La scelta di Napoli: «Privilegiamo l'infanzia taglieremo altrove»
una città che però si sta muovendo lanciando un segnale a livello nazionale
Edizione di Bologna Chiara Affronte
Napoli è una citta con un milione e mezzo di abitanti, una metropoli del sud, dove la percentuale di copertura dei servizi per l'infanzia è certamente più bassa di quella emiliano-romagnola, la dispersione scolastica una realtà e il precariato un'emergenza. E una città che però si sta muovendo lanciando un segnale a livello nazionale. Il neo assessore al Lavoro Enrico Panini, ex sindacalista della Flc-Cgil, lo scandisce forte e chiaro: «Noi come Comune abbiamo deciso di non abbandonare i nidi e le scuole per l'infanzia». E allo stesso tempo, neanche i tanti precari del mondo dell'istruzione.
Assessore, il 31 agosto, poco dopo il suo insediamento nella giunta De Magistris, ha firmato una delibera per l'assunzione di insegnanti a tempo determinato. Quanti saranno? «La delibera non prevede un tetto numerico. Le assunzioni rispondono ai parametri di legge e comunque si tratterà di alcune centinaia di insegnanti a tempo determinato».
Il Comune di Bologna ha più volte ribadito di essere impossibilitato ad assumere, per abbattere le liste d'attesa, perché stretto dai vincoli del Patto di stabilità. Cosa succede a Napoli? «Innanzi tutto a Napoli non siamo partiti dal presupposto di abbattere le liste d'attesa, ma il ragionamento è stato fatto a monte. Abbiamo stabilito quali fossero le nostre priorità. Il Comune ha deciso di esercitare la propria autonomia e di applicare la Costituzione, molto semplicemente: per noi si è verificato immediatamente indispensabile farlo. Quindi, abbiamo deciso di avvalerci di numerose sentenze della Corte Costituzionale e della Corte dei Conti che si esprimono a favore del diritto, da parte dei cittadini, di usufruire del servizio dell'asilo nido e della scuola dell'infanzia».
Un diritto che vale in tutto il Paese. E il Patto di stabilità? «Anche noi siamo soggetti al principio di rientro e così, stabilito che la scuola è una priorità, ridurremo altri settori».
Quali per esempio? «Ancora non sappiamo: potranno esserci dei tagli sulle participate così come su altri servizi del Comune. Lo vedremo. Parlare di servizi in generale non ha senso. Ma l'infanzia non l'abbandoniamo».
Come è possibile rientrare nella spesa? «Noi ereditiamo una spesa per il personale molto elevata che corrisponde ad oltre il 50% del bilancio. Per la nostra amministrazione, visti i vincoli del Patto di stabilità che strangola gli enti locali, questi costi avrebbero significato chiudere totalmente i servizi o ridurli drasticamente. Ma abbiamo fatto la scelta di investire nella scuola e nel lavoro».
Poi vi troverete in difficoltà in altri settori... «Contestualmente a questo tipo di scelte stiamo portando avanti, insieme all'Anci, una battaglia contro il Governo. È evidente che non siamo per nulla soddisfatti delle decisioni che sono state prese sugli enti locali ma questo non significa che avremmo dovuto sacrificare la scuola per i più piccoli».
Molti pedagogisti, anche bolognesi, citano spesso la città di Napoli come una di quegli esempi di territorio in cui vengono fatte esperienze innovative sul fronte dei servizi per l'infanzia. Lo conferma? «Posso dire che stiamo facendo di tutto per salvaguardare un settore così importante e, insieme, i posti di lavoro».
Anche Bologna può farlo? «Non posso entrare nel merito di una situazione che non conosco. Certo, io sono emiliano, vengo da Reggio Emilia, e so bene che tradizione hanno asili nido e scuole dell'infanzia in quel territorio».