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La Sicilia-Il prof è depresso, allarme educazione

Il prof è depresso, allarme educazione mariateresa conti Palermo. Alzi la mano chi, nella sua carriera scolastica, non si sia imbattuto in un insegnante un po' "originale": per il modo di ves...

04/05/2005
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La Sicilia

Il prof è depresso, allarme educazione

mariateresa conti
Palermo. Alzi la mano chi, nella sua carriera scolastica, non si sia imbattuto in un insegnante un po' "originale": per il modo di vestire, per l'atteggiamento, per quelle piccole o grandi manie che inevitabilmente vengono a galla quando, per lavoro, si hanno ore ed ore di rapporto diretto con altre persone, e per di più con bambini o giovanissimi. Ma adesso la letteratura sul tema si arricchisce di un testo che fa discutere: "Scuola di follia", dossier su 33 casi clinici di patologie psichiatriche esplose in cattedra, scritto dal medico Vittorio Lodolo D'Oria, già consulente del ministero per l'Istruzione. Casi clinici, si diceva, esaminati ufficialmente dalla Commissione medica per l'inabilità al lavoro per richieste di pensionamento anticipato o per cambio di mansioni. Casi però che devono far riflettere, su un'eventuale sovraesposizione allo stress di chi per ore fronteggia classi di 25, 30 bambini scatenati, di adolescenti pressati da mille esigenze. Insomma, i "prof" sono più esposti al rischio depressione rispetto ad altre categorie? E quanto incide questo su un ruolo delicato qual è quello di educare dei giovani?
Cerchiamo di capire qual è la situazione in Sicilia. Dati, sul tema specifico, non ce ne sono. In generale però il trend di pensionamenti anticipati, di richieste di prolungare la permanenza in servizio pari quasi a zero, di trasferimenti di mansioni è in linea col resto d'Italia. "I casi dice dal suo osservatorio privilegiato il direttore generale dell'Ufficio scolastico regionale, Guido Di Stefano ci sono, ma non sono catalogati. L'analisi di questo testo, comunque, non stupisce. È sotto gli occhi di tutti che chiunque, sul lavoro, trasferisce lo stress e il logoramento dell'ambiente che lo circonda e in cui vive. Per il docente è lo stesso, ma a complicare le cose c'è la necessità di avere a che fare minimo con 25 ragazzini scatenati".
"Abbiamo fatto di recente, per altri motivi, un test, da cui emerge tra l'altro che il 25 per cento degli insegnanti ritiene di avere difficoltà emotive nel rapportarsi alla classe. Sono sicuro che se facessimo questa stessa analisi distinguendo tra chi lavora in città e chi invece insegna senza viaggiare nei comuni più piccoli, verrebbe fuori che è la città che aumenta lo stress. Poi si aggiungono altri elementi. L'incertezza che la classe docente ha vissuto negli ultimi 15 anni, con le riforme che vanno e vengono, l'avere il docente perso, nell'immaginario collettivo, l'autorevolezza di prima, il rapporto conflittuale con i genitori che considerano l'insegnante il "cattivo" che boccia il figlio. E poi c'è il tipo di approccio. Ritengo che sia necessario riflettere, puntare a forme di sostegno, dare più certezze e mettere dei paletti. Credo che per cercare di risolvere il problema bisogna investire sulla formazione, puntando non tanto sul sapere ma sulla comunicazione".
Un esperimento che in passato, a Palermo, è stato fatto. Come racconta Alessandra Siragusa, insegnante di lettere al liceo scientifico "Basile", ma qualche anno fa assessore comunale all'istruzione. "Ricordo dice che ci siamo posti il problema, per quanto di nostra competenza, alias gli asili nido e le materne. Puntammo sulla formazione, organizzando incontri, training, attività. E i risultati ci furono Il mestiere di docente, almeno per chi lo fa con dedizione, è certamente usurante, perché si ha a che fare con casi umani vivi e multiproblematici. L'impatto emotivo è pari a quello di chi fa l'assistente sociale. Va comunque distinto lo stress dalla pazzia che è un'autentica malattia della psiche che va curata".
Un'analisi più critica da Enza Albini (Cgil): "Sono contraria afferma alla medicalizzazione e alla psichiatrizzazione del problemi della categoria. Attenzione a trasformare frustrazione e disagio, che esistono e che sono più che legittime, col mettere il "bollino" di folli ai docenti. Non è giusto, sarebbe davvero il colmo. Bisogna anche riflettere su un altro dato: la figura dell'insegnante, rispetto al passato, è cambiata. Prima infatti il docente aveva un ruolo eminentemente didattico e contenutistico. Poco alla volta invece è finito col diventare il terminale di responsabilità che altri soggetti la famiglia, le stesse istituzioni gli hanno scaricato addosso e che non è facile fronteggiare. A questo poi si è aggiunta una generale caduta di autorevolezza. Invece di gettare la croce addosso ai docenti si dovrebbe lavorare alla valorizzazione del loro ruolo. Non è giusto esasperare la situazione, farla apparire più grave di quanto effettivamente è. Non è accettabile lo stereotipo di insegnante stressato per definizione".


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