La Stampa-Stesse responsabilità, meno diritti. docenti "a termine" sono 3.805 in tutta la provincia di Torino.
Stesse responsabilità, meno diritti. I docenti "a termine" sono 3.805 in tutta la provincia di Torino. Maria Teresa Martinengo Sono 3.508 i docenti precari al lavoro nelle scuole di Torino e d...
Stesse responsabilità, meno diritti.
I docenti "a termine" sono 3.805 in tutta la provincia di Torino.
Maria Teresa Martinengo
Sono 3.508 i docenti precari al lavoro nelle scuole di Torino e della provincia, par-time e di sostegno compresi: il 17,7% del totale nella materna, il 14,9% alle elementari, il 12,7% alle medie e il 16,3% alle superiori. I colleghi garantiti, gli assunti a tempo indeterminato, sono complessivamente 23.136. In fatto di responsabilità, come il caso di Forno Canavese dimostra, tra le due "categorie" non ci sono differenze. Come gli insegnanti di ruolo, i supplenti (che spesso hanno 10 o 20 anni di esperienza, non sostituiscono malati o congedati, ma occupano posti vuoti che lo stato dovrebbe assegnare una volta per tutte) hanno nelle loro mani il futuro di bambini e ragazzi: devono provvedere alla loro istruzione esattamente come chi - loro non le hanno - ha ferie e Natale pagati. Della manifestazione di Forno, nel cuore amministrativo della scuola torinese ieri non è giunta notizia. "Evviva l'autonomia", ha commentato con il suo abituale senso dell'umorismo il dottor Paolo Iennaco, dirigente del Csa di via Coazze e vice direttore regionale dell'Istruzione. Iennaco esclude che in provincia di Torino esistano altre situazioni-limite come quella canavesana. Ma scorrendo i numeri della presenza dei precari ammette: "Sono tanti". L'esperienza gli fa dire che sono le sedi più disagiate ad avere percentuali maggiori di docenti incaricati. "Sono i precari ad assoggettarsi ad andare lontano, ad accettare par-time e spezzoni".
In città, situazioni come quella canavesana non esistono. E' nell'ordine delle cose: via via che negli anni passati si sono fatte le assunzioni (da due anni non ce ne sono), sono stati occupati i posti vacanti più facilmente raggiungibili. Le vallate, a meno che la maestra o il professore non risiedano in zona, sono sempre le meno gettonate. "Sono meno toccate dal problema dei posti "instabili" le scuole di periferia, anche quelle considerate problematiche. Prima di andare a Viù o a Forno Canavese si opta per i confini della città, per la prima o la seconda cintura, o per la Valle di Susa, dove è fondamentale la presenza della ferrovia", spiega il dottor Iennaco che a proposito di precari proprio ieri ha concesso la liberatoria ai presidi per coprire gli ultimi 71 posti annuali di operatore scolastico. Per l'appunto, in zone "poco gradite" come certi angoli di Canavese. "Abbiamo fatto decine di convocazioni - dice il dirigente - e nessuno si è presentato. I presidi attingeranno dalle loro graduatorie d'istituto nelle quali ci sono persone del posto". E risolveranno il problema con i più precari tra i precari.
IL CASO LIMITE DELLA "PERTINI" DE FORNO DOVE I PROFESSORI HANNO INSCENATO UNA PROTESTA "STUFI DI VIVERE NELL'INCERTEZZA".
Protesta la scuola dominata dai precari.
Su 25 insegnanti della Media appena dieci sono di ruolo.
"In vent'anni ho fatto più chilo metri di un camionista. Sono invecchiata nell'attesa di una cattedra definitiva: alla fine, a forza d'aspettare d'essere in grado di pianificarmi il futuro non ho avuto figli". L'amarezza del la professoressa di Lettere Donatella Veglio, 43 anni, è la stessa dei colleghi. Benvenuti nella scuola media "Pertini" di Forno Canavese, che detiene un record non invidiabile: il corpo docente è composto in maggioranza da precari. Quindici su venticinque.
Da dieci o vent'anni rincorrono il sogno di diventare di ruolo. Ieri, dopo tanto lavorare in silenzio, sono usciti allo scoperto, con un'iniziativa che non s'era mai vista in una scuola di questo tranquillo angolo di Canavese. Banchetto e striscione, hanno distribuito ai genitori dei 180 allievi centinaia di volantini firmati "Gruppo precari Torino":
"Siamo stufi di vivere nell'incertezza. Siamo delusi, frustrati e impotenti di fronte a soprusi continui. Chi ci incontra ci crede di ruolo, non immagina in che condizioni lavoriamo".
Cioè? "Lo sa cosa vuoi dire essere licenziati ogni anno il 30 giugno?" Maria Grazia Oddonetto, 51 anni, docente di educazione artistica lo sa bene: "Niente stipendio a tirare la cinghia mentre gli altri vanno in ferie". Hanno insegnato in tutta la provincia, cambiando quasi sempre incarico di anno in anno: da Chieri a Ciriè, da Moncalieri a Carmagnola, fino alle montagne del Sestriere e della Valle di Viù. Case che vanno e vengono, allievi e colleghi sempre nuovi. Realtà diverse: dai bulli di periferia ai bambini timidi che regalano castagne al professore, costretti a riadattare il metodo buono per le superiori a quello per le medie, e a saltare da un programma all'altro come molle. Sempre gli ultimi arrivati, in coda per scegliere la classe o l'orario, perennemente messi a confronto con l'insegnante dell'anno prima. "Ogni volta si deve ricominciare - dice Andreina Francesia, 39 anni, insegnante di Lettere - è talmente umiliante, dopo 14 anni. Fai progetti, cerchi di investire sul futuro dei tuoi - ragazzi, ... ,e tutto".
Antonella Gallino e Tiziano Ferrero, 38 e 37 anni, raccontano lo scorno per le nuove regole che li hanno penalizzati: "Nel 2000 hanno immesso nelle graduatorie i colleghi delle private, nel 2002 i giovani usciti dalle Siss, e ogni volta ci sono passati davanti in massa. Come non bastasse, le nomine per diventare di ruolo sono bloccate da tre anni. Da quando abbiamo scelto di insegnare abbiamo fatto tutto ciò che ci è stato richiesto: laurea, tre o quattro concorsi superati per le abilitazioni. Tutto inutile".
Stefania Forin, 37 anni, fino a Natale supplente di inglese, sottolinea che "La situazione è andata peggiorando: il numero di cattedre continua a calare, e molti, come me, passano da incarichi annuali a chiamate sempre più spezzettate, che negano ai ragazzi il diritto alla continuità didattica persino per un solo anno". "Non ne possiamo più", ribadisce Loredana Guglielmetto, docente di matematica. Ma poi, tutti quanti vibrano all'unisono quando si domanda loro se cambierebbero mestiere. "Mai - ripetono uno dopo l'altro - Per noi non è solo un lavoro. E' un amore grande. Facciamo assai più di quanto dovremmo per contratto: dagli spettacoli teatrali alle attività di recupero, i corsi di latino e filosofia, o quelli per l'inserimento degli extracomunitari". E infatti, per la preside Maria Teresa Icardi "La scuola funziona benissimo anche con tutti questi precari dietro alle cattedre: la qualità didattica è eccellente, non posso che essere fiera del nostro istituto".
Certo: guadagnare sì e no mille e 200 euro al mese non è granché. E, sospirano gli insegnanti provvisori, "In tanti anni non abbiamo ottenuto manco & (un grazie? ndw)