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La Sicilia-esami di Stato, fine di un'epoca

Esami di Stato fine di un'epoca Si ingarbuglia la normativa sugli esami di Stato e in modo particolare incominciano a sorgere dubbi sul ruolo del presidente di commissione. Come è noto, da que...

14/05/2002
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La Sicilia

Esami di Stato
fine di un'epoca

Si ingarbuglia la normativa sugli esami di Stato e in modo particolare incominciano a sorgere dubbi sul ruolo del presidente di commissione. Come è noto, da quest'anno i commissari saranno tutti membri interni, ad eccezione del presidente che dovrebbe essere unico per ogni sede di esame e quindi per ogni scuola. Tuttavia costui dovrà, secondo le disposizioni varate, e ancora valide, da Berlinguer, essere presente anche a tutte le operazioni dove sono richieste decisioni collegiali. Le decisioni collegiali sono: correzioni dei compiti e scrutini. Capita, infatti, spesso che occorre votare sia per stabilire i voti, e sia per promuovere o bocciare. Ciò significa che il presidente, per evitare gli immancabili ricorsi, dovrebbe presenziare durante queste delicatissime fasi e per farlo, pur nominando un suo delegato, non avrebbe altra scelta se non quella di predisporre le operazioni in successione. E in una sede con molte classi e quindi con molte commissioni? In attesa che il Ministero dipani la vicenda e dia qualche informazione in più, c'è il reale rischio che in alcune scuole il tutto si concluda anche ad agosto.
Rassegnati appaiono invece gli studenti. Non avranno le sorprese dei colleghi diplomatisi negli anni scorsi. Per lo più sanno a quale amo abboccare e hanno già in tasca, oltre al titolo, anche il punteggio, tranne la mala sorte o la fortuna sfacciata.
Non più dunque notti insonni per studiare gli ultimi paragrafi degli autori del novecento, non più stress da esami, ma 'accordi', più o meno velati, per rispondere su un programma, magari concordato durante l'anno con l'insegnante curricolare.
Per le scuole parificate sarà ancor più semplice sbarcare il lunario.
E inutile ci appare questo rito di fine anno, insieme agli sforzi per fare quadrare i programmi previsti e gli argomenti, insieme alle ore pomeridiane in più per 'simulare le prove' in vista, e per legittima paura, dell'ormai scomparsa commissione esterna.
Una cultura antica dunque scompare, con oltre un secolo e mezzo di patemi d'animo, sofferti da tutti gli studenti e da tante mamme ansiose, in giro per casa a sbattere tuorli d'uovo con marsala; e anche da molti docenti, per il fatidico confronto col collega esterno. Ma scompaiono pure le 'raccomandazioni' e la ricerca affannosa dell'insegnante-commissario a cui segnalare, o fare segnalare, il figlio; scompaiono le famose 'cartucciere' dove si nascondevano pile di temi; scompare il mascherato ricatto dei professori a studiare in vista di una interrogazione condotta da chi non si è mai visto e da cui si teme il giudizio; ma scompare, forse del tutto, quella scuola che ha educato e ammaestrato per la vita generazioni intere di studenti, portandoli, a conclusione del ciclo, faccia a faccia con ciò che è l'immagine più visibile dello Stato: la verifica del lavoro svolto davanti ai suoi commissari.
Sarà, ci sembra di capire, un cerimoniale, quello di quest'anno, con un significato strano, una sessione in cui ciascun docente saprà già cosa chiedere, con quale successione e il voto da assegnare. Non una perdita di tempo, ma un tempo tolto ad altre attività.
Si chiude dunque un'epoca, con questa decisione della Moratti, e se ne apre un'altra, nella quale forse il diploma perderà anche il valore legale, dopo il rischio di perdere anche quello culturale: che non è poco.
Pasquale Almirante


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