I ricercatori precari del CNR di Bologna: "ora basta: assumeteci"
Un presidio permanente sino a che il governo non darà più fondi alla ricerca. Le storie di chi vive con contratti a termine: "Mutui da pagare e figli da crescere. E ogni anno sei appeso al filo del rinnovo".
di Ilaria Venturi
BOLOGNA - Claudia Ferroni, chimica organica, studia da dieci anni come veicolare i farmaci tumorali sulle cellule malate per evitare gli effetti collaterali della chemioterapia. Ma il suo futuro, per portare avanti queste ricerche, è incerto: passata dal dottorato ad assegni di ricerca, poi contratti di collaborazione, dovrebbe essere assunta a tempo indeterminato, finalmente, secondo quando previsto dalla legge Madia. Ma non è detto. Mancano i fondi, nella legge di Bilancio in discussione non ne sono stati previsti a sufficienza per dare stabilità ai precari della ricerca che lavorano negli enti pubblici come il Cnr. Di qui la protesta, in tutta Italia, partita ieri anche a Bologna.
CNR DI BOLOGNA: IL 37% E' PRECARIO
Sono tanti, troppi. Il 40% a livello nazionale, il 37% nella sede di Bologna che conta 309 dipendenti: precari da anni, assunti con contratti di collaborazione, a tempo determinato o assegni di ricerca. Appesi a un filo, di anno in anno. "Ora basta", sbottano. E dopo una fiaccolata, ieri è partita la mobilitazione promossa dal coordinamento locale dei Precari Uniti Cnr con i sindacati Flc-Cgil e Fir-Cisl. Fuori c'è lo striscione "Basta precari di Stato". Dentro, nell'atrio della sede di via Gobetti, i ricercatori e i tecnici hanno dato vita a un presidio permanente "per spingere il governo e i vertici dell’ente a trovare una soluzione al precariato di Stato a cui sono costretti migliaia di ricercatori in Italia". La richiesta è chiara: "L'avvio delle procedure di stabilizzazione previste dal decreto legge 75/2017 anche per il Cnr, con criteri di trasparenza, e fondi aggiuntivi per permettere le assunzioni e ripristinare il funzionamento delle attività di ricerca. Per la stabilizzazione di tutti i precari, nessuno escluso".
"FIGLI DA CRESCERE E MUTUI DA PAGARE": VITE PRECARIE
Contratti a termine anche da più di dieci anni e nessuna certezza per il futuro. Storie di vite precarie. Federico Bonale ha 45 anni, si occupa dal 2004 della manutenzione e dello sviluppo degli strumenti che servono alla ricerca, ha un ruolo fondamentale, ma ogni anno deve passare dal rinnovo del contratto. Tamara Posati, 37 anni e due figli, è da sette anni che si occupa di biomateriali al Cnr: per sei mesi di differenza non rientra tra chi deve essere stabilizzato secondo la legge Madia. "Una beffa. Non posso nemmeno partecipare ai prossimi concorsi, non ho diritto a niente. Ho ancora tre anni e mezzo di assegno di ricerca e poi basta. Che faccio? Protesto. E spero in un prossimo giro, se ci sarà". Non hanno dubbi: "Siamo tutti qui mossi dall'amore per la ricerca". Ma coi mutui da pagare e i figli da crescere è sempre più difficile andare avanti. Essere assunti è un loro diritto.
I RICERCATORI DEL MARE A CUI HANNO TAGLIATO PURE LA BARCA
Elisa Leidi, 37 anni e una bimba piccola, geologa marina, “scade” a marzo ed è costretta a cercarsi un altro lavoro se non arriveranno fondi per la ricerca. Nello stesso gruppo lavorano Alessandro Remia, 46 anni, precario del 2000 ("ormai mi sembra quasi normale vivere così, con rinnovi ogni anno: un assurdo") e Stefania Romano, 41 anni, al Cnr dal 2003. Ora lavora con un contratto a tempo determinato part-time perchè non ci sono fondi: si occupa di traccianti biochimici per identificare forme sui fondali marini indicatrici di eventi come gli tsunami. Ricorda le uscite a Natale e Capodanno sulla nave, "anni di sacrifici e poi?". "Ora non abbiamo nemmeno più la nave, tagliata pure quella" sorridono (per non piangere) i ricercatori. Su quella nave ha lavorato anche Alessandra Mercorella, geofisica a tempo determinato dal 2009. Altra beffa, il suo caso: nell'emendamento alla legge di Bilancio "si sono dimenticati di noi, tecnici e amministrativi". E c'è Silvia Giuliani, 44 anni e quattro figli: "Frequento il Cnr dai tempi della mia tesi di laurea, era il 1997". Studia l'impatto sulle aree antropizzate di eventi catastrofici come tsunami e terremoti. Vent'anni dopo, passati con un dottorato, cinque assegni di ricerca e sette contratti a tempo determinato, è prima in graduatoria al concorso superato dove ha ottenuto l'idoneità. Ma niente da fare. Il posto fisso per lei ancora non c'è.