La Sicilia-Il punto critico resta il caos della devolution
I nodi della riforma Moratti Il punto critico resta il caos della devolution Non è trascurabile il nodo politico per la progettata riforma della scuola. Il ministro ha parlato di ampio co...
I nodi della riforma Moratti
Il punto critico resta il caos della devolution
Non è trascurabile il nodo politico per la progettata riforma della scuola. Il ministro ha parlato di ampio consenso. E non è prevedibile allo stato che attorno al progetto si attenui la protesta degli studenti e l'aperta opposizione del centrosinistra. Gli studenti alla ripresa delle lezioni torneranno prevedibilmente al lavoro, data l'imminenza della chiusura quadrimestrale. Anche i docenti che eventualmente li abbiano istigati alla rivolta consiglieranno saggiamente il ritorno alla normalità. Il che non è invece ipotizzabile per le forze sindacali e partitiche che torneranno a piazzare i loro colpi. In Parlamento poi lo scontro sarà sicuramente durissimo. Ma il nodo è solo apparentemente politico, quello vero attiene alla struttura del progetto.
Sarà davvero quadriennale il corso delle superiori? Pare di capire che il ministro a seguito dei suggerimenti esternati anche dalla sua parte politica si sia convinta della inopportunità di una abbreviamento del curricolo. Per una scuola culturalmente povera un anno in meno sarebbe davvero una innovazione indubbiamente destinata ad aggravare i mali atavici. Saremmo in controtendenza per l'assimilazione di quei saperi essenziali reclamati dai pedagogisti di tutte le estrazioni culturali. Se cinque anni di curricolo superiore creano notevoli sacche di diffusa ignoranza, come è ipotizzabile che a coprire le lacune accertate siano sufficienti quattro anni? L'Europa non può imporre alla scuola italiana ricette controproducenti per la salute della grande ammalata.
Ma il nodo più grosso attiene alla devolution. Siamo destinati a gestire una scuola culturalmente compatta e ci stiamo convertendo all'idea che ciascuna regione, dello Stivale debba avere una sua scuola anche se ricca di peculiarità non esportabili?
Si sa che l'autonomia concede ai singoli istituti ampi margini di discrezionalità previsti dal Pof. Siamo già in pieno regime autonomista per cui ciascuna scuola sforna i progetti formativi ritenuti adeguati al proprio territorio. Il cuore dell'autonomia è proprio il Pof, una carta di identità che realizza progettazioni originali e tipiche dell'azienda. Piace al ministero della Pi, che le scuole del Belpaese siano forni produttori di risorse locali l'una diversa dall'altra. Ma quando le regioni nell'ambito della riforma federalista avranno pieni poteri che ne sarà della struttura unitaria, della scuola italiana? Il ministro romano detterà le sue direttive (i cosiddetti paletti!), la scuola locale continuerà a compiacersi dei suoi prodotti e la Regione ci metterà di suo quel che più le sarà congeniale: largo spazio, ad esempio, alle parlate locali e lingua nazionale in sottordine. Un caos culturale appena immaginabile.
Prima che sia troppo tardi i nodi più evidenti dovranno essere sciolti. La riforma cerca consensi politici, ma quel che conta soprattutto è che la strutture essenziali assicurino alla cultura quantomeno una indispensabile unità di intenti perché il bene nazionale non sia disperso o frammentato. Non giova a nessuno che risorse di una cultura di base progettata si trovino in partenza afflitte da una caotica legislazione che consenta tutto a tutti. Anche la ripresa di una coscienza nazionale auspicata più volte dal presidente Ciampi è antitetica ai progetti di una scuola frammentata, tormentata da aspirazioni regionaliste che minerebbero già in partenza la concordia culturale di un grande Paese.
Girolamo Barletta