilia-Romagna pensiamo che...
Noi dirigenti scolastici dell'Emilia-Romagna pensiamo che. Dalla legge nazionale alla scuola "reale" L'approvazione della legge di delega per la riforma degli ordinamenti scolastici (Legge n. ...
Noi dirigenti scolastici dell'Emilia-Romagna pensiamo che.
Dalla legge nazionale alla scuola "reale"
L'approvazione della legge di delega per la riforma degli ordinamenti scolastici (Legge n. 53 del 28-3-2003) e la sua attuazione pongono delicati problemi di natura istituzionale, giuridica e pedagogica che devono essere oggetto di attenta valutazione da parte di tutti gli operatori della scuola ed in particolare dei dirigenti scolastici, per la responsabilità che essi hanno nell'assicurare il rispetto delle leggi dello Stato e nel farsi garanti della piena autonomia culturale, organizzativa e didattica riconosciuta alle istituzioni scolastiche.
La legge 53/2003 è un provvedimento "cornice", che si inserisce nel nuovo scenario costituzionale che assegna allo Stato la definizione delle "norme generali" e dei "livelli essenziali delle prestazioni" in materia di diritti civili e sociali e che invita le Regioni ad esercitare le "concorrenti" potestà legislative in materia di istruzione (Legge Cost. n. 3 del 18-10-2001).
Va poi ricordato che il DPR 275/1999 (Regolamento dell'autonomia) conferisce ampie competenze alle singole istituzioni scolastiche in materia di autonomia amministrativa, organizzativa e didattica, di ricerca e di sviluppo curricolare ed organizzativo. Si tratta di prerogative che trovano oggi una tutela di rango costituzionale (la riforma del Titolo V della Costituzione fa "salva" l'autonomia delle scuole) e che dovranno essere rispettate nei decreti legislativi da emanarsi in virtù delle deleghe contenute nella legge 53/2003.
Numerosi aspetti di rilevante interesse per la vita della scuola (in questo caso ci si riferisce alla scuola dell'infanzia e, soprattutto, elementare), come ad esempio la durata del tempo scuola, la pluralità e collegialità docente, le scelte curricolari, la continuità educativa, non trovano nel testo della legge una trattazione adeguata e lasciano ampi margini discrezionali al legislatore delegato. Si vuole quindi sottolineare la necessità che l'elaborazione dei provvedimenti attuativi veda un ampio coinvolgimento del mondo della scuola, l'ascolto delle migliori esperienze, l'attenzione sincera ai bisogni di valorizzazione della professionalità dei docenti.
Dagli "eventi" televisivi all'ascolto vero.
Un processo di riforma deve saper suscitare negli insegnanti interesse, motivazioni, disponibilità ad interrogarsi criticamente, desiderio di misurarsi con il nuovo e attitudine al miglioramento continuo. Al contrario, oggi nelle scuole vediamo prevalere sentimenti di preoccupazione, di incertezza, di rimozione dei problemi, quando non di sconcerto e risentimento per una percepita scarsa attenzione del legislatore alla storia recente della scuola primaria profondamente rinnovata in questi ultimi anni.
Occorre dunque ripristinare un dialogo non superficiale (non "giocato" sugli spot o sugli eventi "televisivi") tra i decisori politici, i responsabili amministrativi, gli esperti chiamati a rinnovare i curricoli di studio, e gli operatori scolastici impegnati a pensare, costruire, realizzare le innovazioni "possibili" (e non solo ad eseguirle).
Le migliori strategie di riforma, come ci insegnano i successi e gli insuccessi in Europa, richiedono un ampio coinvolgimento del personale della scuola, tempi distesi di attuazione, la possibilità di inserirsi creativamente nei processi, la condivisione delle scelte fondamentali. Non è un caso che in alcuni paesi siano stati previsti tempi assai lunghi, almeno un quadriennio, per avviare i programmi di innovazione dei piani di studio e dell'organizzazione scolastica, lasciando alle singole scuole decidere il "come" e il "quando". Occorre, dunque, mettere in guardia dalle soluzioni troppo affrettate, che non darebbero il minimo tempo alle scuole per l' allestimento delle strutture, la qualificazione degli ambienti, la formazione degli insegnanti, l'informazione ai genitori.
Gli spazi di autonomia di ogni scuola
L'autonomia prevede che le istituzioni scolastiche abbiano la facoltà di adottare le soluzioni che si ritengono più adeguate e più funzionali alla qualità del lavoro didattico, in particolare in materia di decisioni organizzative e didattiche, come quelle relative all'equipe docente della scuola elementare, alla gestione dei tempi scolastici, all'articolazione verticale dei curricoli e alle modalità di raccordo tra scuola dell' infanzia-elementare e media.
