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Messaggero Veneto (lettere)-Le scuole da chiudere e il ruolo dei sindacati

Le scuole da chiudere e il ruolo dei sindacati La notizia sulle "64 scuole a rischio in Friuli" andrebbe a mio parere chiarita nei suoi aspetti meno comprensibili ai non addetti ai lavori. Più ...

08/08/2002
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MessaggeroVeneto

Le scuole da chiudere e il ruolo dei sindacati

La notizia sulle "64 scuole a rischio in Friuli" andrebbe a mio parere chiarita nei suoi aspetti meno comprensibili ai non addetti ai lavori. Più che di scuole a rischio si dovrebbe parlare di insegnanti e personale a rischio, a partire dai dirigenti scolastici.
Non si capirebbe, per esempio, la presenza nell'elenco del Malignani di Udine, che non può certo essere una 'scuola a rischio' di chiusura (semmai si potrebbe parlare di 'sdoppiamento'), né è ammissibile che in Carnia tutte, dico tutte, le scuole di base andrebbero soppresse.
In quest'ultimo caso, tutt'al più, si potrebbe pensare a una nuova 'razionalizzazione' delle presidenze con accorpamenti di due-tre sedi per i dirigenti scolastici. Lo scopo dei tagli è quello, evidentemente, del risparmio, soprattutto sul personale; e qui non si può non riconoscere che il numero dei docenti in Italia è sproporzionato rispetto al resto d'Europa.
Quanto ciò incida sulla qualità della scuola italiana è difficile dimostrarlo; bisogna ammettere che negli ultimi decenni la scuola è stata considerata una 'valvola di sfogo' alla disoccupazione intellettuale e così, complici i Sindacati, si sono gonfiati a dismisura gli organici a scapito delle effettive esigenze in termini di attrezzature e in maniera a volte irrazionale, per cui esistono forti discrepanze fra un tipo di scuola e un altro.
Non so quanti abbiano notato che negli elenchi non compare alcun liceo, classico e scientifico, mentre abbondano le scuole di base e gli istituti tecnici e professionali.
Detto questo, non capisco come la Moratti intenda raggiungere i giusti 'parametri' nel rapporto alunni/docenti senza intaccare il quadro orario. Certo, si potrebbe tagliare sul 'tempo pieno' (36-39 ore) alle elementari e alle medie e può darsi che l'operazione riesca in qualche realtà, oppure 'tagliare' qualche plesso sottodimensionato; ma alle superiori, tolto qualche piccolo aggiustamento (compresenze, recupero dei dieci minuti da parte dei docenti con orario, quindi, a 21 ore corte) il punto sta nella riduzione dell'orario settimanale, che, finché rimane di 40 ore negli Ips, non può che provocare un organico pletorico.
La soluzione sta nel passaggio di queste scuole alle Regioni, come si va dicendo da tempo, senza avere il coraggio di attuarlo, e nella riduzione del tempo scuola negli altri istituti, come prevede la proposta Bertagna.
Su questo ci sarà l'opposizione strenua dei sindacati, ma non ritengo si possa equiparare tale operazione di sfoltimento alla 'liquidazione' della scuola pubblica (nelle private, quelle serie intendo, il rapporto alunni/docenti è di gran lunga superiore!).
Si potrebbero liberare risorse per aumentare gli stipendi o per investimenti in attrezzature. A mio parere, inoltre, occorrerebbe incrementare posti non d'insegnamento (o, meglio, con semiesonero), per nuove figure, come tutor per la didattica, o su progetti 'seri', vagliati, cioè, con rigore.
Certo, non si può semplicemente protestare né si possono chiudere gli occhi sui tanti sprechi che esistono nella scuola. Una condotta sindacale valida dovrebbe portare a una trattativa seria sul miglior impiego del personale, accettando purtroppo la realtà di un contenimento della spesa che appare in questo momento ineludibile, come si è visto anche con i precedenti governi di centro-sinistra.
dirigente scolastico
'J. Stellini' Udine


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