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La Sicilia-Scuola, due proteste un unico malessere

Scuola, due proteste un unico malessere Al di là delle cifre e delle compattezze sindacali, il dato più significativo che vorremmo rilevare riguarda lo sciopero, nel suo complesso, del comparto...

21/10/2002
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La Sicilia

Scuola, due proteste un unico malessere

Al di là delle cifre e delle compattezze sindacali, il dato più significativo che vorremmo rilevare riguarda lo sciopero, nel suo complesso, del comparto scuola che per ben due giornate è stato sotto osservazione e che per due giorni ha incrociato penne e registri. Uno è scattato il 14 ottobre sotto le bandiere di Gilda, Cisl, Uil, Snals e altre sigle minori; il secondo il 18 ottobre sotto le bandiere della Cgil e dei Cobas.
La separazione dei due appuntamenti nelle piazze per protestare contro il Miur ha avuto in ogni caso un'unica motivazione che rimane ed è essenzialmente politica per entrambe le squadre. Non gia separazione dunque nei i contenuti di rivendicazione prettamente sindacali, anzi tanta unità che contraddice a piena voce questa inutile quanto strana frattura.
Tale aspetto, come è intuibile, porta ben poca consolazione, anzi fa riflettere sulle subalternità dei sindacati ai partiti e alle loro strategie che poi hanno impatti e ricadute poco credibili o comunque dribblabili da parte di chi deve alla fine cedere.
Che Cisl, Uil e Snals siano andati a braccetto con Gilda può alla fine fare piacere, ma che si sia unita a loro anche tutta quella grande schiera di personale non insegnante non è pensabile, perché cavallo di battaglia della Gilda degli insegnanti è proprio la separazione contrattuale fra chi ha funzione docente e no. Sembrerebbe dunque paradossale che gli Ata e i bidelli di Cisl, Uil, e Snals chiedano la separazione dei tavoli della trattative, perché, essendo una minoranza, perderebbero un potere contrattuale che oggi invece in misura proporzionale hanno. Se quindi uno sciopero solitario si dovrebbe avere è proprio quello della Gilda che, sembra talvolta di capire, addebiti tutta la responsabilità dei mancati aumenti proprio a questa contraddizione, a questo miscuglio fra funzioni che impedirebbe al ministero di concentrarsi su una sola categoria.
Su tutte le altre questioni che riguardano la scuola non abbiamo visto invece discordanze all'interno di nessuna delle piattaforme sindacali. Tutti chiedono di assumere personale in pianta stabile e di non precarizzare la scuola con supplenze e incarichi a tempo determinato, di adeguare gli stipendi alla media europea, di stanziare soldi per l'aggiornamento, di edificare nuove scuole favorendo il pubblico, maggiore democrazia, minor numero di alunni per classe, piena autonomia delle scuole, più attenzione agli insegnanti di sostegno, di consegnare al Parlamento il dibattito sulla riforma della scuola senza esigere deleghe, maggiore potere agli organi collegiali. Più altre questioni che si intersecano voluttuosamente, come l'orario delle lezioni sempre di 18 ore, di fermare la politica del dimensionamento, di riqualificare la funzione docente.
Una lettura di tutte le piattaforme dei sindacati della scuola portano queste priorità e su questi temi insegnanti e no sono scesi in piazza, sia il 14, e sia il 18. Che poi la chiamata alle armi della Cgil contenesse anche problemi più squisitamente politici, come l'articolo 18 e il rifiuto del famoso "Patto per l'Italia" sono aspetti che riguardano la coscienza critica di ognuno, ma non la sostanza di un disagio che gli insegnanti, e quindi anche gli studenti e le famiglie, vivono. Un disagio che si fa sempre più permaloso anche perché le risposte sono state finora sempre fumose e aleatorie, come il rinnovo del contratto scaduto a dicembre e su cui il ministero non si è ancora espresso nei termini desiderati, in considerazione pure del fatto che nella finanziaria il budget previsto è uguale a quello dell'anno prima.
Se quindi alle astensioni dal lavoro del 14 si assommano quelle del 18, si potrebbe affermare che larga parte del personale della scuola non accetta questa politica del ministro Moratti. Da qui un inizio di consolazione boeziana di fronte al fallimento di un dialogo che fu invece assai interessante ai tempi di Berlinguer, ma che oggi lascia in sospeso e divide ancora una classe da sempre poco battagliera e frammentata. Che ha forse smarrito l'orgoglio del proprio ruolo nella società e l'obiettivo per il quale è anche pagata, male, ma è pagata: quello di formare i futuri dirigenti, compresi ministri e sindacalisti.
Pasquale Almirante


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