Il richiamo agli artt. 3 e 8 del D.P.R. n.275/1999 è essenziale per dare forza e valore alle scelte che il Collegio dei docenti vorrà adottare per una nuova elaborazione e interpretazione del Piano dell'offerta formativa in applicazione della Legge n. 53/2003.
Il comma uno dell'art. 3 esplicita chiaramente che "ogni Istituzione scolastica predispone, con la partecipazione di tutte le sue componenti, il Piano dell'offerta formativa. Il Piano è il documento fondamentale costitutivo dell'identità culturale e progettuale delle Istituzioni scolastiche ed esplicita la progettazione curricolare ed extracurricolare, educativa ed organizzativa che le singole scuole adottano nell'ambito della loro autonomia".
In particolare il comma tre rivolge una specifica attenzione alle proposte e ai pareri formulati da organismi e dalle associazioni di fatto dei genitori, che possono essere consultate per attuare tutte le forma di flessibilità previste dall'art. 4 comma due, lettera e) (ivi compresa l' aggregazione delle discipline un aree e ambiti disciplinari) e dell'art. 5 comma uno del Regolamento (in materia di libertà progettuale).
Libertà progettuale, vincoli e risorse
Emerge dalle norme sull'autonomia l'idea forte di una "comunità educante" che si interroga sull'identità culturale della propria scuola e propone un progetto formativo e organizzativo condiviso. Il richiamo all' art. 5 del Regolamento è doveroso perché aiuta a capire, non frettolosamente, il compito di ogni singola istituzione scolastica: "le istituzioni scolastiche. adottano, anche per quanto riguarda l'impiego dei docenti, ogni modalità organizzativa che sia espressione di libertà progettuale e sia coerente con gli obiettivi generali e specifici di ciascun tipo di indirizzo di studio, curando il sostegno ai processi innovativi e il miglioramento dell'offerta formativa".
Ogni singola Scuola è pienamente titolare di questa competenza e libertà progettuale, che deve essere confacente prima di tutto con il mandato costituzionale e con la Legge 53/2003 che, per quanto riguarda le finalità (art.1, comma tre, lettera a), ribadisce la stretta connessione e interdipendenza tra "riforma degli ordinamenti e degli interventi connessi" e "lo sviluppo e la valorizzazione dell'autonomia delle istituzioni scolastiche".
In altre parole non vi potrà essere, in un senso e nell'altro, limitazione alcuna dei principi dell'autonomia scolastica nella valutazione, interpretazione e applicazione dei nuovi ordinamenti, pur nel doveroso rispetto di quanto previsto dall'art 3, lettera b) della Legge 53/2003 a proposito di "valutazione del sistema di istruzione" attraverso "verifiche periodiche e sistematiche sulle conoscenze e abilità degli studenti e sulla qualità complessiva dell'offerta formativa delle istituzioni scolastiche e formative".
La Scuola dell'autonomia, infatti, vuole portare il suo originale contributo al potenziamento e allo sviluppo del sistema nazionale di istruzione e formazione, con esperienze e modelli organizzativi significativi, importanti, osservabili e pienamente trasferibili.
La ricerca di soluzioni "sostenibili" e condivisibili
La prospettiva dell'autonomia culturale dovrà riguardare ed entrare nel merito anche delle Indicazioni nazionali per i "Piani di studio personalizzati" nella Scuola primaria (ma anche della scuola dell'infanzia e della scuola secondaria di I° grado), laddove si introduce senza adeguate motivazioni un nuovo "lessico pedagogico", accompagnato da elementi di rigidità definiti come "Vincoli e risorse". Ad esempio, nella scuola primaria, ci si riferisce "all'equipe pedagogica che entra in contatto con gli allievi" e al ruolo del docente coordinatore di tale equipe, nonché alle funzioni di tutoring esercitate. Anche per questi aspetti, per altro introdotti senza un adeguato riferimento alla ricerca pedagogica, la responsabilità della scuola si rivela del tutto pertinente, nella legittima elaborazione di soluzioni operative differenziate.
Anche per quanto riguarda l'aggregazione delle discipline di studio in ambiti disciplinari e l'assegnazione di responsabilità di Laboratori ai docenti, il richiamo ai citati articoli 4, 5 e 8 del Regolamento dell' Autonomia (Dpr 275/99) sembra più che corretto e necessario, anche per validare ipotesi diverse di organizzazione delle attività laboratoriali e di connessione tra attività in classe (non necessariamente frontali) ed altre soluzioni organizzative (piccoli gruppi, compresenze, attività elettive, ecc).
