Lombardia. Scuola, aiuti alle private Il Tar boccia la Regione
Il contributo agli studenti è «discriminante» e svantaggioso nei confronti di chi frequenta istituti pubblici
di Federica Cavadini e Gianni Santucci
A parità di reddito, e parliamo di redditi bassi, di famiglie in difficoltà economiche, gli studenti delle scuole pubbliche sono «discriminati» rispetto a quelli delle private. Lo stabilisce una sentenza del Tribunale amministrativo regionale, che scardina il sistema di aiuti economici distribuiti dalla Regione.
La sproporzione è evidente: per l’acquisto di libri e materiale scolastico, la famiglia di un allievo iscritto alla scuola pubblica può sperare di ottenere un sostegno variabile tra i 60 e i 290 euro. A parità di reddito, se il ragazzo frequenta invece un istituto paritario, il sostegno della Regione parte da un minimo di 400 euro e può arrivare fino a 950. Secondo i giudici amministrativi si tratta di «una diversità di trattamento ingiustificata», frutto di una scelta «illogica». La conseguenza (annullamento dei decreti e delle delibere della giunta nelle parti in cui fissano quelle regole) colpisce uno dei cardini del «sistema istruzione» impostato al Pirellone nell’epoca formigoniana.
La sentenza è stata depositata il 2 aprile scorso. Ma l’antefatto risale al 2 maggio del 2013. Quel giorno due studentesse di scuola superiore provano a presentare la richiesta per il «buono scuola». Si connettono al sito della Regione, ma i loro due istituti (pubblici) non compaiono neppure nell’elenco. Quel giorno i genitori delle due ragazze decidono di presentare un ricorso al Tar e si affidano ai legali Vittorio Angiolini, Luca Formilan e Alessandro Basilico.
Gli avvocati impostano un’azione legale complessa, che investe l’intera legislazione regionale sulla distribuzione del sostegno alle famiglie con redditi bassi che iscrivono un figlio a scuola. I giudici riconoscono piena legittimità all’impostazione di base data dalla Regione (in base ai principi della «pluralità dell’offerta formativa» e della garanzia di «pari opportunità di accesso» ai diversi percorsi scolastici offerti dalle scuole pubbliche o paritarie). Per questo il ricorso è stato accolto solo in una parte e respinto per il resto. È così prevedibile che la contesa legale viva un secondo tempo al Consiglio di Stato, con due impugnazioni, sia da parte delle due famiglie, sia da parte della Regione.
Gli stessi giudici, per arrivare a una decisione, hanno ripercorso il sistema di regole che va sotto l’etichetta di «dote scuola» e stabilisce le forme di aiuto per le famiglie in difficoltà economica. Per le scuole statali (o paritarie, ma che non richiedono una retta di iscrizione o frequenza) esiste un «sostegno al reddito». Viene calcolato in base al parametro Isee, «indicatore di situazione economica equivalente», ed è destinato all’acquisto di libri o altro materiale scolastico. Oscilla tra 60 euro e un massimo di 290. Gli studenti che frequentano una scuola privata, se in condizioni economiche disagiate, hanno diritto al «buono scuola» (tra 450 e 900 euro) per il pagamento della retta. Ma possono ottenere un altro sussidio, per comprare libri e altro materiale: è l’esatto corrispettivo dell’aiuto previsto per gli istituti pubblici. La somma però è diversa: da 400, a un massimo di 950 euro. Dato che il sostegno è identico nella funzione (acquisto libri), i giudici ritengono che le «diversità di trattamento» tra scuole pubbliche e private «non trovano giustificazione».
I giudici Leo/Di Mario/Fontanaro arrivano a una censura senza mezzi termini delle regole della Regione: «L’amministrazione ha previsto, senza alcuna giustificazione ragionevole e con palese disparità di trattamento, delle erogazioni economiche diverse e più favorevoli per coloro che frequentano una scuola paritaria... pur a fronte della medesima necessità e della medesima situazione di bisogno economico». Questa differenza di trattamento «incide in modo pregiudizievole sugli studenti» che frequentano la scuola pubblica .