La Stampa/Torino: La finanziaria minaccia nidi, materne, scuole
I tagli per gli enti mettono a rischio anche i servizi sociali
MARIA TERESA MARTINENGO - ANDREA ROSSI
Aspettano di sapere che ne sarà di loro. Tradotto: leggere gli articoli della finanziaria e capire se sarà cura dimagrante o l’ultimo colpo a corpi già consumati.
Prendete Università, Politecnico e Asl. A seconda di quel che troveranno nella manovra tireranno un sospiro di sollievo oppure finiranno al collasso.
In ballo ci sono variabili di non poco conto: tra i manager pubblici che dovrebbero vedersi decurtati gli stipendi del 5-10 per cento ci sono anche i professori ordinari e i manager delle aziende sanitarie. Un sacrificio che non metterà a rischio la tenuta di atenei e ospedali, infatti ad agitare i sonni di rettori e direttori generali c’è altro: il blocco del turnover.
I dipendenti pubblici che andranno in pensione non saranno sostituiti. All’Università è così da due anni: per assumere un professore è necessario che ne vadano in pensione due. Una situazione che sta mettendo a dura prova gli atenei, forti però delle ultime indiscrezioni, secondo cui dovrebbero essere esclusi dal blocco. Non fosse così gli oltre 300 docenti in pensione tra 2011 e 2012 non saranno rimpiazzati e verranno bloccati anche i nuovi concorsi: l’Università ne ha appena banditi 60 per ricercatori, il Politecnico 19.
Anche in Comune la situazione è critica. Il taglio di 10 miliardi imposto agli enti locali a Torino dovrebbe tradursi in una cura dimagrante di 42 milioni di euro. Cifre che spaventano non poco i sindacati: ieri hanno incontrato il city manager Cesare Vaciago, che ha garantito il rispetto degli accordi già presi sul personale.
Non basta: ci sono i contratti integrativi, che saranno paralizzati, con ripercussioni facili da immaginare in un ente dove lo stipendio medio si aggira sui 1200 euro al mese. «Inoltre il blocco del turnover, alla vigilia di un biennio che vedrà molti andare in pensione, è un colpo durissimo», spiega Claudia Piola della Fp-Cgil. «Senza contare che il taglio del 50 per cento sui contratti a termine metterà in ginocchio alcuni settori».
I timori riguardano i servizi educativi - nidi e materne, dove molti hanno contratti a tempo determinato - e quelli socio-assistenziali. «Molti assistenti sociali sono precari», dice Piola. «Se ne perderemo alcuni il rischio che certe strutture possano non funzionare più a dovere esiste».
E la scuola? «Questa manovra la paga tre volte - dice Enzo Pappalettera, segretario regionale della Cisl Scuola - Gli 8,5 miliardi di tagli del 2008 li stiamo pagando in termini di posti e lavoro extra per assicurare alle famiglie un’istruzione dignitosa. Poi, non avremo il contratto che ci garantisce il potere d’acquisto. Infine, gli insegnanti ogni 6 anni hanno uno scatto: chi lo matura entro il 2012 non l’avrà e nessuno maturerà questi tre anni per averlo in futuro. Il che significa dover rinunciare a 1500-3000 euro l’anno per un bel po’ di tempo».
Se lo stipendio base di un maestro elementare è 1200 euro, 1900 a fine carriera, e quello di un docente delle superiori 1300 (2200 a un passo dalla pensione), è un colpo duro da incassare. «Quella della scuola è una situazione esplosiva» incalza Pappalettera. I docenti? Sfiduciati e arrabbiati. «Questi provvedimenti colpiscono ancora una volta la dignità dei lavoratori delle fasce più deboli», dice con amarezza il professor Domenico Piccolo dell’Istituto Amaldi di Orbassano.
«Al di là dei soldi, la cosa più triste è che ti tolgono la speranza. Noi insegnanti abbiamo un’unica certezza: che facciamo i volontari e i poveri a vita, dalla laurea, al precariato, alla pensione». Per Daniela Braidotti, insegnante della scuola primaria Gabelli di Barriera di Milano «sembra che la scuola sia l’unico posto in cui andare a colpo sicuro a tagliare. Sarebbe davvero ora di ribellarsi».