Preoccupano, perciò, le limitazioni al Regolamento dell'Autonomia che sembrano essere state introdotte, in maniera peraltro equivoca, dall'art. 7 comma 1, lettera a) della Legge 53/2003 (".mediante uno o più regolamenti. nel rispetto dell'autonomia scolastica. si provvede all'individuazione del nucleo essenziale dei piani di studio scolastici per la quota nazionale relativamente agli obiettivi specifici di apprendimento, alle discipline e alle attività costituenti la quota nazionale dei piani di studio, agli orari, ai limiti di flessibilità interni all'organizzazione delle discipline"). Nasce l'imbarazzo che un'interpretazione inadeguata, se non errata della Legge 53/2003, con uno o più Regolamenti, voglia depotenziare, se non cancellare la legge 148/90 (ora nel Testo Unico del 1994), effetto normativo per nulla considerato o voluto dalla stessa Legge 53/2003.
In altre parole il Regolamento dell'Autonomia non è e non può essere considerato un mero contenitore di parole non utilizzabili; al contrario, ogni articolo andrà letto e ponderato con attenzione per la valenza culturale che conferisce alla singola Scuola sul piano della responsabilità istituzionale e di quella formativa dei ragazzi e delle ragazze.
Esempi concreti: pluralità docente, tutor e tempi scuola
Modalità diverse di organizzazione della didattica (dei tempi scolastici, delle scansioni curricolari, del team docente, dei gruppi di apprendimento) che siano rispettose dei quadri nazionali definiti a norma dell'art. 8 del Dpr 275/99 (Regolamento dell'autonomia) e delle "risorse" professionali necessarie ed attualmente disponibili, sono dunque da considerare pienamente legittime ed anzi, da sollecitare e auspicare per corrispondere alle istanze di autonomia di ricerca e di libertà progettuale riconosciute ad ogni istituzione scolastica.
Se, ad esempio, nella scuola elementare, si considera importante lo svolgimento di funzioni tutoriali nei confronti degli allievi (di accoglienza, accompagnamento, guida, orientamento, sostegno delle potenzialità, ecc.), le concrete modalità di svolgimento di tali compiti dovrebbero essere demandate alla ricerca dei collegi e dei team docenti (non escludendo che tali funzioni siano attribuite a ciascun docente dell'equipe pedagogica, per gruppi limitati di alunni). Se si considera utile una riduzione dell'eccessiva frammentazione degli orari e delle presenze dei docenti nelle prime classi, la concreta gestione di tale principio dovrà essere rispettosa delle diverse situazioni organizzative (classi parallele, classi a tempo pieno, piccoli plessi, ecc.), in modo da valorizzare effettive competenze degli insegnanti, senza ripristinare gerarchie e ruoli subalterni.
Lo stesso principio della pluralità docente, così come l'attuale configurazione del tempo scuola (che vede nella nostra regione la presenza di oltre il 40 % di classi a tempo pieno), l'esigenza di un migliore raccordo curricolare all'interno del "primo ciclo" sono elementi non intaccati dalla delega contenuta nella legge 53/2003 e non possono essere modificati in modo superficiale all'interno di documenti pedagogici che attendono ancora di essere portati all'attenzione delle scuole e degli operatori scolastici (per una loro ulteriore validazione professionale ed un'effettiva condivisione).
Occorre inoltre coordinare gli strumenti normativi di attuazione della legge 53/2003 con le norme regionali che potranno scaturire dalle competenze legislative concorrenti riconosciute ad ogni Regione (cfr. Legge Cost. n. 3/2001 di modifica del Titolo V della Costituzione). Nella nostra Regione, la presentazione del progetto di legge n. 4311 pubblicato sul Boll.Uff. Regione ER n. 231 del 25-3-2003 ("Norme per l'uguaglianza delle opportunità di accesso al sapere.") può offrire ulteriori spazi, risorse aggiuntive, indicazioni di merito utili per arricchire le condizioni operative per un' applicazione "incrementale" della riforma "nazionale" nelle scuole della nostra regione.
L'insieme di questi criteri (ampia autonomia, risorse aggiuntive, spazi di ricerca, pluralismo delle soluzioni) rappresentano le condizioni minime per un rilancio delle motivazioni degli operatori della scuola di fronte alle sfide educative di una società regionale che sta cambiando, ma che deve essere aiutata a riscoprire il valore dell'educazione e a precisare il mandato sociale che intende affidare alla "sua" scuola.
