Mess.Veneto-IL MALESSERE DEGLI ATENEI ITALIANI
IL MALESSERE DEGLI ATENEI ITALIANI SEMPRE PIÙ PRECARI di VITTORIO EMILIANI ...
IL MALESSERE DEGLI ATENEI ITALIANI
SEMPRE PIÙ PRECARI
di VITTORIO EMILIANI
Dire che l'intera scuola italiana, dalle elementari alle università, è in fermento è dir poco. In tante città il movimento di contestazione al ministro Moratti e ai provvedimenti governativi a lei imputati è probabilmente il più vasto e il più radicale. Anche perché, più o meno direttamente, quelle misure finiscono per toccare tutte le famiglie. Ieri è partita dalla Sapienza di Roma la protesta contro la legge delega sul riordino dello stato giuridico dei docenti.
Docenti che giorni fa avevano occupato l'università. Essa via via paralizzerà tutti gli atenei italiani sino alla manifestazione nazionale del 28 febbraio. Protesta che fin dall'affollatissima assemblea di delegati di 35 atenei, alla Sapienza, ha mostrato ieri dimensioni inusitate. Stavolta non si sono espressi soltanto i sindacati, i precari o gli studenti. I primi giudizi negativi sono piovuti da alcuni senati accademici e, alla fine, dagli stessi rettori. Come mai? Intanto per un problema di metodo: la legge di riordino è stata presentata dal governo alle Camere senza neppure farla conoscere alle componenti del mondo universitario. "Nessuno ci ha consultati", ha commentato il presidente della Conferenza dei rettori, professor Piero Tosi. Per un'Università che dal '93 si era sempre più inoltrata sul terreno dell'autonomia, e quindi della responsabilità, delle gestioni, è una vistosa inversione di rotta. Un ritorno a vetuste e inefficienti discrezionalità ministeriali. Uno degli aspetti più contestati della legge delega riguarda l'ingresso dei giovani ricercatori. Nelle strategie del governo Berlusconi c'è un sempre più diretto coinvolgimento dei privati. La legge Moratti prevede, per esempio, che, in caso di accordo fra università e soggetti privati, possa essere nominato un professore di prima fascia il quale dura, però, soltanto il tempo della convenzione. Poi non si sa. Sistema Usa senza, però, i finanziamenti Usa. In realtà tutti i giovani al loro primo incarico universitario potranno avere soltanto un contratto a tempo determinato. Senza certezze di rinnovo. Neppure per i migliori. I quali, probabilmente, prenderanno subito la strada dell'estero. Così il corpo docente invecchierà, in tutti i sensi, mentre gli attuali precari, ben 55 mila, rimarranno più a lungo tali. Fra l'altro, eliminando la fascia più giovane, non si procederà certo a una riduzione dei costi. Viene meno, inoltre, la distinzione fra tempo pieno e tempo definito, consentendo ai docenti di svolgere incarichi di consulenza: anche questo riporta l'università ad anni lontani. Novità, o tegola, di ieri: secondo gli esperti del Quirinale, la legge Moratti non ha copertura finanziaria. Per questo è arrivata in Parlamento e lì si è subito fermata. Un pasticcio dei peggiori. Anche perché siamo il paese europeo con la più bassa quota di laureati (7,5 per cento) e con un grado medio di istruzione sconsolante. Di riforme vere scuola e università hanno dunque bisogno. Ma per avanzare, garantendo ai capaci e ai meritevoli l'accesso agli studi superiori.
Il mondo dell'università si mobilita come non era più avvenuto, secondo i suoi osservatori più attenti, da trent'anni a questa parte. Per certi versi si può pure pensare a un arroccamento corporativo, di tipo autoreferenziale. Ma sui temi di fondo ci si ricompatta in modo serio. L'autonomia universitaria, quella scolastica in generale, rappresentava, e rappresenta, un valore acquisito. Un dato istituzionale, non il privilegio di alcuni.