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Messaggero Veneto-Non ci stiamo alla mercificazione"

"Non ci stiamo alla mercificazione" Un giovane critica la scuola-azienda C'è chi scende in piazza a protestare contro la scuola - azienda, il 'buonismo' del governo verso le private, le amarez...

01/12/2001
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MessaggeroVeneto

"Non ci stiamo alla mercificazione"
Un giovane critica la scuola-azienda

C'è chi scende in piazza a protestare contro la scuola - azienda, il 'buonismo' del governo verso le private, le amarezze del paniere avaro della finanziaria 2002 e chi impugna le armi della critica a tavolino. Gli studenti di Pordenone hanno frecce di vario calibro nella faretra del dissenso. Per esempio Dario Mucignat, della classe quinta A indirizzo informatico dell'Iti Kennedy di Pordenone, impugna la forza delle idee contro quella che definisce la serpeggiante "mercificazione dello studente medio". Ci ha scritto in redazione raccontandoci il suo punto di vista, opposto alle dinamiche della filosofia aziendale ma aperto ad un confronto che speriamo di attivare su queste pagine. Aspettiamo i contributi dal resto del mondo della scuola e della società. Ecco il Dario - pensiero, capace di mettere a nudo alcune problematiche del rapporto tra scuola e azienda, nella coscienza di un'esperienza di classe misurata con gli strumenti della critica aperta e franca.
***
"Caro 'Messaggero', ho partecipato con la mia classe a un convegno sul tema I giovani e l'industria, pensando si trattasse di un approfondimento in prospettiva dei probabili sbocchi lavorativi post-diploma, oppure sulle offerte occupazionali delle aziende del nostro territorio. Ho assistito, invece, a una serie di interventi da parte di industriali e di esperti in economia che hanno toccato molte problematiche quali la globalizzazione, l'occupazione, la situazione degli immigrati nella realtà locale: argomenti davvero interessanti, se non fosse per il modo in cui sono stati affrontati. A partire dalla vera ossessione per statistiche anziché contenuti veri e propri manifestati dalla coordinatrice degli interventi, Chiara Mio. La tesi dominante emersa dalle relazioni è stata che la scuola deve preparare professionalmente lo studente (avrei allora scelto un istituto professionale e non tecnico se avessi voluto questo, detto per inciso!) tralasciando quella che si definisce formazione dell'individuo. In effetti, la realtà è questa: l'industria chiede un determinato prodotto e quello deve essere preconfezionato, anche dall'istruzione. Noi studenti saremmo, in pratica, una merce da manipolare a seconda del momento e della domanda di mercato. Io, invece, ritengo che la scuola debba offrire le basi culturali e critiche, il metodo, gli strumenti perché lo studente di oggi possa, domani, imparare una professione ed essere soprattutto consapevole di ciò che desidera fare. La conferenza a cui ho partecipato con i compagni della 5a A, insomma, è stata un'offesa per tutti gli studenti perché sono stati scambiati per automi privi di intelligenza e incapaci di opporsi a coloro che, secondo la logica comune, hanno il potere (economico, politico). Purtroppo, noi studenti sappiamo che un giorno non troppo lontano dovremo confrontarci con il mondo del lavoro e, l'esperienza della conferenza, ci ha già fatto capire come saremo considerati nelle aziende che ci assumeranno. La realtà è dura, questa volta però la scuola ha svolto il suo compito: prova ne siano queste righe che sono capace di scrivere. Perché significa che noi giovani siamo consapevoli, coscienti delle situazioni: i nostri insegnanti ci hanno fornito gli strumenti per elaborare un pensiero libero e critico nel migliore senso del termine. E, di sicuro, non ci lasceremo calpestare nei nostri diritti di esseri umani, come forse qualcuno vorrebbe. Questa volta la scuola ha fatto il suo lavoro, anche se abbiamo un unico rammarico: ci dispiace che la signora Chiara Mio abbia affermato nella conferenza che la scuola non è in grado neanche di insegnare la grammatica italiana. La invitiamo all'Iti Kennedy, per dimostrarle il contrario".


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