Il patrimonio di competenze e le "passioni" degli insegnanti elementari
In definitiva, si chiede che la scuola anche attraverso programmi di formazione in servizio, con le modalità della ricerca-azione, sia messa concretamente in grado di affrontare con consapevolezza le questioni culturali, pedagogiche ed organizzative poste all'attenzione del decisore legislativo:
una rivisitazione del concetto di alfabetizzazione "funzionale",
la costruzione di percorsi più attenti alle caratteristiche "personali" degli allievi,
una valutazione formativa (come potrebbe essere il portfolio) che"promuova" piuttosto che limitarsi a "certificare",
una più adeguata scelta delle metodologie (di gruppo, di laboratorio, multimediali, ecc.),
secondo l'impegno condiviso di elevare il profilo culturale e formativo di tutti i ragazzi che frequentano il ciclo di base.
Questo principio va salvaguardato di fronte a scelte legislative ed ordinamentali che non trovano la società civile sempre concorde, perché si inducono trasformazioni sociali e culturali non sempre chiare (si pensi alla questione dell'anticipo scolastico, alla scelta a 14 anni tra canali formativi assai diversi).
Occorre che i decisori politici ed amministrativi siano più disponibili ad ascoltare in profondità le sensibilità che si manifestano in queste settimane nella scuola dell'infanzia ed elementare, chiamate ancora una volta ad anticipare i tempi di una riforma, di cui non sono ancora evidenti il quadro d'insieme ed i valori di fondo. La storia di queste scuole, che godono di un'accertata credibilità presso i genitori e l'opinione pubblica, va dunque ascoltata e rispettata, e le nuove proposte devono necessariamente innestarsi su un patrimonio di competenze, passioni, disponibilità delle nostre "maestre" e "maestri" che sarebbe poco saggio deludere e disperdere, a maggior ragione, oggi, in cui tutti abbiamo sottoscritto e affermato impegni importanti a favore dell'autonomia della scuola e del riconoscimento del valore dei suoi operatori.
Bologna, 9 maggio 2003
Un gruppo di dirigenti scolastici
dell'Emilia-Romagna
(prime adesioni)
Anania Caterina, Direzione Didattica di Castelmaggiore (Bologna)
Toschi Giuseppe, Ist. Comprensivo Carchidio-Strocchi di Faenza (Ravenna)
Loiero Silvana, Direzione Didattica di San Lazzaro di Savena (Bologna)
Montanari Francesco, Direzione Didattica di Coriano (Rimini)
Pampolini Umberto, Direzione Didattica 1° circolo di Casalecchio di Reno (Bologna)
Biagini Vittorio, Ist. Comprensivo di Rastignano (Bologna)
Quintaba' Maria Luisa, Ist. Comprensivo n. 1 di Bologna
Summa Ivana, Irre Emilia-Romagna
Stellati Maria Antonietta, Ist. Comprensivo di Monticelli d'Ongina (Piacenza)
Ughetti Luigi, Ist. Comprensivo di Traversetolo (Parma)
Serio Nicola, Direzione Didattica 2° circolo di Cesena (Forlì-Cesena)
Cenci Patrizia, Direzione Didattica 1° circolo - Forli'
Lippi Giampietro, Direzione Didattica 2° circolo di Cesenatico (Forlì-Cesena)
Morara Novella, Ist. Comprensivo di Alfonsine (Ravenna)
Utili Donata, Ist. Comprensivo di Mezzano (Ravenna)
Samori' Claudio, Ist. Comprensivo di Brisighella (Ravenna)
Gaudenzi Giorgio, Direzione Didattica 2° circolo - Ravenna
Paganelli Ornella, Ist. Comprensivo di S. Pietro in Vincoli (Ravenna)
Tampelli Nevio, Direzione Didattica 3° circolo - Ravenna
Minarelli Mirtea, Ist. Comprensivo di Loiano (Bologna)
Francucci Alessandra, Direzione Didattica 10° circolo - Bologna
Simoni Sergio, Direzione Didattica di Fiorano M. (Modena)
Querze'Adriana, Direzione didattica di Nonantola (Modena)
Tinarelli Alfia, Ist. Comprensivo di S.Giorgio in Piano (Bologna)
Balducci Pierino, Direzione Didattica di Cattolica (Rimini)
Marani Mara, Ist. Comprensivo di Bellaria (Rimini)
Pastorini Lidia, Direzione Didattica 5° circolo - Piacenza
Binelli Gian Paolo, Direzione Didattica 2° circolo - Piacenza
Ulteriori adesioni possono essere inviate al gruppo promotore tramite i
seguenti indirizzi di posta elettronica: mamigiu@libero.it;
summiva@libero.it