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Mattino-PAdova-I prof in girotondo per dire no alla Moratti

di Paolo Vigato I prof in girotondo per dire no alla Moratti Catena umana sul listòn e attorno al Bo momento-clou della giornata di sciopero Con il rettore Milanesi a...

03/03/2005
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Il Mattino

di Paolo Vigato
I prof in girotondo per dire no alla Moratti
Catena umana sul listòn e attorno al Bo momento-clou della giornata di sciopero
Con il rettore Milanesi a Roma alla Crui, ieri assemblea nel cortile e poi manifestazione d'incontro con la città


PADOVA. Non si erano mai visti illustri professori in girotondo sul listòn e poi attorno a tutto il palazzo del Bo. Mano nella mano con giovani e meno giovani ricercatori (molti sono oggi sulla cinquantina), con studenti e impiegati. Famosi docenti solitamente severi se non sussiegosi, ieri mattina si sono uniti con convinzione - e pure con divertimento - a centinaia di meno celebri colleghi, in un'animata catena umana che ha stretto affettuosamente il loro ateneo. Proprio la coesione ha costituito il tratto distintivo, e quasi miracoloso, dello sciopero generale delle università contro la riforma Moratti. Una giornata a suo modo storica, per intensità delle passioni e sintonia di pensieri, in un mondo abitualmente ben poco incline alla solidarietà.
Un "corteo circolare" che ha costituito il momento-clou appariscente, sotto gli occhi incuriositi della città, nella giornata nazionale di mobilitazione che a Padova ha visto i docenti rispondere pressoché unanimemente all'appello allo sciopero. Lanciato da quasi tutte le organizzazioni sindacali di categoria, e condiviso con forza dalla Crui, la Conferenza dei rettori. La quale a mezzogiorno a Roma si è riunita - con la presenza naturalmente del Magnifico patavino Vincenzo Milanesi - per comunicare all'opinione pubblica le motivazoni della protesta, mentre in contemporanea nei singoli atenei facevano altrettanto i responsabili dei governi accademici.
Al Bo, l'appuntamento nell'Aula Ippolito Nievo, che doveva essere una conferenza stampa, è risultato affollatissimo perché ai già numerosi esponenti ufficiali - prorettori e delegati, membri del Senato accademico e del Consiglio di amministrazione, rappresentanti dei ricercatori - si sono aggiunti i partecipanti alla manifestazione appena conclusasi. Preceduta da una nutrita assemblea all'aperto nel Cortile nuovo, con partecipazione anche del personale tecnico e amministrativo.
No al Ddl Moratti, no al blocco delle assunzioni, no al 7% in più destinato alle università private, meno riforme a costo zero e più risorse e più persone all'università e alla ricerca: questi gli slogan più martellati nei cartelli innalzati o portati al collo dai professori e soprattutto dai ricercatori, la categoria più direttamente minacciata dalla riforma ministeriale che intende sopprimerne il ruolo, ora passata in discussione alla Camera. Negli interventi dei loro esponenti - Paola Mura, Paolo Spinella e Luciano Secco, ma anche di sindacalisti come Paolo Perna - l'opposizione radicale a un disegno di legge "che mira a precarizzare gli ingressi delle forze fresche nella carriera accademica, e in generale a smantellare le università come servizio pubblico di formazione dei giovani e di ricerca, per favorire le iniziative private che stanno proliferando" (citatissimo il neonato mini-ateneo romano dei Legionari di Cristo, sostenuto da fondi pubblici come numerose altre nuove attività private d'impronta tecnologica). Ai rettori, il richiamo a farsi portavoce, in sede Crui e rispetto alle forze politiche, del dibattito che ferve negli atenei.
L'incontro in Aula Nievo è stato presieduto dal prorettore vicario Giuseppe Zaccaria. Il quale ha sottolineato come il Bo sia sempre stato in prima fila nell'opposizione a un disegno "contestato dall'intera comunità accademica, che nei suoi confronti ha manifestato un disagio che, per la prima volta, ha visto coalizzarsi le componenti universitarie senza distinzioni di fascia". "Sul Ddl - ha detto - i responsabili di Padova sono stati chiari fin dall'inizio dell'iter: questa riforma abbassa la qualità complessiva perché introduce la divaricazione fra didattica e ricerca, e minaccia di liquidare il sistema pubblico aprendo la via a pesanti ingerenze dei privati, titolati a finanziare cattedre senza valido controllo scientifico".
Molto applaudito Luciano Galliani, preside della Facoltà di Scienze della Formazione, il quale ha invitato gli atenei a "fare autocritica e uscire dal tradizionale isolamento comunicativo rispetto all'opinione pubblica: per cui nella società civile molti pensano, a torto, che l'attuale levata di scudi obbedisca a esigenze corporative di questa o quella categoria, dentro un mondo universitario poco produttivo verso l'esterno". Il professor Giovanni Battista Di Masi ha pure sollecitato alla "sensibilizzazione verso i contenuti di una riforma pericolosa nella sua brutalità aziendalistica". Il prorettore Renato Bozio, ricordando che "non a caso l'Italia si è appena pronunciata in sede Ue contro l'istituzione di un Consiglio europeo della ricerca", ha richiamato ai "pericoli della tendenza a marginalizzare la ricerca di base". Il prorettore Cesare Voci ha chiamato al "confronto concreto con la parte politica per tutelare e aggiornare un modello storico-culturale di università che tutto sommato finora ha funzionato". Un'ovazione infine per Paola Mura la quale ha accusato il governo di voler cancellare il ruolo dei ricercatori "perché troppo bello come modalità di ingresso nella vita accademica per i giovani, super-precarizzati e così indotti ad appiattirsi".


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