La Stampa: Piemonte, Professionali, un terzo degli allievi non termina gli studi
Gli stranieri più motivati degli italiani
Inutile negarlo: gli studenti degli istituti professionali - 30.942, il 21% degli iscritti alle superiori in Piemonte - rappresentano una preoccupazione per i loro professori e per chi ragiona sul futuro economico e sociale di questa regione. A mettere in ansia è il 46,1% di «scomparsi» tra I e V anno: il 20% si disperde nel biennio iniziale, un altro 20% di abbandoni avviene al III anno, dopo la qualifica. Un fenomeno particolarmente sentito, quest’ultimo, negli indirizzi alberghiero, agrario, meccanico. In regola con l’età sia in I che in V è il 64,6% dei ragazzi, un anno indietro è il 24,7% in I (il 28,4% in III), due è il 7,3% in I (9,5% in III).
Prende le mosse di qui per analizzare l’universo dei professionali - a beneficio di docenti e decisori politici - la ricerca «Perché mai di serie B?», a cura della Rete regionale degli Istituti professionali per l’istruzione nel settore servizi sociali, un identikit degli studenti che tocca, tra l’altro, motivazioni, aspettative, relazione con i docenti. La ricerca sarà presentata domani, ore 9, in corso Stati Uniti 23, presenti il viceministro all’Istruzione Mariangela Bastico, il direttore scolastico regionale Francesco De Sanctis, l’assessore regionale Gianna Pentenero.
Dallo studio emerge una realtà differenziata per indirizzi, genere e cittadinanza. In generale, gli autori hanno individuato 4 tipologie di studenti: motivati a partecipi (31%) che fanno ciò che la scuola chiede con intelligenza ed entusiasmo; poco diligenti e attivi (35%), anche intelligenti ma resistenti a ogni forma di impegno salvo attività di gruppo e laboratori; diligenti ma apatici (18%), non brillanti ma rispettosi della routine; costretti alla scuola (16%), in perenne fuga se non in guerra con l’istituzione scolastica. Di questi ultimi gli autori della ricerca scrivono: «Per le energie che assorbono si finisce per scambiarli nelle classi in cui sono presenti (biennio iniziale soprattutto) per la totalità dell’utenza...». Ovvio che sia soprattutto sulla seconda categoria - i poco diligenti ma brillanti - che si concentrino le attenzioni di chi vorrebbe portare al successo ogni studente.
In generale i ragazzi esprimono poche aspettative su se stessi e sulla scuola in genere. Alle superiori arrivano già privi di entusiasmo: sia per l’esperienza fatta sul piano umano (il 37,4% non ricorda elementari e medie con piacere) sia dal punto di vista cognitivo, tant’è che il 53,5% è uscito dalle medie con «sufficiente» (il 35,1% ha avuto «buono», l’8,9% «distinto», il 2,6% «ottimo»). La scelta dell’istituto? Il 35,8% ha deciso perché «mi interessa la professione», il 24,6% perché «è una scuola dove si impara facendo», il 14,5% è interessato alle discipline del curricolo, il 9,9% «perché si studia poco». Le lezioni piacciono solo al 55,8% (ma al 61,7% delle ragazze e al 63,6% dei diciottenni). Al 50,9% non piace seguirle e il 60,7% dice di «non sentirsi ascoltato» dai docenti.
Il 79,6% degli studenti vive con entrambi i genitori, un dato in linea con la media nazionale. Le famiglie con entrambi i genitori privi di titolo di studio o con licenza elementare sono il 6,2%, quelle dove il titolo più elevato è la licenza media sono il 41%.