di MASSIMO ONOFRI
Tentativo di profonda riforma strutturale della scuola o ritorno ad un passato remoto, più culturale che storico? E' un mese esatto che ci s'interroga su tale quesito, almeno a partire dal Ddl varato dal consiglio dei Ministri il 31 luglio scorso. Da oggi, col via libera al decreto legge che andrà in vigore dall'anno scolastico che sta per cominciare, le idee saranno più chiare per tutti. Ecco: niente più giudizi sulle pagelle (buono, distinto o ottimo che sia), per una sufficienza obbligatoria anche in condotta, dato che, con il cinque, la bocciatura sarà assicurata. Con una postilla, però: voti nudi per la scuola media inferiore, accompagnati dai giudizi, invece, per le elementari. E poi, una nuova materia, «educazione alla costituzione e alla cittadinanza»: cioè, semplicemente, educazione civica e stradale. Quindi, la notizia più preoccupante: parere favorevole del Consiglio dei Ministri per un ritorno al maestro unico nella scuola primaria. Infine, un proposito bellicoso: guerra al caro-libri, con divieti triennali o quinquennali alla riedizione dei testi, nella convinzione, pedagogicamente disarmante, che «i contenuti di alcune materie fondamentali come italiano o matematica non cambiano da un anno all'altro».
Il motto sembra uno solo: sorvegliare e punire. Altro che propositi di riqualificazione d'un sistema ormai allo stremo, con un corpo docente sempre più in sofferenza (non solo economica) e demotivato. Siamo, piuttosto, alla semplificazione brutale e alle tentazioni arcaiche: con l'ennesima occasione persa da parte di un comparto, quello scolastico appunto, che non conosce, dai tempi di Giovanni Gentile (epoca fascista, non dimentichiamolo), un ripensamento serio e profondo, coerente in ogni suo aspetto.
Se non fosse per l'improvvisazione e la spavalderia di marca populista, e per le conseguenze che la nostrà gioventù si troverà a scontare, ci sarebbe anche da sorridere: laddove colpisce l'insistenza ministeriale su una proclamata «novità» che, di fronte ad atteggiamenti così palesemente regressivi - quelli che scambiano l'autorità (e l'autoritarismo) per autorevolezza - ha il valore di una denegazione, con tanto di contrappasso linguistico. Per non dire di quell'esilarante «crediamo che alla scuola serva chiarezza», per giustificare la sostituzione del giudizio col voto, risultando davvero incomprensibile come un voto, nella sua perentorietà matematica, per bambini che non ne hanno mai avuti, possa essere più chiaro di checchessia. Non mi pronuncio, poi, sull'inquietante dirigismo editoriale, che non si limita, magari, a un'intelligente politica dei prezzi e del sostegno economico, ma entra nel merito delle qualità didattica dei testi stessi.
La responsabilità, com'è ovvio, non è solo della Gelmini, ma anche dei quattro o cinque Ministri che l'hanno preceduta. Ora, però, si profila qualcosa di nuovo e, dicevo, di preoccupante: il ritorno al maestro unico. La colpa sarà sicuramente degli inevitabili tagli, ma la rinuncia ai tre docenti per classe e ad un progetto che ha reso la nostra scuola elementare tra le migliori d'Europa, questo, sì, sarebbe davvero l'inizio della fine.
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