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La Nuova Sardegna: «La scuola sarda non è uguale per tutti»

Problemi strutturali che si perpetuano da troppo tempo, tristi record nazionali (abbandono scolastico e doppi turni), si aggiungono alla mancanza di un progetto culturale per tutta la scuola italiana

04/09/2008
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Nuova Sardegna

CAGLIARI. La scuola è uguale per tutti? Il sindacato regionale ha una risposta sicura: «No, per i sardi non è uguale». Problemi strutturali che si perpetuano da troppo tempo, tristi record nazionali (abbandono scolastico e doppi turni), si aggiungono alla mancanza di un progetto culturale per tutta la scuola italiana. Ieri un sit-in davanti al Provveditorato di Cagliari ha rilanciato la questione dei tagli dei docenti: saranno 1.281 in meno nell’anno che sta per incominciare. La Regione scommette sull’istruzione ma, con la riforma del ministro Gelmini, la scuola pubblica non è in buona salute. Al sit-in, organizzato dalla Cgil, hanno aderito la Cisl, Cobas e Gilda; tra i partecipanti un centinaio di docenti e allievi dei Centri territoriali permanenti, cioè dei corsi per adulti senza la licenza media, che saranno maggiormente ridimensionati. Ma la vertenza scuola-sarda è più generale ed è aperta da tempo. Nel dossier dei sindacati regionali c’è, ad esempio, il raffronto sui giovani che hanno abbandonato prematuramente il corso di studi: 28,3 in Sardegna contro una media nazionale del 20,6%. Il taglio di 1.281 posti è stato confermato ieri dalla Flc-Cgil ma, in realtà, la situazione era stata denunciata già prima dell’estate dalle segreterie regionali del sindacato sardo unitario. Perché tecnicamente, ai 941 tagli previsti dalla prima bozza del Decreto interministeriale, si aggiungono altri 340 posti in meno nei vari ordini e gradi del sistema scolastico regionale. Non è tutto: vi sarebbe anche il «dimezzamento» delle disponibilità sulle immissioni in ruolo: 603 su 1.114 posti disponibili di docenza (dei quali 331 di sostegno). «Un contingente che è pari al 48% dei posti disponibili escluso il sostegno la cui copertura è assicurata per il 70% dei posti vacanti», sostiene la Cgil. Per quanto riguarda i Centri territoriali, poi è allarme rosso: il sindacato denuncia la prossima cancellazione dei maggiori Centri che oggi svolgono una funzione fondamentale per l’istruzione a lavoratori e soprattutto immigrati, sempre più numerosi, che avevano presentato la domanda nel maggio scorso. La Cisl scuola ha denunciato, infine, «la diminuzione delle cattedre per gli incarichi annuali nelle scuole medie e medie superiori che ammonta a circa novanta unità con un calo del 30 per cento, (da 287 a 146 considerando gli spezzoni orari), mentre nella scuola dell’infanzia si passa dalle 74 cattedre dello scorso anno alle 47,50 del 2008-2009 con un taglio del cinquanta per cento, simile a quello della scuola primaria (da 140 cattedre a 68). Negli ultimi cinquant’anni i livelli di istruzione si sono elevati, tanto che i laureati sono oggi quattro volte più numerosi di quanti fossero agli inizi degli anni Cinquanta; sestuplicata la percentuale dei diplomati e dei licenziati dalla scuola media. Malgrado questi progressi, però, le opportunità di istruzione tra tutti i cittadini non sono uguali. Se si osservano i dati dell’Istat sulla mobilità sociale traspare che i discendenti degli imprenditori, dei liberi professionisti e dei dirigenti ottengono una laurea assai più facilmente di quanto non accada per i figli di impiegati, artigiani, coltivatori. In Sardegna, le analisi di diversi Osservatori scolastici, poi, confermano che maggiori difficoltà a completare gli studi superiori sono incontrate dai pendolari, da coloro che ogni giorno, da un paese, devono affrontare il viaggio in pullman per recarsi a scuola in un centro più grande. E nell’isola, per la conformazione geografica, i pendolari sono numerosissimi. Infine, nella scuola secondaria vanno ricercate anche le radici delle disfunzioni esistenti nell’Università. Le segreterie di Cgil-Cisl e Uil ricordano anche le scommesse perdute. E tra queste, la prima, è quel terribile distacco tra scuola e mercato del lavoro, legato anche alla debacle della formazione professionale. La Cisl sostiene che tutti erano d’accordo, da sùbito, sul fatto che occorresse una riforma ma il problema è che si è buttato via tutto, o quasi. E, a giudizio della Cisl, questo ha aggravato ulteriormente il problema della fuga dalla scuola, non fosse altro perché la formazione non ha potuto più recuperare gli effetti negativi di coloro che, giovanissimi, sono stati messi sulla strada anziché in un’aula scolastica.


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